~1~

163 76 111
                                    

Veronica

Le vacanze estive sono purtroppo terminate e così si 'torna alla vita di prima'.
Quella vita che solo una studentessa del college sa cosa può significare: impostare la sveglia tutti i giorni alle sette del mattino, girovagare per la casa come uno zombie e percorrere più di mezzo isolato a piedi per raggiugere la tua attuale scuola.

È lunedì mattina e una parte di tutto ciò è appena successo. Subito dopo aver indossato un felpa bianca su un paio di pantaloni neri con le mie quotidiane vans, mi sono precipitata fuori casa, avendo come unica compagnia le mie adorate cuffie.

La maggior parte delle mattine salto la colazione per mancanza di tempo e l'unico vantaggio di avere dei genitori che lavorano sempre, è che non ti stanno costantemente con il fiato sul collo a dirti ciò che è sbagliato o giusto fare.

In parte sento di essere più che libera, ma poi mi viene in mente Alex, il ragazzo con cui i miei genitori mi costrinsero a stare. Lui era follemente inamorato di me, peccato che l'amore non si possa scegliere. Era davvero un ragazzo eccezionale ma non mi piaceva stare con lui per convenienza; era sempre gentile e amorevole nei miei confronti ma questo a me non bastava.
Più che altro la causa principale era il fatto che i miei genitori avessero preso una decisione così importante per me. Una decisione che avrei dovuto prendere io e che da oggi in poi non farò prendere più a nessuno.

Sono così persa nei miei pensieri che vado a sbattere contro qualcuno, ritrovandomi col sedere per terra.
Il telefono mi sfugge dalle mani finendo sul marciapiede e provocandosi un lieve graffio sul display.

«La prossima volta guarda dove vai, imbecille» rivolgo il capo verso quella voce profonda, incontrando uno sguardo torvo e cupo.
Lo squadro dall'alto verso il basso, analizzandolo.

Ha i capelli di un rosso tendente al castano chiaro e occhi così scuri da non poterne distinguere la pupilla. Indossa multeplici orecchini tutti del medesimo colore: nero.
Da certi tipi così mi sarei aspettata un abbigliamento altrettanto lugubre, invece devo ricredermi: mi sono sbagliata di grosso.
Ha una felpa grigia abbinata su un paio di jeans leggermente più scuri, alla fine dei quali vedo che porta delle Converse dello stesso colore.

«Che cazzo hai da guardare?» Sbotta infastidito.
Mi rialzo prendendo lo zaino che, a causa dell'impatto, è scivolato dalla mia spalla.
«Cosa ho da guardare? Proprio niente, ma la prossima volta fai attenzione a dove vai, idiota» gli rivolgo una smorfia di disgusto.
«Sei tu ad essermi venuta addosso», ribatte con un mezzo sorriso.
Che presuntuoso.
Sbuffo e lo oltrepasso urtandogli la spalla di proposito. Prima di girare l'angolo lo sento urlare: «È stato un piacere conoscerti!»
Stupidi ragazzi.

 Prima di girare l'angolo lo sento urlare: «È stato un piacere conoscerti!» Stupidi ragazzi

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Adoro il college. Questo sarà il mio primo anno e spero di trovarmi a mio agio anche con le altre persone che lo frequentano. Ho un carattere abbastanza particolare e alcune volte - il più delle volte - risulto scorbutica, allontanando chiunque cerchi di avere un qualche rapporto.

Quando i tuoi genitori sono sempre stati assenti nella tua vita, quando vivete nella stessa casa ma è come se non ci fossero, quando fingono di ascoltarti ma hanno la testa da un'altra parte, è così che diventi: fredda e immune a tutto.
Ho messo le mie emozioni e i miei sentimenti in pausa per un tempo indeterminato, prendendo la decisione di dedicarmi esclusivamente a me stessa e al mio futuro.

Non mi rendo conto di aver raggiunto gli armadietti; dovrò sceglierne uno e riporre i miei libri.
Opto per uno situato vicino l'aula di astronomia, ovvero il corso che intendo frequentare.
Svuoto il mio zaino dei testi che attualmente non mi servono ed entro in aula: è deserta; ciò vuol dire che sono in anticipo e io adoro essere puntuale.

