Capitolo 1.

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Quando arrivò la busta mia madre quasi svenne dall'emozione: ecco la fine dei nostri problemi!  Ma io non la pensavo allo stesso modo, non sono un figlio disubbidiente, ma questa volta lei aveva esagerato. Io non desideravo entrare a far parte della famiglia reale, essere un Uno. Dovete sapere che nel nostro Paese la popolazione è divisa in caste numerate dalla Uno alla Otto. Andai nella mia camera per rifugiarmi dalle chiacchiere di famiglia, cercando qualche argomento che riuscisse a convincere mia madre a rinunciare a questa folle idea. Ne avevo pensate a molte, ma nessuna che fosse efficacie. Comunque non potevo evitarla per molto, dato che era quasi ora di cena. La mamma mi diede un'occhiataccia, ma non spiccicò parola. Se alzavo gli occhi vedevo che mi lanciava sguardi assassini per farmi sentire in colpa, ma ero irremovibile. Usava questa tattica anche quando rifiutavo un certo lavoro, lei non sopportava quando ero così ostinato; non avrebbe dovuto stupirsi dato che ho ripreso da lei. <Cosa ti costa compilare quel modulo?> sbottò dopo un po', quando proprio non riuscì più a trattenersi. <La selezione potrebbe essere una splendida opportunità, per te... per tutti noi!>. Sospirai forte, tutti sapevano che gli assalti al Palazzo da parte dei ribelli che combattevano Illéa erano sempre più frequenti e brutali. Ma, a parte i potenziali pericoli, alla sola idea della selezione mi veniva da piangere. <Questi ultimi anni sono stati molto duri, per tuo padre>, sibilò la mamma. <Se hai un briciolo di compassione, pensa a lui.> Papà. Giusto. Volevo aiutarlo, davvero. Come tutto il resto della famiglia. Non che fossimo poveri...  Ma la nostra casta era solo a tre gradini dal fondo. Eravamo artisti, noi, papà e May creavano le loro opere, e i clienti le compravano per regalarle. Io cantavo alle feste e la mamma mi accompagnava al pianoforte. Gerard non aveva ancora scoperto il suo talento ma a sette anni poteva permettersi di aspettare un altro po'. Cinque bocche da sfamare, nessuna garanzia di impiego fino a Natale, e tra poco sarebbe stato autunno. A vederla così, la selezione sembrava un'ancora di salvezza, una cosa a cui aggrapparmi. Guardai mia madre. Non riuscivo a comprendere come lei non potesse capire come mai non facessi quel piccolo sforzo di compilare il modulo. Ma io non volevo lasciare le cose che amavo e il mio mondo. Da quando era arrivata quella lettera però, il mio lavoro non contava più niente. Agli occhi di mia madre ero già Re. <"Alla famiglia Kim"> intonò a gran voce. <Mamma, per favore> la implorai. <Voglio sentire!> squittì May. Aveva tre anni meno di me, mi somigliava come una goccia d'acqua; era me al femminile, ma con un carattere completamente diverso. A differenza del sottoscritto lei era un tipo estroverso ed ottimista, e al momento il suo unico interesse erano i ragazzi. Arrossii d'imbarazzo. Papà era tutto orecchi e May non stava più nella pelle per l'entusiasmo, mentre quella piccola peste di Gerard continuava a mangiare. La mamma proseguì <"L'ultimo censimento a confermato che attualmente nella vostra casa risiede un giovane uomo nubile di età compresa fra i  17 e i 20  anni. Pertanto, desideriamo concedervi l'opportunità di onorare la grande nazione di Illéa."> <Sei tu!!> gridò May, tirandomi per un braccio. <Lo so scimmia. Smettila, sennò mi rompi un braccio!> <"Il nostro amato principe Jeon Jungkook, raggiungerà la maggiore età il prossimo mese. Confida di affrontare questo nuovo periodo della sua vita con un compagno, di poter sposare un vero giovane di Illéa. Con la presente offriamo a vostro figlio, fratello o pupillo la possibilità di diventare lo sposo del principe Jungkook e l'adorato principe di Illéa; qualora foste interessati, siete pregati di compilare il modulo allegato e di consegnarlo all'Ufficio Servizi della vostra provincia. Per ogni provincia sarà estratto un candidato che farà conoscenza con il principe. I partecipanti saranno ospitati presso il prestigioso Palazzo di Illéa, ad Angeles, per tutta la durata della loro permanenza. Le famiglia dei concorrenti saranno generosamente ricompensate"> la mamma pronunciò con particolare enfasi le ultime parole <"Per i servizi resi alla famiglia Reale">. La ascoltai esasperato. Era così che facevano con i figli maschi. Invece le principesse nate in seno alla famiglia Reale erano costrette ad accettare matrimoni combinati allo scopo di consolidare i rapporti diplomatici con gli altri paesi. La famiglia Reale non sfornava una principessa da tre generazioni, così i principi si accontentavano di sposare chiunque volevano compresi i ragazzi del popolo allo scopo di mantenere alto il morale della nazione. La sola idea di partecipare ad una gara che si sarebbe tenuta in TV sotto gli occhi di tutto il Paese mentre quel bamboccio viziato sceglieva il più bello e idiota in mezzo ad un mucchio di bei faccini mi faceva vanire voglia di urlare. Dovete sapere che nel momento in cui si sposa un membro della casa reale, in automatico diventi un Uno. A me stava benissimo essere un Cinque: era mia madre l'arrampicatrice sociale, non certo io. <E, naturalmente lui adorerebbe Taehyung! E' così bello...