Florio lanciò un'occhiata furtiva fuori dalla finestra della guardiola, l'unico punto da cui poteva vedere il campanile: mancava un quarto di giro a mezzogiorno. Il suo stomaco in effetti lo confermava.
Tornò dal Capitano che, fregandosene altamente del regolamento, stava seduto su una panca del miglio a mangiarsi un panino contenente una fetta di carne unta. Zuccasicci, da dietro le sbarre, lo fissava con la bava alla bocca, bestemmiando Abàtar ad ogni morso. Il Capitano allora mugolava di piacere, lasciandosi scivolare il boccone giù in gola.
«Vuoi un morso?» gli chiese vedendolo arrivare.
Florio rinunciò, mettendo l'etica professionale davanti alla fame. «Mancano quindici minuti, Capitano. Che faccio, apro le porte?»
«No, aspetta che suonino le campane. Poi fai entrare chi c'è e chiudi subito. I ritardatari torneranno la prossima volta.»
Il Sergente non obbiettò, era in effetti la soluzione migliore. Anche Annarella avrebbe fatto lo stesso. Questo però non risolveva il suo dramma: non avendo finestre che davano sulla strada, come poteva verificare che suo cognato si fosse presentato davvero?
Non poteva, e infatti rimase a rodersi di dubbi fino al primo rintocco del mezzodì, quando il Capitano apparve nella guardiola e aggiustandosi alla meglio la divisa ordinò: «Polporo, Martinuzzo, aprite il portone. Diamo il benvenuto ai candidati.»
I due appuntati si mossero con fare indolente verso il portone sulla piazza del patibolo, e tirarono le sue possenti ante che strisciarono sulle pietre con fastidiosi stridii. Il Capitano e il Sergente si posizionarono sul lato dell'atrio, assumendo un tono il più possibile marziale, così da donare all'evento una parvenza di ufficialità (cosa che, in effetti, aveva).
Da quella posizione poterono godere in anteprima della parata di candidati.
Florio ebbe un sussulto, quando vide i sei entrare in una fila disordinata: il primo era un individuo piccolo, con lo sguardo perfido e il sorriso sghembo apparso spesso sui ritratti dei ricercati che finivano col collo sul ceppo; il secondo era un uomo di mezz'età, con l'aria triste di chi aveva troppe bocche da sfamare e il ventre gonfio di chi preferiva investire i baiocchi in birra; la terza non solo era una donna, ma pure giovane e avvenente; il quarto era un uomo ben piazzato, le braccia robuste e il fisico allenato di chi era abituato a lavori pesanti, lo sguardo ottuso di chi poco altro avrebbe potuto fare; il quinto appariva tanto insignificante da non riuscire a dargli una connotazione; il sesto era un gigante di oltre due metri d'altezza e forse altrettanti in larghezza, nero come la notte più buia.
Suo cognato non c'era.
Poi le porte si chiusero con un tonfo e il Capitano Limes fece un passo avanti: «Signori e... signore... benvenuti alla Guardia Carceraria di Firmiona.» Lo disse esattamente così, con tutte quelle maiuscole. «Io sono il Capitano Limes e sono al comando di questa guarnigione. Sarò io, insieme ai miei uomini, i vostri futuri colleghi, a scegliere l'uomo giusto per coprire questo delicato ruolo.»
Florio ammirava la dialettica del Capitano, sembrava che le parole fossero già tutte nella sua testa e lui non dovesse fare altro che aprire la bocca e farle uscire. Se fosse stato bravo anche solo la metà del Capitano, avrebbe sicuramente fatto molta più carriera. Annarella glielo diceva sempre.
«Bene, prima di procedere mi piacerebbe che condividessimo tutti insieme le motivazioni che vi hanno portato qui.» Si avvicinò con piccoli passi studiati al primo della fila, il piccoletto con la faccia da assassino: «Qual è il tuo nome?»
«Bertolo» rispose quello, sogghignando.
«Perché ti sei candidato?»
«Mi piacciono le asce. Mi piacciono anche i coltelli, ma le asce di più. Avrei molta cura delle vostre asce.»
«Ottimo, bene, ne terremo conto» tagliò corto il Capitano, lanciando a Florio un'occhiata eloquente. Il Sergente appuntò quel silente commento sul suo taccuino, a fianco del nome del candidato.
«Tu invece, come ti chiami?»
«Willam. Willam Bordo.»
«Bene. E ti sei candidato perché...»
«Ho sette figli, signore. E un ottavo in arrivo.»
«Mi sembra una lodevole motivazione. E tu?»
La ragazza squadrò il Capitano con malcelata diffidenza. «Mi chiamo Karina e sono qui per la mia emancipazione.»
Il Capitano lanciò un'occhiata interrogativa al Sergente e Florio cercò di tranquillizzarlo. Poi scrisse tutto.
«Anche questa mi sembra un'ottima motivazione.»
«La ringrazio, Capitano» rispose quella, ma Limes era già passato oltre.
«Meridio Appio, Capitano» disse il quarto candidato facendo un perfetto saluto militare.
«Un soldato, se gli occhi non m'ingannano.»
«Sì, signore, sono stato per cinque anni una Falce d'Acciaio. Mi sono trasferito a Firmiona da pochi giorni.»
Florio conosceva di fama quella guarnigione mercenaria, uomini senza scrupoli ma leali al loro padrone. Appuntò tutto.
Il Capitano era già passato oltre e fissava il successivo candidato come se non capisse da che parte stesse la faccia.
«Io mi chiamo Ulmo, signore» rispose quello dopo un po', senza che la domanda fosse stata pronunciata. «Sono qui su suggerimento di un mio parente.»
Il Capitano fece un cenno d'assenso e si voltò verso il Sergente. Florio scosse la testa convinto. Allora Limes lanciò uno sguardo agli appuntanti, ancora fermi davanti al portone. Sia Polporo sia Martinuzzo annuirono leggermente.
Florio non capì, ma visto che il Capitano parve rincuorato da quello scambio, segnò tutto sul taccuino.
Limes arrivò al gigante. Il Capitano era un uomo di buona stazza ma davanti a quel tizio pareva un bambino.
«Sei Salleziano, vedo.» Era un'ovvietà, ma il Capitano parve prendere sicurezza dall'affermarlo ad alta voce.
«Sono Dec-ah-list.»
«Sì, infatti, mi sembra... e sei qui per...»
«Soldi.»
«Ecco, certo, mi pare giusto. Mentre tu sei?» chiese passando all'ultimo.
Florio non capì subito a chi si stesse rivolgendo, il ragazzo era quasi invisibile a fianco di quella montagna nera.
«Mi chiamo Cordo, signor Capitano, e sono qui perché ho a cuore il rispetto della giustizia cittadina» pronunciò il giovane in modo alquanto meccanico.
Il Capitano Limes si voltò deciso verso il Sergente. Florio annuì lievemente, il cuore leggero e sul volto un sorriso carico di soddisfazione.
STAI LEGGENDO
Boia chi resta
FantasySei stufo di fare la vita del bamboccione e vuoi trovarti un lavoro serio? Forse sei capitato nel posto giusto. La città di Firmiona sta cercando una persona con una spiccata personalità, senso del dovere e della giustizia, e una buona manualità con...