12. Questione di spazi

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Sono a Barnes.

In teoria, fra dieci minuti ho un appuntamento per vedere un appartamento da prendere in affitto. In pratica, sono in attesa da un quarto d'ora davanti ad una caffetteria che fa angolo e sto congelando.

Sto aspettando Harper, che ha sentito l'irrefrenabile e quanto mai inspiegabile motivo di raggiungermi.

Non ho idea di cosa le passi per la testa, so soltanto che quando mi ha chiamato con il numero privato, non ho potuto fare a meno di risponderle, nonostante mi fossi ripromesso di non cercarla più e di non stare più a perdere tempo con lei. Per qualche strano allineamento di pianeti, per una volta nella mia vita avevo deciso di mantenere il punto e non cedere, di mettere da parte quel mio lato buono che dà sempre priorità agli altri e invece, lei mi ha fregato, prendendomi alla sprovvista. Che fosse furba lo avevo già capito, perché abbia tutta questa voglia di raggiungermi ancora non mi è chiaro.

Guardo di nuovo l'orologio, sperando che l'autobus su cui mi ha detto che sta viaggiando non ci metta una vita. L'appartamento che ho visto sull'annuncio mi piace molto e, anche se è un po' lontano dall'atelier, mi dispiacerebbe perderlo perché una furia scatenata dai capelli ricci mi fa fare tardi.

Pesto i piedi a terra per cercare di non farmi congelare le dita, ormai completamente intorpidite nelle mie polacchine scamosciate. Sono un imbecille. Coraggio, ammettiamolo. Chi altri starebbe al freddo e al gelo ad aspettare una tipa che esce con un altro?

«Lo so è tardissimo, scusami! Sono stata dieci minuti a cercarti ma non ti trovavo».

Tutte le mie elucubrazioni mentali sono interrotte dalla voce di Harper che, stranamente, spunta da dietro le mie spalle anziché scendere alla fermata che ho davanti alla faccia.

«Ma da dove sbuchi?» Domando incredulo.

Harper mi guarda strana, come se fossi un alieno appena atterrato con la mia navicella spaziale.

«Dalla fermata dell'autobus, proprio qui dietro, dove ti avevo detto di aspettarmi», dice, indicando qualcosa di non meglio definito dietro l'angolo della caffetteria.

Perfetto, avrei potuto rimanere qua davanti all'infinito semplicemente per il fatto che la stavo aspettando nel posto sbagliato. Ripeto, quanto posso essere imbecille?

«Comunque,» riprende lei, sorvolando sulla mia faccia sconcertata. «Vogliamo andare? Il dannato autobus ci ha messo una vita, non vorrei che perdi il tuo appuntamento».

Ci metto qualche secondo ma poi mi riprendo. C'è qualcosa che mi sfugge e forse è il caso di mettere le cose subito in chiaro.

«Harper, sei proprio sicura che non devi dirmi niente?»

Lei si volta, mi guarda e fa un mezzo sorriso. «Tipo?»

È furba, ve l'ho detto. Sa già dove voglio andare a parare ma vuole che glielo chieda esplicitamente.

«Tipo perché hai attraversato mezza città alle cinque del pomeriggio e in tutta fretta soltanto per venire con me a vedere una casa».

Si stringe nelle spalle, tutta fasciata in quel suo cappotto di lana multicolor che le mette in risalto la vita stretta e i fianchi definiti. Devo smetterla di guardarla come se fosse il frutto proibito nella Valle dell'Eden!

«Mi dispiaceva saperti da solo».

Troppo vaga, non attacca bella mia.

«E come sapevi che ero solo?» Chiedo mentre ricominciamo a camminare verso la via dell'appuntamento.

«È venuta la tua coinquilina in atelier e ha spifferato tutto. A proposito, potevi scegliertela anche un po' più carina, secondo me puoi puntare a qualcosa di più. Ha i denti a castoro.»

Di' Sì al Testimone - Bridal Series #2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora