Solo dopo aver chiuso la porta alle spalle del salleziano, Florio si rese conto.
«Voleva che gli facessi qualche domanda, vero?» chiese al Capitano Limes, che si stringeva la testa appoggiato alla sua scrivania.
«Credevo volessi darlo a tuo cognato, il posto.»
«Certo che voglio.»
«E allora dammi una mano.»
«È che mi pareva scorretto...»
Il Capitano lo fissò con gli occhi a fessura, lo faceva sempre quando voleva sottolineare un concetto ovvio ma sottinteso, un silenzio su cui correva il segreto linguaggio delle guardie cittadine.
«E allora perché...» tentò una timida obiezione.
«Siamo pur sempre guardie. Adesso vai a chiamare tuo cognato.»
Cordo si sedette davanti al Capitano, alle spalle del quale Florio si era molto prudentemente posizionato.
Il Capitano, che non brillava certo in fantasia, esordì: «Sai da quanti anni c'è la pena di morte a Firmiona?»
Lo sguardo di Cordo vagò nel vuoto per diversi momenti e poi incrociò, quasi casualmente, le dita di Florio che stavano mimando un numero a tre cifre.
«Uno... Dodici, sì dodici... no, non dodici, uno... otto... uno e ventotto!»
Florio non lo vide, ma immaginò il Capitano fare un altro di quei suoi sguardi a fessura.
«Forse intendi centoventotto?»
«Sì, proprio quello!» esultò Cordo.
Il Capitano annuì sconsolato: «Bene, puoi andare.»
Florio accompagnò il cognato e si voltò verso il Capitano: era decisamente più stanco del solito. In effetti era una delle giornate più impegnative che ricordava d'aver vissuto lì alla guardia carceraria.
«Bene, direi che Meridio Appio è fuori. Pensaci tu a congedarlo, io intanto m'invento qualcos'altro per liquidare la ragazzina e il negro.»
Florio raramente disapprovava le opinioni del Capitano, non perché le trovasse molto argute, era solo pigrizia. Questa però era una di quelle rare volte: la signorina Karina e quel Decalisto erano due candidati interessanti, e se non fosse stato per il problema di suo cognato avrebbe difeso la loro posizione.
Ma c'era il problema di suo cognato, e adesso che ci pensava non era l'unico ad avere quel problema.
«Ci siamo dimenticati il cugino di Polporo e Martinuzzo.»
Limes fece ancora quello sguardo a fessura: «Chi?»
Ulmo ci mise meno di un minuto a entrare, dire «Centoventotto» e uscire.
Florio ci mise un po' di più a comunicare a Meridio Appio la fine della sua avventura nel corpo delle guardie carcerarie di Firmiona. Ma il soldato parve prenderla con filosofia, gli diede una vigorosa stretta di mano, lo stesso fece con i suoi compagni ancora in gara per il posto, e se ne andò.
Restavano quattro candidati, due dei quali stavano nascondendo una smorfia di dolore mentre si strofinavano la mano vittima del saluto. E non erano i due che avrebbero voluto eliminare.
Florio cominciava a sentirsi, neanche troppo vagamente, in colpa.
Ma l'entusiasmo con cui il Capitano uscì dall'ufficio cancellò per un momento ogni remora: «Bene, signori, è giunto il momento di vestire i panni di un boia. Seguitemi.»
Florio trottò rapido al suo fianco: non era mai un buon segno quando Limes era troppo sicuro di sé. «Cos'ha in mente?» sussurrò.
«Vedrai, li facciamo fuori entrambi in un colpo solo» sogghignò a denti stretti.
Dopo qualche rampa di scale arrivarono a uno stanzino male illuminato da una finestra lercia e intriso dal fetore di umido e sudore. Era il guardaroba della guardia.
«L'attuale divisa del boia di Firmiona è parte integrante del suo ruolo. È stata disegnata centoventotto anni fa per volere di Re Ignazio da Prada Vistosa, una sarta dell'epoca molto richiesta dai nobili locali.»
Florio, incantato dalla verbosità del suo collega, fu distratto da una gomitata nelle costole. Era Polporo: «Ma davvero è vera questa cosa?»
Il Sergente scrutò la maschera di imperscrutabile carisma indossata dal Capitano: «Da oggi lo è» rispose senza scomporsi.
A onor del vero non si trattava di una frottola bella e buona. Era veramente esistita una famosa sarta conosciuta come Prada Vistosa, ed era altrettanto vero che Re Ignazio le avesse chiesto in più di un'occasione di disegnare alcuni abiti suoi e dei suoi accoliti. Tra questi anche alcune divise degli alti ufficiali. Tra cui ovviamente non figurava il boia.
Era comunque vero che, sebbene non firmata, la tenuta di rappresentanza del boia fosse parte integrante del suo ruolo: indossarla non era una questione sindacabile.
Ulmo e Cordo, infatti, non vi trovarono nulla da obiettare: frugando tra i vestiti trovarono qualche paia delle braghe di Steno, che più o meno portava la loro taglia.
Il salleziano, per quanto si sforzasse, era in difficoltà: non c'era un solo abito in cui riuscisse ad infilare più di un arto. Nonostante ciò non pareva preoccupato.
Karina, invece, era di tutt'altro umore.
Soltanto quando vide il viso della ragazza con in mano la divisa da boia, Florio ebbe chiaro il piano del Capitano.
«Tutto qui?» domandò Karina, stizzita.
«È la divisa» ribatté il Capitano. E per quanto si sforzasse non poté impedire a un sorriso di farsi largo.
«Non posso.»
«I tuoi colleghi lo stanno facendo.»
Ulmo e Cordo avevano infatti infilato la lercia calzamaglia nera, e il cappuccio altrettanto nero, che erano stati del precedente boia. Non avevano addosso altro, perché non c'era altro.
«Questa è discriminazione bella e buona!» protestò Karina, stringendo tra le mani un terzo esemplare della divisa.
«Senti, signorina, sono centinaia di anni che i boia si vestono così, avresti dovuto saperlo. Perché tu hai assistito a molte esecuzioni, vero?»
Florio non aveva mai giocato a carte con il Capitano, ma era certo che i suoi avversari vedessero quella faccia ogni volta che metteva sul tavolo una mano vincente.
«Certo...» tentennò la ragazza «Ma credevo che si potesse...»
«Non si può.»
Karina fissò nuovamente il cappuccio e i pantaloni: era difficile capire quale avesse più buchi.
«Forza, indossali, qui nessuno ti impedisce di farlo.»
«Anzi...» sogghignò Polporo, a voce neppure troppo bassa.
Karina strinse tra le mani quegli stracci e per un istante parve intenzionata a spogliarsi. Poi li scagliò a terra e uscì dalla stanza.
«Martinuzzo, accompagna fuori la signorina» ordinò il Capitano. Poi si rivolse al salleziano: «Anche tu ti rifiuti di indossarla?»
L'uomo stava guardando le braghe malamente accartocciate sul pavimento: «Sono piccole.»
«Abbiamo solo quelle.»
Florio si sentì un vigliacco: avrebbero potuto richiederne di una taglia adeguata in qualunque momento.
Ma Decalisto non si scompose: «Non importa, ho le mie.» Con un gesto si calò i pantaloni, sotto cui portava una calzamaglia nera, si tolse la casacca e infilò, un po' a fatica, il cappuccio: era un'ombra di nero assoluto e puro terrore.
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Boia chi resta
FantasySei stufo di fare la vita del bamboccione e vuoi trovarti un lavoro serio? Forse sei capitato nel posto giusto. La città di Firmiona sta cercando una persona con una spiccata personalità, senso del dovere e della giustizia, e una buona manualità con...