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Cerco di pensare a qualsiasi cosa sia possibile. Lo fisso, impassibile, cercando di nascondere il terrore nel mio sguardo, ma lo sento ridere. Ha letto la paura. Lui sa di me, lui sa tutto di me. Deglutisco a fatica, abbassando lo sguardo sulle suole consumate delle scarpe nere che indosso. Mi fanno terribilmente male i piedi, ma sono il mio ultimo pensiero momentaneamente. Lui mi alza il mento con l'indice, osservandomi attentamente. Mi faccio sfuggire una smorfia disgustata che, ben presto, si trasforma in paura, non appena la sua mano finisce sul mio collo. Le sue dita stringono possessivamente il mio pomo, facendomi mancare aria. Mi agito sotto il suo tocco, così rude, così cattivo, così acido. Cerco di prendere aria, muovendomi inutilmente. I piedi non più a contatto con il pavimento, le guance rosse, per la mancanza d'aria, i polmoni imploranti, il cuore quasi fermo. Porta il suo viso accanto al mio orecchio, solleticandomi le tempie con i ricci morbidi.

-Voglio sapere una cosa, da te.-

Deglutisco a vuoto, fissando solo ciò che vedo del suo corpo. Cerco di annuire, aggrappandomi alle sue mani, quasi a corto d'aria.

-Di chi sei?-

Rimango spiazzata dalle parole appena pronunciate, dal modo perverso e accattivante con cui me le ha sussurrate, il desiderio e la pazzia nel suo tono. Sapendo ciò che vuole, per evitare di farmi uccidere, rispondo.

-Tua.-

Balbetto, cercando di risultare il più convincente possibile. Ottengo una lieve risata di scherno.

-Non sento.-

-Tua.-

-Brava la mia bambina, magari la tua punizione sarà meno dolorosa.-

Sospiro, chiudendo per un attimo gli occhi e cercando di mettere insieme qualche idea per riuscire a scappare da quel luogo. Sarebbe più appropriato dire "scappare da quel pazzo", giusto. Lo fisso, quelle gemme verdi pronte a trapassarti l'anima in ogni momento, pronte a succhiarti dal corpo ogni briciolo di felicità, per farla sua, per essere felice, perché Harry non era felice, per nulla. Lui la rubava agli altri. Per lui la parola "felicità" equivale a torturare la sua vittima, torturare ciò che lui definisce suo. Lui vuole il controllo, su tutto ciò di cui entra in possesso. E una di queste sue cose sono io. Ritorno alla realtà non appena sento qualcosa di freddo circondarmi i polsi martoriati dalle catene. Delle manette. Il mio sguardo impaurito sembra divertirlo, poiché si lascia invadere da una risata snervante, sadica. Non voglio arrendermi. Una volta legati entrambi i polsi tra loro, con uno scatto fulmineo, gli circondo la gola con la catena che li unisce.

-Stai fermo o...o ti ammazzo!-

Gli ringhio contro, cercando di sembrare per lo meno una con le palle, una che non ha paura, una forte. La sua risata si spegne, facendo spazio ad un'espressione di pura ira. Con velocità e forza inaudita, ribalta la situazione. Ora quella che rischia la morte sono io. Mi trovo con la faccia schiacciata contro il muro, il mio naso emette strani scricchiolii, segno che sta per rompersi. Lascio uscire dalle mie labbra un gemito strozzato, trattenuto malamente, facendomi inondare da paura e rabbia. Rabbia perché lo odiavo. Rabbia perché volevo tornare alla mia solita vita. Rabbia perché invidiavo qualsiasi altra persona non fossi io, perché non gli era capitato lui. Rabbia perché stavo perdendo. Tutto. L'orgoglio, la forza, il coraggio e la volontà. Credevo sarei riuscita a scappare dopo due giorni, ma era passata già una settimana e la mia speranza andava scemando.

-Pensavo fossi più intelligente, Lea. Siete tutte uguali voi celebrità, voi ragazze. Pensate sempre di vivere felicemente, di avere chiunque ai vostri piedi, di non emettere nemmeno una goccia di sudore. Siamo noi uomini quelli sottovalutati, non voi. Cazzo.-

Le sue parole escono come una pallottola che mi colpisce in testa. Sono stata paragonata a chiunque, umiliata e insultata. Mi ha spogliata anche del coraggio, ora. Così, chiudo gli occhi e, inutilmente, inizio a pregare.

Prego di riuscire a sopravvivere alla furia riccia di Harry. Prego che proprio Harry sia quello a morire. Prego che mai nessun altro lo incontri. Prego di sparire.

Ma so che è impossibile. Non posso scappare da lui, dalla sua forza, dalla sua tenacia, dalla sua bellezza provocante ma che ti spaventa allo stesso modo. Harry è un perfetto angelo del male, se non diavolo. E io sono il suo demone che esegue tutto ciò che mi ordina, che si sottomette alla sua volontà, che si regala, addirittura, a lui. Lacrime acide solcano le mie guance, ormai martoriate e piene di cicatrici. Lui mi fissa, l'espressione impassibile, lo sguardo fumante d'ira, i muscoli tesi sotto il tessuto dei vestiti. Mi tira via dal muro, portandomi personalmente nella mia cella e richiudendosi la porta dietro.

Osservai un vetro, completamente pieno di polvere. Mi avvicino e inizio a ripulirlo. Con mio grande orrore trovo una ragazza completamente spellata, gli organi sparsi disordinatamente per la stanza, come fossero giocattoli, gli occhi aperti e sanguinanti, come la bocca, coperta di vermi. Un conato di vomito raggiunge la mia gola, facendomi rimettere sul pavimento, disgustata.

E vomito per la paura che il mio corpo ha accolto calorosamente. Vomito per l'odio, nei confronti del giovane ragazzo che mi ha sequestrata al resto del mondo. Vomito per la tristezza, perché già so di avere perso. Di avere perso questa battaglia. Di avere perso contro il mondo. Di avere perso contro Harry.

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