🧬 3. Picchi di personalità

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E non ci assomigliamo in volto ma è solo genetica
La complicità ci dà un'identità che è identica
Come due gocce d'acqua cadute dallo stesso cielo
Due mele marce di un melo appassito al gelo
- Fratelli a metà, Emis Killa

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Quindi ritorniamo al mio rapporto anale.

"Ah!" geme Rico, mentre la mia mano gli stringe il capezzolo fino a farlo diventare rosso. "Sto per venire."

Per fortuna che non era qui per farsi corrompere, vero?

"Aspetta" gli ordino, realizzando che con la scusa del flashback ho perso tempo e non ho ancora concluso. Per esperienza so che è meglio approfittare della spinta del momento altrimenti poi diventa strano e imbarazzante. E c'è una probabilità che non mi piaccia, se il cavaliere dai capelli fucsia non ci sa fare.

Senza lasciare il suo capezzolo, uso l'altra mano per me stesso. Non chiedo a lui di svolgere il servizio: lo vedo già abbastanza preso e poi non sta andando male. Mi piace come si muove, mi piace che segua un ritmo sostenuto, quindi non lo deconcentro.

Con la mano avvolgo la mia erezione e prendo ad accontentarmi da solo. Rico non sta capendo molto e credo che se non mi sbrigo, verrà sicuramente per primo, smettendo di darmi piacere. Ridacchio tra me quando ripenso alla mia prima volta così... avevo talmente tanta paura che mi ha fatto male per giorni.

"Mh..." inizio a sentire il vero piacere, e lascio che la mia testa si abbandoni all'indietro sul bracciolo del divano. Adesso farmi penetrare mi piace decisamente più di un tempo: ho imparato a conoscermi, ho capito che con la testa posso creare qualsiasi situazione mi stimoli e ho appurato che, con la giusta atmosfera, lasciarmi dominare è quasi confortante.

No fatica, no responsabilità, no decisioni: in quel momento sono in balia degli altri, sono io che dipendo da loro e non loro da me.

"Più forte, Rico..." sussurro, mentre serro le palpebre, ma non del tutto, per poter continuare a seguire il movimento del suo busto e vedere come gli si contraggono gli addominali ad ogni spinta. Ormai è sudato, e a me attizza non poco, il petto sudato.

Basta che non puzzi tipo Raffa quando si dimentica di deodorarsi le ascelle.

"Cazzo, Olli..." ansima Rico, mentre prova a seguire i miei ordini e lo trova particolarmente difficile. "Quanto ti ci vuole?"

Non rispondo, ma aumento il ritmo della mia mano. Avrei voluto che durasse di più...

"Poco" affermo, quando sento che l'orgasmo sta per arrivare.

"Quanto poco...?" geme Rico, tra i denti, quasi scocciato.

Chiudo del tutto le palpebre e immagino qualcosa che riesca ad affrettare i tempi: è un momento molto concitato, perciò non saprei descrivere bene chi o cosa immagino, ma diciamo che in termini cinematografici sarebbe un'inquadratura mossa e sfocata, con molta luce, stile 'sì, mio caro, sei proprio in Paradiso'. Quindi anche se sono blasfemo, la mia fantasia non fallisce nemmeno stavolta e riesce a catapultarmi nell'appagamento del punto di non ritorno.

"Adesso!" avviso, e finalmente vengo bagnando l'addome di Rico.

Neanche mezzo secondo dopo, lui mi imita, spingendo un'ultima volta più a fondo che può, ricordandomi perché mi piace tanto fare sesso e ricordandomi perché a tutti piace così tanto fare sesso.

Perché non si capisce più un cazzo e finalmente questo corpo in cui siamo intrappolati è utile a qualcosa. L'unico problema è che dura fottutamente troppo poco.

DNA - Dovrei Non AmartiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora