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Questa festa non mi piace. I ragazzi ridono sguaiatamente, reggendo bicchieri colmi di superalcolici, o si baciano in ogni angolo della stanza. Mi fanno male i timpani per quanto è alto il volume della musica e fatico a respirare per il fumo. Ma cosa mi aspettavo? In fondo è solo uno di quei soliti party organizzati da ricchi annoiati per altri ricchi annoiati. Io non c'entro niente con loro. Non sarei dovuta venire. Beverly, però, ci teneva così tanto.

Mi ha persino regalato un suo paio di decolté, con il tacco alto dieci centimetri, appositamente perché le indossassi questa sera, assieme ad un tubino nero. Non solo. Beverly si era fatta dare un invito anche per lei, mentendo sulla sua identità. Da inguaribile romantica quale è, si era costruita un film mentale in cui avrei incontrato un buon partito, ricco sfondato e sarei vissuta felice e contenta per l'eternità. Uno splendido spunto per una favola, ma la realtà è ben diversa. Non mi si fila nessuno, è come se fossi invisibile.

Se solo fossi venuta da sola a questo maledetto party, potrei girare i tacchi e andare via subito. Invece no. Ho dovuto chiedere un passaggio ad un'amica di Beverly perché non ho la macchina e il posto è fuori città. Dovrò rimanere in questa bolgia infernale fino a tarda notte.

Cerco di avvicinarmi ai tavoli del buffet almeno riesco a mettere qualcosa sotto i denti. Prima di uscire, non ho toccato cibo e adesso ho un discreto appetito. Sto per addentare un tramezzino quando qualcuno mi da una spinta e per poco non mi fa cadere.

«Oh, I'm sorry!» dice una profonda voce maschile.

Mi voltò furiosa. Voglio proprio guardare in faccia questo deficiente e dirgliene quattro. Scommetto che è troppo ubriaco o troppo drogato per controllare i suoi movimenti. Voglio, certo, solo che non riesco a parlare. La voce mi muore in gola. Il tipo sarà pure ubriaco o drogato ma è stupendo. Un fico da urlo.

Mi fissa per qualche istante con aria assorta. Poi mi rivolge un mezzo sorriso e passa oltre, seguito da due suoi coetanei.

Sono così concentrata a seguirlo con lo sguardo che non mi accorgo che Bev mi si è avvicinata. Faccio un salto, quando mi dà un'amichevole pacca sulla spalla.

«Allora, come vanno le cose, bellezza?» mi domanda, prima di tornare a bere prosecco da un elegante bicchiere a calice.

«Come? Cosa? Io.. io...» farfuglio. Non riesco neanche ad articolare i miei pensieri. Figuriamoci esprimere frasi di senso compiuto.

«Che c'è che non va? Dì un po', non ti sarai già ubriacata?» mi dice Bev ridacchiando. «Samantha ha già gettato l'amo su un rampollo di ottimo lignaggio. Devo darmi da fare anch'io! Non posso perdere il mio record di pomiciate nella stessa sera!»

«Certo, vai allora!» dico.

Accidenti. Mi sono distratta e ho perso di vista quel bel ragazzo. Devo assolutamente ritrovarlo. Se solo sapessi dove cercarlo. 

Mi diriggo a grandi passi verso un arco che dà accesso ad un altro ambiente dell'immenso salone. All'inizio sento soltanto le note di una vecchia canzone rock. Il titolo deve essere "Knocking on heaven's door", o qualcosa del genere. La voce, tuttavia, non è quella del cantante originale.

Vado  incuriosita verso il palco sul quale si sta esibendo proprio il misterioso ragazzo. Cerco di avvicinarmi più che posso, anche a costo di spintonare qualcuno. È come se una forza irresistibile si fosse impossessata del mio corpo e lo stesse trascinando verso quel giovane.

«Ah! Ora capisco perché sei scappata via in quel modo! Lo sapevo che avevi puntato qualcuno!» esclama Beverly, che mi ha seguita fin qui. «Niente male, sorella! Veramente niente male! Spero soltanto che quella maglietta scolorita e quei jeans da quattro soldi siano una specie di... costume di scena!»

DannatoWhere stories live. Discover now