Ricordi - parte 2

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Dopo quel drammatico episodio, la mia vita non fu mai più la stessa. Appena una settimana dopo l'accaduto, io e mia madre Jane ci ritrovammo l'una di fianco all'altra, mano nella mano, al funerale di mio padre Harry, nel cimitero più squallido e cupo che avessi mai visto.

Fino a quel giorno nella nostra casa c'era stato spazio solo per il silenzio.

Non mi azzardai a chiedere nulla a mia madre per non turbarla più di quanto fossi turbata io, e lei non aggiunse altro, dopo avermi detto che mio padre non c'era più e che a tempo debito mi avrebbe spiegato l'accaduto.
Intanto la polizia lavorò molto tempo sul caso. Il corpo malridotto di mio padre Harry non semplificava ai medici il compito già complicato di ricostruire le cause del decesso.

Erano riusciti a stabilire analizzando le ferite presenti su tutto il corpo e i segni sul collo che probabilmente fosse stato aggredito da un grosso animale, o qualcosa del genere, ma mia madre non fece parola né del fatto che avesse visto quella bestia né del fatto che avesse aggredito anche me.

La cosa certa era che mio padre avesse lottato, e aveva lottato con tutte le sue forze, per tutto ciò che amava. Sapevo che nei suoi ultimi respiri c'era stata volontà di combattere per tornare a casa e vedermi sorridere. Ma questo non poterono dimostrarlo i medici o la scienza, o mia madre: era solo un qualcosa che sapevo in fondo al cuore, con assoluta certezza.

Ogni giorno, da quella sera, arrivarono telefonate dalla polizia per informare mia madre del procedere delle indagini. Nonostante il più delle volte ci fossero nuove prove da considerare, mia madre non sembrava per nulla stupita o interessata particolarmente.

Per quanto fossi stata piccola e ingenua, i suoi comportamenti mi suggerirono che sapesse già per filo e per segno cosa fosse accaduto, tanto che ipotizzai che aspettasse pazientemente che la polizia archiviasse il caso come uno dei tanti "irrisolti".

Normalmente la polizia e la Protezione Civile si mostrarono più tenaci di quanto mia madre avesse previsto, e la paura di questo animale misterioso mise in allerta molti paesi vicini alla nostra abitazione in campagna.

Alla fine, non avendo trovato nessun animale particolarmente dannoso, la polizia lasciò perdere, e ci riconsegnarono mio padre.

Quasi mi dispiaceva che a dare l'ultimo saluto al cimitero ci fossimo solo io, mia madre, un uomo che non avevo mai visto prima e il sacerdote che officiava la cerimonia.

Ero ancora troppo piccola per riuscire a comprendere il vero motivo per il quale non avessimo amicizie. Ovviamente era tutto mirato allo scopo di non mettermi allo scoperto e garantire la mia sicurezza.

Alla fine della piccola cerimonia tirai leggermente la mano di mia madre per spingerla ad andarcene da quel posto. Ero stanca delle lacrime e del dolore, dell'incertezza e della paura che si respiravano in quel cimitero. Lei non accennava a muoversi, mi fece solo cenno di aspettare. Mi balenò in testa l'idea che l'uomo presente con noi alla cerimonia l'avesse interessata in qualche modo, o che fosse soltanto un amico di famiglia e mia madre si aspettasse di vederlo avvicinarsi a noi. Infatti fu così.

Quando si avvicinò analizzai con accuratezza la gigantesca mole che lo caratterizzava. Era vestito totalmente di nero, e nascondeva parzialmente il viso con un cappello del medesimo colore.

Appena si tolse il copricapo, riuscii a distinguere i tratti severi del suo volto. Gli occhi blu scuro erano incastonati in una fine ragnatela di rughe, la bocca sottile e serrata faceva risaltare le sue guance un po' scarne. Le sue grandi mani, rugose anch'esse, raccontavano la storia dell'uomo mostrando diverse piccole cicatrici. Aveva il volto segnato da una grande ferita che passava per l'occhio destro, probabilmente fatta qualche giorno prima. La sua pelle olivastra metteva in risalto un anello d'argento con su diversi simboli incisi, forse lettere, ma allora non seppi né riconoscerle né comprenderle. Probabilmente era un uomo di mezza età, perché i suoi capelli grigiastri lasciavano intrevedere qualche ciuffetto corvino ancora rimasto immune al passare degli anni.

I suoi occhi profondi si posarono direttamente su di me. Riuscii a mantenere il suo sguardo per quale secondo, poi abbassai gli occhi. Dopo avermi scrutata attentamente, l'uomo rivolse lo sguardo a mia madre Jane, che non aveva smesso dall'inizio della cerimonia di tenermi la mano. L'uomo aprì per la prima volta la bocca sottile e cominciò a parlare.

- L'ha trovata, Jane.

La sua voce profonda mi fece rabbrividire più delle sue parole. Continuò a parlare.

- Il pericolo che incombe su Meghan è più grande di quello che immaginiamo.

Non riuscivo a capire di cosa stesse parlando. Un brivido mi corse lungo la schiena e mi increspò la pelle. Mia madre rispose dopo essersi morsa un labbro. Le lacrime cominciavano a dominarla, rigandole le guance colorite.

- Credi che non lo sappia? Io ed Harry abbiamo cercato in tutti i modi di proteggere lei e noi stessi. Come è stato possibile che...

Aveva interrotto la frase orientando lo sguardo sul suolo che copriva abbondantemente mio padre.

- La Magia Nera si rafforza velocemente, e con tutta la probabilità si è già rafforzata abbastanza da essere immune ad alcuni sortilegi della Magia Bianca.
Dobbiamo agire velocemente. Non posso più concederti di aspettare ancora.

- Meghan non sa ancora niente, Scott.

Era come se in quei pochi minuti fossi diventata invisibile. La cosa positiva era che nel mio piccolo cominciavo a comprendere cosa fosse stato quel bagliore della settimana precedente. Parlavano di quella magia?

- Ovviamente no. Avevo previsto anni fa che sareste stati tanto premurosi da non farle pesare una simile responsabilità. Ma credo che ora sia il momento giusto per parlargliene.

- Scott, è ancora così piccola...

- E proprio per questo noi la guideremo nel suo percorso. La cosa più importante ora è che Meghan lasci questo posto, in modo che possa crescere protetta dai Maestri. Non è più sicuro che stia con te, specialmente ora che hanno ucciso Harry.

Hanno. Quella parola mi risuonava in testa come se fosse l'unica parola che avessi conosciuto. Quella sera, avevo visto un solo lupo. Un solo mostro. Le lacrime di mia madre cominciavano a farsi più numerose.

- Scott, ti prego. Se devi portarmela via, almeno dammi qualche ora per spiegarle tutto ciò che deve sapere...

Non riusciva più a resistere alla forza delle lacrime, e le fece uscire senza vergogna, nonostante le macchiassero il viso di trucco.

- Qualche ora, Jane. Non di più.

Portarmela via. Quelle parole mi lacerarono il cuore più di come gli artigli del lupo, una settimana prima, sarebbero riusciti a lacerarmi il petto.
Detto ciò, l'uomo, che ormai avevo capito si chiamasse Scott, scomparve appena ebbi la necessità di chiudere le palpebre, lasciandoci sole in compagnia del silenzio, e delle prime ombre della sera.


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Spazio Autrice.

Grazie per essere arrivato a questo punto della storia. Pubblicherò il prossimo capitolo tra due giorni. Nel frattempo mi farebbe molto piacere se lasciassi una stella, e che magari commentassi. Il tuo parere è molto importante. Al prossimo capitolo!

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