Capitolo 6 - Atlaya

9 0 0
                                    

Costanzio era disteso in un paradiso di cuscini e lenzuola di seta, il letto che sembrava una morbida nuvola bianca proveniente da una dimensione rigenerante, lascito di un mondo beato e perduto. Le notti in cui giaceva con Fedis sentiva di essere avvolto da una sorgente di calore inesauribile, un sole in grado di scaldare la pelle e i genitali. Una febbre, di cui si ricorda solo la guarigione.
Costanzio si svegliava sempre prima di sua moglie, all'alba, per il quotidiano appuntamento al Consiglio. Si alzava stancamente e indossava la vestaglia, soffermandosi ad ammirarla in tutta la sua controversa bellezza, ammaliato da quei lineamenti perfetti ma che perfetti non lo erano fatto. Fedis in effetti aveva il mento troppo vicino al naso, gli occhi grandi e rotondi, le gambe da lottatore oltre a non essere più alta di un metro e sessanta. Ma nonostante ciò, Costanzio non le distoglieva mai gli occhi di dosso. Occhi da stolido innamorato? Probabile. In fondo, Fedis, era tutto ciò che aveva sempre desiderato in vita. E lui l'aveva ottenuta dopo anni di corte e delusioni, tentativi andati a vuoto e rifiuti perentori. Un cuore infranto in un pulviscolo scarlatto che era riuscito a ricomporsi fino a pulsare di amore puro. Quella mattina Fedis dormiva su di un lato, beata, uno dei seni pieni che cascavano invitante tra lo spazio della veste smanicata. La sua pelle era levigata e luminosa, e aveva gli occhi sorridenti anche nell'assopimento. Aveva circa vent'anni quando era diventata sua moglie, ma anche ora che ne aveva il doppio, rimaneva di una grazia inibitoria. Fedis non era una di quelle bellezze volgari, esagerate, libidinose al primo sguardo. Lei vellicava l'immaginazione e le fantasie più romantiche. Era una di quelle donne che una volta entrata in testa difficilmente escono. Figuriamoci dal cuore..
Costanzio non voleva svegliarla ma, prima di abbandonare la Reggia, era solito baciarla teneramente sulla fronte. Lei sembrava gradire quel patetico rito mattutino e replicava spesso con un bacio appassionato che culminava in un fugace rapporto d'amore alle timide luci dell'alba. Costanzio a quel punto pensava che facesse soltanto finta di dormire, ma non gl'importava, se il risultato finale era quello.
"Rimani qui con me. Non sappiamo cosa c'è fuori, non lasciarmi da sola.." pregò la donna facendo riferimento al massacro dei giorni precedenti dove qualcuno - o qualcosa - con il favore delle tenebre, si era introdotto in alcune abitazioni uccidendo gli occupanti.
"Una bestia feroce e astuta" dicevano i più astuti. Si raccontava di corpi ridotti a brandelli, così sfigurati che molti furono difficili da riconoscere.
"Solo una bestia potrebbe ridurli così".
Ma i più ne erano sicuri, anche contro l'evidenza, che ci fosse lo zampino umano:
"Sono stati quei vigliacchi korzusiani" e di questo Costanzio ne era felice perché ora l'intervento militare sarebbe stato condiviso anche dai più recalcitranti al Consiglio.
"Davvero lasceresti una donna sola e indifesa" provocò la donna che faceva solo finta di essere spaventata. Con un colpo di mano ravviò i suoi capelli biondo miele mentre con l'altra arricciò il dito per invitarlo a letto. Costanzio ebbe un attimo di esitazione. Vedeva il corpo di Fedis districarsi tra le lenzuola avido di calore, i sensi che ballonzolavano da una parte all'altra della vestale.
"Sarò qui per il tramonto, lo prometto" Costanzio dovette amaramente declinare. Il sole era alto e aveva una faccenda da risolvere: 'Kalodote'.
"Qui sarai al sicuro, ci sono dieci uomini a sorvegliare la Reggia. Nessuno ti farà del male" disse Costanzio. Saluto sia moglie con un casto bacio sulla fronte e lasciò la dimora. Fedis annuí e lo seguì con lo sguardo fino a quando la figura dell'uomo non si perse all'ombra del corridoio. Ma quello sguardo si dileguò non appena fu sola. In un attimo la sua espressione si trasformò divenendo d'un tratto triste. Sfiorita. La donna si alzò dal letto e si avvicinò alla toeletta di cedro posta vicino alla finestra. Si aggiustò i capelli quando si fermò a guardare il riflesso nello specchio: il suo volto gli appariva sempre più affranto, sempre più stanc, sempre più vecchio. Afferrò la spazzole e prese a pettinarsi i capelli nervosamente. Ogni spazzolata era un colpo autoinflitto con violenza, una punizione che faceva a stessa per la vita infelice che aveva scelto di vivere ogni giorno, tutto nascosto sotto una coltre di finzione teatrale, una maschera di grande attrice che ormai indossava con fin troppa dimestichezza. A volte ne aveva abbastanza, d'altronde in cuor suo sapeva di non amare Costanzio. Sentiva del sincero affetto, vista la gentilezza, vista la stima, visto le odiose smancerie e due figli messi al mondo con quell'uomo. Ma l'amore no. Quello era un'altra cosa e solo una volta sentiva di averlo provato.. con Yogre.
Ma quella era un'altra storia, un capitolo chiuso dopo la morte del loro primogenito appena espianto dal suo ventre. Colpa sua. Una donna debole aveva dato vita a un infante altrettanto debole vittima di una maledizione. Il bambino, infatti, era nato deforme. Si chiamava Groilitish e il suo aspetto era così mostruoso che fu una fortuna che morì subito.
Fu Costanzio a occuparsi della sepoltura. Yogre e Fedis erano troppo provati per provvedere ai loro doveri.
Fedis, comunque, prima di uscire quella mattina, si diede un ultimo sguardo allo specchio. Nonostante la cura e la forza usata, aveva ancora i capelli crespi. Si sentiva brutta, dentro ancora più di fuori. quelle gambe da atleta, quegli occhi asimmetricci...
La giornata era appena iniziata ma era come se fosse già finita. Trucco, abito e maschera. Quella che indossava tutti i giorni fatta di carne e finte espressioni. L'avrebbe indossata un altro giorno e chissà quanti altri ancora..

ElleniumDove le storie prendono vita. Scoprilo ora