> andò in estasi mia madre. <Per favore, mamma non esagerare... Sono nella media.> <Non è verooo!> mi contraddisse May <Perché io sono uguale a te e sono proprio carina!> risi. Non aveva torto, perché lo era davvero. Entrambi avevamo i capelli di un grigio spento e gli occhi di un azzurro invidiabile, ma a May donavano molto di più rispetto a me. <Gerard, che ne pensi? Potrei piacere a quello spocchioso di un principe?> finito a parlare mi arrivare uno schiaffo sulla testa da parte di mia madre, con faccia indignata e May che cercava di trattenersi dalle risate. <TU!? Hahahahaha fai schifo..> <Tks... Moccioso>. <Tae, non dirmi che non sai di essere figo.> <Ah si?! E come mai nessuno mi ha mai chiesto di uscire mh?> <Oh ma lo fanno, sono io che li scaccio. I miei figli sono troppo belli per sposare un Cinque. Kenna ha sposato un Quattro, e sono sicura che troverai qualcuno di meglio tu.> disse la mamma bevendo un sorso di thè <Si chiama James, mamma, smettila di chiamarlo per numero. E da quando in qua i ragazzi vengono in casa nostra?> non avevo mai visto un solo ragazzo fuori dalla porta. <Da un po'>, intervenne papà. Era la prima volta che apriva bocca quella sera. Papà ed io eravamo molto uniti quando sono nato, è stato soprattutto lui ad occuparsi di me. Improvvisamente compresi: gli costava moltissimo chiedermi una cosa del genere, avrebbe preferito che non lo facessi, ma i benefici che ne avremmo tratto se fossi entrato in gara erano troppo allettanti. <Tae si ragionevole>, continuò mamma. <Pensa solo all'opportunità che ti si presenta... Un giorno potresti essere Re!> <Mamma, parteciperanno migliaia di ragazzi provenienti da tutti gli angoli della provincia. E se per miracolo dovessero selezionarmi ci sarebbero comunque altri 34 ragazzi che sicuramente la sanno molto più lunga di me in fatto di seduzione. Non ho la minima speranza di vincere> conclusi. Gerad drizzò le orecchie. < Che roba è la seduzione?> <Niente!> gli rispondemmo tutti in coro. Mia madre scostò la sedia, e si avvicinò a me. <Qualcuno vincerà, Taehyung, e tu di possibilità ne hai esattamente come chiunque altro.> fece per andarsene <Gerad, quando hai finito è l'ora del bagno.>> Il mio fratellino borbottò qualcosa. Io incominciai a sparecchiare. <Scusami, papà>, mormorai raccogliendo i piatti. <Non essere sciocco, Tae. Non sono arrabbiato>, disse abbracciandomi forte. <E' solo che...> <Non devi spiegarmi nulla... lo so> mi diede un bacio in fronte <Devo tornare a lavoro>. Raggiusi la cucina e finii di riordinare. Quella faccenda mi mandava su tutte le furie. Perché la mamma doveva insistere così? Perché non era contenta? Non amava papà? Non le bastava quello che aveva? comunque, da quanto avevo visto sul Rapporto della capitale di Illéa, dubitavo che il principe Jungkook fosse il mio tipo e potessi innamorarmi di lui. La mezzanotte sembrava non arrivare mai. Presi gli avanzi, un tozzo di pane rinsecchito e una mela e li avvolsi in un fagotto. Aprii la finestra e guardai il cortiletto sul retro, intravidi la casetta sull'albero, sul lato opposto del prato. Mi guardai intorno. Tutte le case vicine erano buie, in giro non c'era un cane. Strisciai cauto fuori dalla finestra indossando il mio pigiama più bello, attraversai di corsa il prato. Ormai non avevo più difficoltà ad arrampicarmi con una mano sola su per i pioli inchiodati all'albero. Ogni passo che mi portava su mi avvicinava alla felicità. Casa mia non era lontana, anzi, ma da lassù sembrava distante migliaia di chilometri. Non sarei stato solo, nel mio rifugio. C'era già qualcuno ad attendermi nascosto nel buio della notte. Involontariamente il mio respiro accelerò. La persona si mosse e accese un mozzicone di candela. Finalmente l'intruso parlò, e sulla faccia gli si disegnò un sorriso malizioso. <Ciao, babyboy>. 

The Prince. (𝕋𝔸𝔼𝕂𝕆𝕆𝕂)Where stories live. Discover now