Capitolo 2: che vita di merda

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"il cervello è il freno del cuore"

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"il cervello è il freno del cuore"

Mi sveglio di scatto quando la sveglia comincia a suonare, con il volume al massimo proprio accanto al mio orecchio. La spengo cercando di non tirare giù tutti i santi e mi ributto con la testa sul cuscino caldo, la mia voglia di svegliarmi oggi è pari a zero. Sono abituata a svegliarmi tardi e, ora come ora, alzarmi alle sei e mezza di mattina presto è un' impresa impossibile per me.

Decido che non posso saltare anche il secondo giorno di scuola, e gemo iniziando a togliermi le coperte di dosso. Se avrò troppo freddo sarà difficile addormentarmi di nuovo, giusto?
Mi sporgo verso l'interruttore della luce, che fortunatamente è proprio accanto al mio letto, e l'accendo. Apro gli occhi lentamente, infastidita dalla troppa luce, e mi alzo a sedere. Resto per qualche secondo in quella posizione, a fissare l'armadio, mentre sbadiglio in silenzio e mi sfrego le mani sugli occhi brucianti. Ripenso a quanto faccia schifo svegliarsi, e sbadiglio di nuovo.

Cerco di vestirmi il più in fretta possibile, visto che ormai è settembre e la mattina fa un freddo cane. Anzi, fa freddo sempre, e io odio il freddo. E anche il caldo. Insomma odio vivere.

Vado velocemente in bagno per lavarmi gli occhi e i denti, poi torno in camera e mi trucco leggermente, mi lego i capelli marroni in una coda alta e mi spruzzo un pizzico di profumo. Pronta per il primo giorno d'inferno. L'unica cosa bella di quest'anno sarà vedere i miei amici, così come ogni anno scolastico. E pensare che quest'anno c'è anche l'esame, mi fa male il cuore solo a pensarci.

Mi do un'altra occhiata allo specchio e faccio una smorfia. Non mi piace. Levo i jeans e la maglietta attillata e metto una tuta con la felpa più grande che ho. Slego i capelli e li pettino così da levare i nodi. Mi guardo di nuovo. No. Mi lascio andare in un verso strozzato, prendendo a calci i vestiti per terra. Mi siedo sul letto guardando il telefono. Cazzo le sette!

Alla fine decido che è troppo tardi per qualsiasi ripensamento e salto giù dal letto, prendo lo zaino ed esco di casa dirigendomi poi verso la fermata dell' autobus che devo prendere. Giro la testa verso la finestra della casa abbandonata, proprio dietro la fermata, e fisso una figura nera. Continuo a fissarla con l'ansia che si fa spazio nel mio petto, solo poi però capisco che in realtà è l'ombra di un' armadio. Mi rendo conto di essere una testa di cazzo e decido che non guarderò mai più quella casa.

Odio il fatto che debba andare così presto a scuola, ho perennemente sonno e aspettare l'autobus ancora col buio non è bellissimo.
A diciotto anni prenderò la patente, giuro.

Alzo un braccio a mezz'aria quando vedo l'autobus e gli faccio segno di fermarsi, salgo non appena mi apre le porte e mi siedo su un posto a due. Spero solo che nessuno si sieda vicino a me, mi mette a disagio stare con gli altri. Sono una cogliona? Si. Avrei potuto mettermi in un semplice posto singolo. L'ho fatto? Ovviamente no. Cambierò posto? Col cazzo, ormai sono seduta.

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