Capitolo 2

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Jurek's POV

Sollevo stancamente la testa dal cuscino, rilasciando un sonoro sbuffo infastidito per poi passarmi una mano sulla fronte, spostando i capelli che durante il sonno mi sono finiti davanti agli occhi.
Con un grugnito mi alzo svogliatamente, lanciando un'occhiata distratta alle coperte sfatte e poi all'impronta del mio viso ancora impressa sul guanciale.
Libero un fragoroso sbadiglio, mi piacerebbe tornarmene a letto anche se, stranamente, sono di buon umore questa mattina.
Mi prendo tutto il tempo necessario per svegliarmi e mando a chiamare un servo.
I raggi del sole entrano ancora fievoli dalla finestra infastidendo i miei occhi ancora assonnati. L'aria è già calda, sebbene non irrespirabile come quella di mezzogiorno, ma accompagnata, per fortuna, da un leggero venticello, seppur anch'esso tiepido.
Il tipico clima torrido e secco della Grecia settentrionale, insomma.
Nel frattempo il servo che avevo mandato a chiamare mi degna della sua presenza.
Lo guardo freddamente, leggermente scocciato, e subito lo vedo impietrirsi e chinarsi a terra, guaendo come un cagnolino ferito e supplicando il mio perdono.
Sento le orecchie dolermi a quel verso stridulo che mi sottrae bruscamente al piacevole torpore lasciato dal sonno.
La giornata sta già cominciando a guastarsi, peccato.
Non importa quante volte io abbia detto e ripetuto che non servono tutte queste formalità, o che per un po' di ritardo non farò certo frustare qualcuno, certe abitudini sono difficili da estirpare.
Faccio un gesto noncurante con la mano intimandogli di sbrigarsi a tirar fuori gli indumenti per poi andarsene, a vestirmi ci avrei pensato da solo.
Guardo i vestiti posati sul letto. Purtroppo, nonostante la calura, il figlio di un arconte non può certo vestirsi in modo inadeguato al suo rango.
Con un sorrisetto tra l'ironico e il frustrato mi appresto di malavoglia ad indossare il chitone con dei sandali, spazientendomi nel allacciare tutte le cinghie.
Mi guardo allo specchio e pettino con le mani i miei ricci neri fino a farli ricadere in maniera più decente.
"Hai dei capelli magnifici, neri come carbone, è il sogno di ogni donna passarci le dita attraverso" mi ricordo le parole di Ines la notte passata e un ghigno malizioso mi compare in volto, quella donna ha il suo perché.
Sono assolutamente consapevole di piacere al gentil sesso, molte a prima vista credono che io sia Eros, che il dio non me ne voglia, ed è a volte fin troppo facile farle cadere ai miei piedi sfoggiando un sorriso smagliante e qualche moina. Ovviamente in tutto questo gioca un ruolo decisamente non trascurabile anche il mio rango.
Soddisfatto del mio aspetto mi dirigo verso la sala da pranzo.
Varcata la soglia trovo un ampia tavola imbandita con tutte le più raffinate prelibatezze della Grecia affiancate da piatti più esotici e particolari i cui ingredienti sono stati acquistati dai più prestigiosi mercanti della zona.
Un servo mi raggiunge immediatamente per spostarmi la sedia facendomi accomodare e io subito comincio a riempirmi il piatto delle più squisite pietanze con già l'acquolina in bocca.
Mentre sto per addentare con molta soddisfazione una fetta di focaccia vedo arrivare mio padre.
Sta camminando dritto, stranamente, senza traballare o inciamparsi ad ogni passo.
Interrompo subito il mio pasto e l'occhio mi cade sulla pergamena che stringe in mano con tanta attenzione, come se fosse il più prezioso tra i suoi averi. Lo guardo sospettoso negli occhi e vedo il suo sguardo fuggire dal mio per poi osservare la tavola imbandita, come se non avesse mai visto qualcosa di tanto interessante.
La mia tanto ben iniziata giornata si mette male.
Mi si avvicina e, sotto il mio sguardo attento, adagia la carta sul tavolo, davanti al mio piatto.
Osservandola da vicino noto che è sporca, rovinata e stropicciata lungo i bordi e con alcune macchie d'inchiostro a rovinarne la superficie lattea. Mio padre non è il tipo da perdere così tanto tempo dietro ad uno "stupido foglio di carta" come dice sempre lui, ma in questo caso qualunque cosa ci sia scritta è stata pensata a lungo e deve essere abbastanza importante.
Sento che mi sta fissando, impaziente che io la apra.
Sposto il mio sguardo dal rotolo ai suoi occhi che stranamente sono felici e lucidi, non annebbiati dai fumi del vino come al solito.
Merda, è più preoccupante del previsto.
Faccio un respiro profondo, mantenendo in facciata la mia solita espressione neutra e non curante.
Prendo in mano la pergamena.
Un po' curioso lo sono, di cosa ha impedito a un uomo che non riesce a essere sobrio nemmeno la mattina presto, di ubriacarsi.
Apro adagio il foglio, nemmeno avessi in mano un serpente velenoso.
Due colonne. La prima cosa che vedo sono colonne, poi, guardando meglio, noto che sono dei nomi: sulla sinistra sono stati scritti i vari patronimici e i nomi delle fanciulle e sulla destra l'età di queste.
Sono tutte in età da marito.

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