Capitolo 12: Matrimonio Stregato

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𝓛𝓲𝓼𝓪𝓷𝓭𝓻𝓪

«Io chi sono? Alec o Angel?» sussurra Lucius.

Mi sento mortificata. Penso di aver parlato troppo. Che paragone mi chiede di fare? Alec è solo un lurido e squallido personaggio che abusa di Tess, mentre Angel è un codardo che fugge davanti a un piccolo problema della protagonista.

«Rispondi!» esclama alzando la voce, facendomi sobbalzare.

Rimango in silenzio e gioco con le mani e con il libro, mentre lui si avvicina alla finestra.

«Da quello che ho potuto apprendere su di te, non sei un codardo come Angel», affermo.

«Ma pensi che ti userò solo per i miei interessi, proprio come Alec», continua lui a denti stretti. Lo sento inspirare bruscamente e nel mio cuore qualcosa inizia a farmi male. Cosa sta succedendo?

«Hai ragione», ammette sempre guardando fuori dalla finestra, dopo minuti che sembravano ore.

«Io sono così. Sono fatto così e mai potrò cambiare», continua a denti stretti avvicinandosi lentamente, come farebbe un qualunque predatore con la sua preda. Un lungo brivido mi percuote.

«Ora vattene!» mi ordina infuriato.

Mi alzo, metto il libro nella borsa e decido di eseguire gli ordini. Mi volto e mi dirigo verso la porta, ma qualcosa mi impedisce di andare avanti. Sono bloccata non da qualcuno, ma da me stessa. Mi sto rifiutando di andarmene.

«Io so che non sei fatto così», mormoro tirando fuori tutto il coraggio che ho in me. Mi volto e lo guardo con insistenza.

Si gira lentamente, accrescendo la mia ansia, e con uno scatto arriva davanti alla mia faccia, facendomi sobbalzare.

Perché i suoi movimenti mi mettono paura?

«E come starei?» domanda stringendo gli occhi fino a farli diventare una fessura.

«Io so che non sei solo così, proprio come tu sai che io non sono solo una santarellina», dico in tono serio facendo un passo verso di lui. «Lo ammetto: uccidere mi dà gioia. Mi dà quella scarica di adrenalina che ho cercato per tutta la vita. Adoro uccidere, ma solo se ho un buon motivo per farlo. Non vado a uccidere innocenti. Pertanto, so che tu non sei solo quello che vuoi far vedere a tutti. Non sei solo un maniaco del potere», concludo il mio discorso filosofico. Ho il fiatone.

Si allontana, apre la porta di colpo, mormora qualcosa ad Alucard e la richiude con così tanta forza che non so come abbia fatto a non rompersi.

«Oggi non avrai lezione», afferma con rabbia nella voce.

«È una punizione?» domando arrabbiata.

«Dobbiamo parlare!» esclama adirato.

«Di cosa?» esorto di getto.

«Di quello che entrambi cerchiamo di evitare», risponde unendo le mani.

«Io non sto evitando nulla», borbotto incrociando le braccia al petto.

«Ti ho lasciato andare», sussurra allargando le braccia lungo il dorso della finestra. Guarda fuori dalla finestra est e attraverso la sua spessa divisa nera si intravedono le spalle contrarsi.

«Hai fatto bene», rispondo cercando in tutti i modi di rimanere seria.

«Ho fatto bene», ripete scuotendo la testa. «Spero che vada bene con Alucard», commenta acidamente tornando con lo sguardo su di me. È fisso, penetrante, così intriso di rabbia che mi fa pensare. Vuole uccidermi?

Per qualche secondo mi sembra di vedere nei suoi occhi questo pensiero aleggiare, come il lampo improvviso descritto nella poesia di Pascoli. Faccio un passo indietro d'istinto e i suoi occhi cambiano espressione, diventando confusi. A sua volta fa un passo indietro e per la prima volta lo vedo veramente. Guardo davanti a me il vampiro originale, che tutti, compresa me, definiscono di pietra e ingordo di potere, ma non vedo altro che un semplice vampiro che lotta e arde per qualcosa che gli brucia dentro.

Legami di Sangue: Il contattoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora