Ricominciare

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L'Equilibrio sbadigliò. Guardava fuori, annoiato. Vide passare il Dio dell'inverno, da solo. Significava che la primavera era ancora lontana, perché questa iniziava solo quando quel Dio e la Dea dell'estate si avvicinavano. Era notte fonda e fuori splendevano tutte le stelle. Com'era diversa quella notte rispetto a quella in cui era nato! Canticchiava per i corridoi del suo palazzo con le mani in tasca. Era di buon umore, abbastanza rilassato da essere quasi in procinto di fare le fusa. Buttò l'occhio nella propria camera, dove era assopito Vereheveil. Vide l'inarcarsi della sua spina dorsale e l'attaccatura delle ali nere. Il respiro regolare faceva ondeggiare le penne che gli partivano dal dorso. Pensò a quanto bello fosse il contatto fra le loro pelli nude. Il nero del lato sinistro del Dio dell'Ordine era particolarmente sensibile ed era stranamente liscio e freddo, come un metallo o un vetro, e fremeva al contatto con le piume oscure e morbide dell'angelo delle Letterature. Pensò a quanto fosse piacevole l'incontro fra le loro labbra ed il loro petto, stretti in un abbraccio ed in un bacio che pregavano sempre non finissero mai.

Quando tempo era passato? Non lo sapeva nemmeno lui.

Si guardava allo specchio e cercava di ricordare come era stato una volta, senza riuscirci del tutto. Respirava l'aria limpida della notte, sorridendo alle stelle. Vide suo figlio, Kavahel, passare da una stanza all'altra.

"Giovanotto! Cosa fai sveglio a quest'ora?" domandò, senza alcun tono di rimprovero.

Il bambino sorrise: "Niente! Volevo giocare!".

Kasday gli fece segno di uscire all'aperto ed insieme sedettero sull'erba. Il piccolo era alto come una delle gambe del genitore e lo guardava con immensi occhi dorati, avvolto in un mantello rosso. Danzava al ritmo di una musica che si cantava nella testa e l'Equilibrio sorrise nell'osservarlo.

"Sai, papà? Oggi succederà qualcosa di speciale!".

"Cerchi di anticiparmi, Kavahel? Ti ricordo che io governo anche il destino!".

"Sì, ma io controllo te! Ricordi cosa hanno detto gli Alti? Quando tutto finirà, resterò io. Io soltanto. Io sarò più potente di te!".

"Sarai! Per ora stai a terra, piccoletto!".

Risero assieme. Kasday non aveva capito le parole di quella profezia. Alla fine di tutto? Si sosteneva da sempre che alla fine ci fosse sempre il Caos, ma evidentemente non era così. Suo figlio aveva l'essenza necessaria per controllare lui, Dio triplice, e la sua eventuale caduta.

Ora Kasday era tranquillo, non udiva più le voci nella testa degli altri due creatori. Avvertiva ed usava i loro poteri e le loro facoltà senza problemi. Era calmo, in perfetto equilibrio. Quello che doveva ora impedire era che nascessero un altro Caos ed un altro Destino. In questo caso l'ordine si sarebbe infranto e sarebbero stati guai. Specie ora che le essenze estranee si erano fuse con il tempo alla sua, divenendo una sola: indivisibile. Sbadigliò, annoiato dal silenzio.

"Oggi è l'ultimo giorno dell'anno" esclamò il bambino.

"Ah sì? Solo altri attimi in più. Cosa vuoi che sia un anno in più... di fronte all'eternità?".

"Ma è vero che tu sei vecchio Ere, papà?".

"Vecchio? Io non sono vecchio! Ce ne sono molti più anziani di me!".

Kavahel lo guardava dubbioso: "Chi, per esempio?".

"Lui!" rispose l'Equilibrio, indicando il Dio del Tempo, che stava risalendo la collina su cui loro due sedevano e su cui sorgeva il palazzo.

Il Tempo salutò il piccolo, che gli corse appresso.

"Cosa ti porta qui?" chiese il padrone di casa.

La città degli Dei [☆Storia completa☆]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora