🧬 35. Coming out

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Sembrano passati anni, eppure questa è solo la seconda notte.

Solo la seconda notte in cui mi sveglio sul fare dell'alba, immerso nella mia stessa pipì, come un bambino iperattivo o come un vecchio incontinente. 

Mi faccio schifo da solo, mi odio.

Mi alzo dal letto solo perché a starci rischierei di vomitare. Levo tutte le lenzuola in un gesto di pura frustrazione, le getto addosso alla scrivania con rabbia, mi spoglio e mi siedo sul materasso, prendendomi la testa fra le mani.

Sono così incazzato.

Piango come un coglione tra le dita, tanto ormai non c'è un centimetro del mio corpo che non sia bagnato dai miei fluidi corporei. Quando mi stanco di starmene così, vado in bagno e metto tutto in ammollo nella vasca.

Giuro che sono a un passo dall'aprire la finestra e buttarmi di sotto: perché ho così tanti problemi? Perché la mia vita è una completa merda, dall'inizio alla fine? Passo il tempo a filmare quella degli altri, perché ci vedo quello che manca nella mia, perché li invidio così tanto da voler essere loro, solo per il tempo di una registrazione.

Mi guardo allo specchio, colpito dall'argento dell'illuminazione stradale che viene da fuori. Sotto agli occhi ho due sacche gonfie e violacee; dalla parte sinistra, un graffio e una tumefazione che scende fino quasi alla punta del naso. La camomilla di Cate non è servita a niente.

Io non sono tuo fratello.

Stringo i bordi del lavandino, riascoltando queste parole per l'ennesima volta.

Perché gliel'ho detto? Perché gli ho inferto un colpo del genere?

Pensavo che avrei fatto male a Raffa e invece ho leso me stesso; quella frase si è insidiata nel mio cervello, ha pervaso piano piano tutti i miei organi, come un cancro così fulmineo da ridurmi in pessimo stato nel giro di sole quarantotto ore.

So benissimo che è biologicamente vero, che io e Raffa non siamo fratelli, ma sul piano affettivo è una bugia bella e buona. Ho passato tutta la mia vita assieme a lui, è stato la mamma, il papà, il fratello e il migliore amico di cui ho sempre avuto bisogno, mai un'assenza, nemmeno per sbaglio.

Ma è stato nel momento in cui abbiamo varcato la soglia del piano sentimentale che è andato tutto a puttane, e io ho definitivamente esagerato. Io sono quello che l'ha combinata più grossa, perché non ho capito che anche quella notte aveva bisogno di me.

Io non sono tuo fratello.

Aveva bisogno di me perché aveva combinato una cazzata, aveva bisogno di me perché era confuso sulla sua stessa identità e solo io avrei potuto aiutarlo. Aveva bisogno di me, soprattutto perché sapeva di avermi fatto del male e non avrebbe mai voluto che finisse in questo modo.

Io non sono tuo fratello.

Sbuffo sonoramente e decido di fare qualcosa, pur di placare questa maledetta sofferenza.

Torno in camera, mi butto addosso dei vestiti comodi e riempio uno zaino con qualche oggetto di sopravvivenza. Quindi scendo di sotto, arruffo la testolina di Blu ed esco nel vialetto con le chiavi della macchina.

Anche se me ne pentirò nel giro di qualche minuto, devo per forza agire in questo senso. Stare chiuso in casa a rimuginare sugli eventi passati mi deprime e basta, sapere che da qualche parte, mio cugino potrebbe stare come me mi fa sentire in colpa a tal punto che l'unica via per redimersi è alzare le chiappe.

Devo andare da lui.

Lo troverò, ovunque si trovi in quel buco di culo della Sony, e gli dirò che anche se è davvero uno stronzo, non intendevo dirgli che non sono suo fratello. Intendevo picchiarlo, certo, avrei anche voluto fargli più male, magari spaccargli qualche dente, ma non potrei mai rinnegare la sua importanza nella mia vita.

DNA - Dovrei Non AmartiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora