5. Con il coltello in mano

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Florio non era mai stato un uomo coraggioso. L'atto più spregiudicato che avesse mai compiuto in vita sua era stato chiedere in moglie Annarella. Quella però era la tipica situazione in cui l'intervento di un uomo coraggioso poteva essere risolutivo.

Per fortuna il Capitano Limes era discretamente ardimentoso. O almeno lo era sui tavoli da gioco, da quanto aveva sentito dire in giro.

Di sicuro era dotato di una certa dose di macabra ironia: «Te lo lascerei fare solo per vedere la tua faccia mentre mastichi un occhio umano.»

«Vuoi anche vedere come t'infilzo il cuore di questo scemo?»

La voce era arrivata dalla parte opposta, vicino alla porta d'uscita, dove stavano Cordo e Ulmo. Dietro quest'ultimo si era portato, con un gesto rapidissimo, il piccoletto e ora gli puntava un lungo pugnale proprio all'altezza del ventricolo sinistro, sfoggiando uno sguardo più assassino del solito.

A Florio scivolò il taccuino di mano, e non per lo sguardo del delinquente ma per quello del Capitano.

«Ma dannazione, non li avete perquisiti?» sbottò Limes infilando poi una catena di improperi.

«Eh, Capità, lei mica c'aveva detto nulla» protestò Polporo, immobile fuori dalla stanza.

«Non è quello che si fa sempre le poche volte che viene un visitatore?»

«Ma questi mica sono visitatori, son quasi colleghi.» Polporo era l'unico che poteva permettersi di parlare al Capitano quando c'aveva in faccia quell'espressione: la parte sotto ricordava il ringhio di un mastino cui avevano rubato l'osso, mentre gli occhi si facevano cerchi e spingevano la fronte in un ammasso fittissimo di pieghe.

«Allora, Capitano, vuole davvero vedere come si mangia un occhio?»

Da dietro le sbarre, Zuccasicci stava mostrando, soddisfatto, un ampio sorriso di denti marci. Willam Bordo gli tremava tra le mani, il volto di pietra e un'ampia chiazza che andava allargandosi sulle braghe.

Anche Florio sentì la vescica farsi cedevole: gli scappava sempre in situazioni di stress. Cercò uno scambio di sguardi con il cognato, ma quello era intento a fissare la lama che per pura fortuna si trovava a un pollice dal cuore di un altro. Per lo meno non se l'era ancora fatta sotto.

«Manteniamo la calma» disse Limes, probabilmente a sé stesso. «Non c'è bisogno che nessuno si faccia male» aggiunse alzando le mani e facendo un passo verso la cella.

Florio lo vide avanzare ancora e con un lento movimento della testa osservare tutti i presenti. Ebbe la sensazione che si fosse soffermato un attimo di più a guardare lui. Forse sperava in una qualche suo intervento, ma cosa poteva fare? Non era un uomo d'azione, lo sapeva bene, e poi se si fosse mosso la sua vescica non avrebbe retto.

Il Capitano fece un altro passo e allargò la giacca per mostrare a Zuccasicci le chiavi che portava legate al cinturone. E di nuovo guardò verso di lui, con chiara intenzione. E Florio sentì il peso della divisa che indossava. Non poteva soccombere alla paura, era pur sempre una guardia!

Studiò rapidamente la situazione: appena fuori dalla stanza c'erano i due appuntanti, fermi in attesa di un ordine qualunque; davanti a loro, schiena al muro, c'era suo cognato e quell'altro tizio imparentato con i suoi colleghi, che faceva da scudo al piccoletto col pugnale; un metro più in là, esattamente di fronte a lui, c'era il salleziano, il volto totalmente inespressivo di chi non è interessato alle sorti del mondo, e forse neppure alle proprie; lui occupava l'unico slargo della stanza, quello dove c'erano le due sedie, una delle quali gli stava facendo da stampella; il Capitano era nel centro esatto, davanti alla cella numero uno e di fronte al povero Willam Bordo, che ormai non si reggeva più in piedi; oltre di lui, affiancati nello stesso corridoio a fissare increduli la scena, restavano Karina e Meridio.

Insomma, non sembrava una situazione complicata, non fosse stato per la presenza di sei civili disarmati, due dei quali con alte probabilità di non uscirne indenni.

«Adesso ti apro, va bene? Ma lascia tutti i pezzi a questo povero padre di famiglia» disse il Capitano prendendo le chiavi e lanciandogli l'ennesimo sguardo d'intesa.

Florio continuava a non capire.

«Tranquillo Capitano, tu fai il bravo e noi faremo i bravi» ghignò Zuccasicci.

La serratura scattò.

Zuccasicci strisciò fuori tendo Willam Bordo davanti a sé e le spalle contro le sbarre. «Ora entra tu, Capitano, e chiuditi dentro» ringhiò.

Limes tentennò guardando ancora il Sergente.

«Bertolo, fai vedere al Capitano che facciamo sul serio.»

«No, entro, entro» fece due passi nella cella, tirandosi dietro la porta. E lanciò un ultimo sguardo al Sergente.

Florio era nel panico, le gambe in fremito per la vescica debole. Mentre Zuccasicci avanzava con quell'orrido ghigno in faccia, lui indietreggiava, cercando conforto negli altri. Poi lo vide, impercettibile, forse immaginato: un cambio d'espressione nel salleziano.

Allora si buttò.

Narrare ciò che accadde in modo fedele alla realtà sarebbe impossibile, poiché avvenne tutto simultaneamente. Immaginate perciò ognuna delle seguenti azioni come causa e al contempo effetto di quella successivamente descritta.

Il Sergente, in quello spasmo di coraggio, si scagliò contro il delinquente, ma incespicò nella sedia e finì per travolgere Willam Bordo, schiacciandolo contro il muro.

Il salleziano sollevò l'enorme pugno con una rapidità quasi innaturale, data la sua mole, e andò a incastrarlo nella mascella del piccoletto, che si trovava alla giusta altezza. Bertolo passò dalla coscienza all'incoscienza senza aver modo di comprendere cosa fosse accaduto.

Karina e Meridio si mossero in contemporanea, come per un perfetto quanto bizzarro passo di danza, e si gettarono a corpo morto su Zuccasicci, mandandolo lungo e disteso sul pavimento. Altrettanto contemporaneamente alzarono il braccio e colpirono il delinquente alla nuca con una gomitata.

Cordo si gettò a terra, nel disperato tentativo di salvarsi la pelle. Se Zuccasicci non fosse stato fermato prima, il suo gesto si sarebbe rilevato determinate: il delinquente sarebbe incespicato sul suo corpo finendo tra i piedi dei due appuntati, che a scanso di equivoci avevano lasciato libero il passaggio.

Boia chi restaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora