La mia autostima era sottoterra ma i miei genitori continuavano a dirmi che ero bellissima e il bianco color della mia pelle era fantastico, per motivi lavorativi di mio padre ci trasferimmo, quando i miei mi dettero questa notizia ero felice, ma pensavo che non ci muovessimo di molto; pensavo andassimo a Milano, o a Livorno, "NO, Andiamo a New York" disse mia madre . Io ero contenta, ma allo stesso tempo confusa iniziai a farmi mille domande... come... "e ora come facciamo per la chemio?", "e ora come facciamo con la radio?'', tutte domande così. Mio padre col sorrisino in faccia mi dice di non preoccuparmi e partimmo. Quasi dieci ore di viaggio erano molto stancanti per cui appena siamo arrivati mi sono tuffata nel lettone, consapevole che all'indomani sarei dovuta andare al St Mary's hospital for children per vedere cosa fare. Appena sono arrivata lì mi ricoverarono, le mie condizioni dopo il viaggio erano peggiorate. Io pensavo di dover rimanere in ospedale per due/tre giorni, invece rimanetti lì nella stanza 202 per due mesi e tre giorni. Le mie condizioni erano più gravi di quanto pensassi e temevo veramente di non farcela. In aereo mi ero fatta mille progetti, dovevo andare a Times Square a fare shopping, a Broadway, ma in pochissimo tempo capìì che sarebbe stato solo un sogno perché stavo veramente male. In reparto ero molto aperta, strano per il mio carattere, ero diventata amica di tutte le infermiere, e dei bambini nella mia stessa situazione, quasi quasi mi dispiaceva dover lasciare quella stanza. Dopo essere stata dimessa tornavo spesso in ospedale a fare visite, day hospital e ricoveri programmati, e restavo sempre nella mia stanza, la 202. Mio padre lavorava vicino all'ospedale e dopo ogni suo turno mi portava sempre il mio cappuccino di Starbucks che mi faceva sentire una vera principessa, non chiedetemi perché. Dopo ogni day hospital o ogni visita mi portava sempre in giro a fare shopping, ma a causa della mia stanchezza poco mi godevo il momento. Dopo anni passati a lottare con la mia malattia i miei si sono praticamente annullati, e dopo poco tempo dalla mia diagnosi arriva un'altra diagnosi, identica alla mia, ma alla persona più importante della mia vita. Mia madre. È stata un'altra botta al cuore nessuno di noi se l'aspettava. Anche mia madre ha lottato tanto, so quanto soffriva, sia per me che per lei, su di lei la malattia era molto più aggressiva, nel giro di sei mesi non c'erano praticamente più speranze, è rimasta per molto tempo appesa sul filo del rasoio, stava veramente molto male, io non potevo vederla, mio padre si doveva dividere in due, tra me e mia madre, tralasciando il lavoro, quindi decisero di trasferirmi, in un ospedale nel quale stavo vicino a mia madre, eravamo compagne di stanza, è stato il momento più brutto della mia vita. La sentivo sempre più debole, finché un giorno mi ero svegliata molto presto, e ho visto il peggiore incubo che potessi mai immaginare, il monitor di mia madre piatto. Iniziai ad urlare, suonare il campanello d'allarme, arrivarono subito gli infermieri, mi spostarono e si impegnarono per salvare mia madre.
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La ragazza della stanza 202
Aktuelle LiteraturNoa è una ragazza costretta a passare i migliori anni della sua vita in un reparto d'ospedale a causa della sua leucemia che non le permette di passare l'adolescenza come tutti i suoi coetanei, nel reparto trova un'amica molto importante con cui si...