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Veronica

John non si è fatto più rivedere. Da quando ha varcato la soglia dell'aula di astronomia sembra essersi dileguato.

Dal nostro ultimo incontro sono passate due ore, le quali ho trascorso saltando da una lezione all'altra, senza neanche un momento di tregua.

Sono solo a metà mattinata e mi sento esausta; non vedo come possa procedere l'intero anno scolatico.

Del ragazzo dagli occhi blu Antartide - credo si chiamasse James - non ho avuto più notizie e qualcosa mi dice di stargli alla larga.

L'unico che dovresti evitare è John, mi punzecchia la vocina nella mia testa.
Forse dovrei darle ascolto, ed è quello che farò molto probabilmente.

Da quando ho concluso il liceo, mi sono ripromessa di mettere uno stop allo svago, al divertimento e ai ragazzi, per dedicarmi interamente a me stessa.

Dopo il college intendo sfondare nel mondo del lavoro, qualunque esso sia, anche se preferirei laurearmi in lettere.
Vivo a New York praticamente da sempre e non intendo mollarla per nessuna ragione al mondo. Per me questa città non è solo tale, ma molto di più. Rappresenta una parte della mia infanzia, sebbene non sia nulla di eccezionale. Racchiude ricordi felici e tristi, ma che in ogni caso mi hanno aiutato a crescere.

Entrando nella mensa, osservo che è gremita di gente.

Saetto lo sguardo da una parete all'altra, cercando con lo sguardo un posto libero dove sedermi.

Ah, eccolo! Un tavolo vuoto è situato in fondo alla mensa, dove non potrò attirare in qualunque modo l'attenzione di nessuno.

Mi dirigo spedita verso esso ma la mia visuale viene oscurata da una figura slanciata e magra.

Oh, di nuovo lui. Cosa desidera così tanto da me da ritrovarmelo sempre tra i piedi?
Mi ricorda il mio vecchio cane: me lo ritrovavo ovunque mi voltassi.

«Cosa vuoi?» Sposto tutto il peso su una gamba, inclinando la testa di lato e guardandolo annoiata.

Lo sguardo mi ricade sulla sua mano destra, dove dei lividi violacei stanno prendendo forma sulle nocche. Faccio per prendergliela ma si ritrae, nascondendola dietro la schiena.

«Perchè pensi che io voglia qualcosa da te?»
Dentro me la preoccupazione si fa da parte, lasciando il posto all'ostinazione.
«Mi prendi in giro, per caso? È da stamattina che sbuchi dal nulla, come un fantasma.»
«Non credere che mi faccia piacere averti sempre davanti agli occhi», risponde con nonchalance.

«Bene, allora se permetti...» lo oltrepasso senza degnarlo di uno sguardo e andandomi a sedere al tavolo che avevo adocchiato qualche minuto prima.

Prima che Mister-so-tutto-io tornasse a importunarmi.

Mi accomodo sulla sedia accanto alla finestra, tirando fuori il pranzo che mi sono preparata con le mie mani: un sandwhich con tacchino e insalata.

Può sembrare che io stia seguendo una determinata dieta per mantenermi in linea, ma non è affatto così. Col passare del tempo ho abituato il mio corpo a porzioni di cibo molto ristrette, ma non perchè volessi essere magra o avere il fisico snello e tonico come quello di alcune ragazze. Solo che il tempo per imparare a cucinare non l'ho mai trovato e pur dovendo mangiare qualcosa, mi sono sempre accontentata degli scarti di cibo nel frigo.

Mastico lentamente, prendendo tempo per non sembrare la sfigata del college che a mensa pranza sempre da sola.

Terminato il mio pranzo, estraggo il telefono dalla tasca e navigo su internet.

Delle voci mi arrivano chiare e forti e incuriosita, alzo lo sguardo per capire da dove provengano.

Vorrei non averlo mai fatto. La scena che mi si presenta davanti mi fa venir voglia di vomitare ciò che ho appena mangiato. Una ragazza dai capelli lunghi e azzurri è seduta sulle gambe di John e gli sta divorando la faccia, letteralmente proprio. Lo bacia con un tale slancio e una tale sicurezza che mi viene da pensare che sia la sua ragazza.

John ha percepito che il mio sguardo si è posato su di loro e infatti mi lancia un sorrisetto che non ha nulla a che vedere col sorriso del diavolo. Pensandoci sopra, il colore dei suoi capelli e il suo atteggiamento arrogante lo fanno davvero sembrare un demone, uno di quelli che si rifugia nelle anime delle altre persone distruggendole e appropriandosene. Sarà condannato a vita: andrà all'inferno.

Non batto ciglio quando la prende per i fianchi e se la stringe al petto. Non sono sorpresa: conosco i tipi come lui. Crede di colpire il mio orgoglio? Non sa di cosa sono capace.

Mi alzo lentamente, con la grazia di un gatto e la ferocia di una pantera. Faccio partire una canzone pop e salgo su uno dei tavoli della mensa, facendo calare il silenzio.

La ragazza dai capelli blu si volta, squadrandomi con occhio critico. John mi fissa come se fossi una pazza appena uscita dal manicomio per uccidere tutti.

Sostengo il suo sguardo, trasmettendogli un messaggio molto chiaro: «goditi lo spettacolo.»

La canzone è alle prime strofe e ormai ho centinaia di occhi puntati su di me. Senza timore sfilo la felpa corta dalla testa, lanciandola e facendola atterrare morbida sul pavimento.

Sotto per fortuna indosso uno di quei top stretti che lasciano scoperta la pancia, facendo intravedere il piercing all'ombelico. Lo feci all'età di quindici anni e i miei genitori, troppo presi dal lavoro, come al solito, non capirono neanche quale fu la mia richiesta e accettarono senza essere consapevoli di quello che avevano appena fatto.

Urla e fischi di eccitazione riempiono la sala, dimostrando che maggior parte dei presenti sta apprezzando il balletto, inclusa qualche ragazza.

Ondeggio le anche muovendomi a ritmo e prendendomi i capelli in una mano. Con disinvoltura mi volto nella direzine di John, che non mi stacca gli occhi di dosso.

La canzone prende una piega lenta e sensuale e così decido di farlo soffrire: mi mordo il labbro inferiore, posando le mani sulla vita e accompagnando il movimento delle anche.

Mi metto a quattro zampe, avanzando come una ghepardo verso la mia preda. Con la coda dell'occhio vedo gli amici di John tirarsi indietro mentre mi avvicino a quest'ultimo. I nostri visi sono così vicini che i nasi quasi si sfiorano e se solo mi sporgessi di poco, le mie labbra toccherebbero le sue.

Inchiodo il mio sguardo nel suo di proposito e dopo interminevoli secondi, a distoglierlo per prima è lui.

La musica è terminata e il silenzio regna nella mensa.

Balzo giù dal tavolo, raccatto tutte le mie cose e vado via, fiera per averla avuta vinta.

Balzo giù dal tavolo, raccatto tutte le mie cose e vado via, fiera per averla avuta vinta

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