Manca un bel quarto d'ora prima che la lezioni inizi, così decido di ascoltare un altro po' di musica.
Aziono una canzone di Kevin Garret, Come Up Short. Ho una playlist zeppa delle sue canzoni:
"Pushing Away"
"Control"
"Never Knock"
"Coloring"
"Little Bit of You"
"Precious"
E così via.

Dopo un paio di canzoni la campanella annuncia l'inizio della lezione. Gran parte degli studenti si dirigono verso quest'aula, altri invece la sorpassano, andando oltre.
Tengo gli occhi bassi ma noto con la coda dell'occhio che qualcuno ha osato sedersi accanto a me.
Si, esatto. Ha osato perchè di solito la gente tende a starmi alla larga.
«Ciao, sono James» si presenta il belloccio.

Voltandomi nella sua direzione la prima cosa che mi colpisce di questo ragazzo che ha avuto il coraggio di sedersi accanto a me, sono i suoi occhi.
Sono così chiari da sembrare trasparenti; è come se le acque dell'intero Antartide fossero concentrate in quello sguardo.
Rimango sulle mie, facendogli un lieve cenno del capo, a mo' di saluto.

«E tu sei...?» Che invadente.
«Una ragazza che devi lasciar perdere», gli rispondo con un sorriso tirato.
Abbassa lo sguardo e finalmente mi lascia in pace.

Sospiro di sollievo quando vedo entrare il professore, pronta per sapere tutto sul mondo dell'astronomia.
Si chiude la porta alle spalle, si accomoda dietro la sua ampia scrivania e comincia a presentarsi.
«Buongiorno a tutti. Sono il Professore Harrison e da oggi in poi - per chi è propenso a frequentare questo corso - sarò io a spiegarvi tutto quello che dovete sapere sull'astronomia.»
Impaziente di iniziare la lezione, tiro fuori dal mio zaino un quaderno su cui prenderò appunti.
«Oggi inizieremo dalle basi», annuncia il professore. «Cominceremo dalla nascita di una stella; qualcuno sa come si generano le stelle?»

Sto per alzare la mano ma qualcuno bussa alla porta, interrompendo la lezione.
Sbuffo frustata: odio i ritardatari.
«Avanti», il Professore Harrison dà il consenso a chiunque ci sia al di là di quella porta, di entrare.
I miei occhi sembrano schizzare fuori dalle orbite per lo stupore. Non può essere, non sta accadendo davvero a me.
E invece si, è proprio quello che si sta verificando.

Il ragazzo seduto al mio fianco - di cui non ricordo il nome - si irrigidisce all'istante. Con la coda dell'occhio posso notare i pugni stretti in una morsa ferrea, le nocche bianche per lo sforzo.
Qual è il motivo per cui ha assunto un tale atteggiamento?

«Lei è...?» Domanda il professore, infastidito per essere stato interrotto da una cosa così futile. O da un qualcuno, così poco importante.
«John Walker, frequento questo corso da due anni. Possibile che non si ricordi ancora di me?» Ribatte velenoso.
Sento qualcosa spezzarsi. Mi volto in direzione del ragazzo "Antartide" e noto che tra le mani ha una matita. Spezzata.
«Ma che problemi hai?» Gli domando.
Se gli sguardi potessero uccidere a quest'ora sarei polverizzata.
Con voce roca mormora: «Nulla», fa una breve pausa, «Complicazioni.» 
Scaglio occhiate di fuoco tra lui e John, cercando di comprenderci qualcosa, ma invano.

Solo in quella frazione di tempo quest'ultimo si accorge della mia presenza, sorridendomi malizioso.
Sbatto la testa sul banco, non potendo fare a meno di pensare che questo ragazzo sarà il mio incubo.

Sbatto la testa sul banco, non potendo fare a meno di pensare che questo ragazzo sarà il mio incubo

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
𝑨𝒍𝒍𝒂 𝑷𝒓𝒐𝒔𝒔𝒊𝒎𝒂 𝑨𝒍𝒃𝒂 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora