18 - Sono innamorata persa

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Sono passati due mesi, è metà estate e mi sto preparando psicologicamente ad affrontare il caldo torrido fuori dal mio appartamento.
Odio l'estate.
Odio sudare.
Odio il caldo.
Odio Emanuele.
E devo andare nel cantiere di casa sua.
Non l'ho più visto, ci siamo sentiti per mail, anche se all'inizio sembrava fare un po' di resistenza: io gli mandavo i file e lui mi chiamava. I primi tempi rispondevo, poi mi sono detta che non sarei riuscita a dimenticarlo se avessi continuato a sentire costantemente la sua voce. Quindi lasciavo che il telefono squillasse a vuoto, lo guardavo vibrare in continuazione, lo schermo lampeggiava senza sosta, ma non avrei più fatto il suo gioco.
Al diavolo la storia dell'anima gemella.
Ho chiesto a Jubra di smettere di cercare qualsiasi cosa stesse cercando, sapevo fosse sulle piste della cantilena e del liquido blu, però non voglio più avere nulla a che fare con lui.
E sinceramente sto bene.
Vado alla grande.
La magia non mi abbandona e il lavoro mi sta dando tante soddisfazioni.
I progetti degli studenti partiranno durante la sessione invernale, li abbiamo migliorati un po', aggiungendo il mio tocco, ma senza abbandonare i loro stile.
Inoltre Ella Wagner, una donna conosciuta alla festa di Wiann, mi ha chiamata perché vorrebbe che io disegnassi gli interni della sua sede aziendale in Germania.
Non ho mai avuto un compito fuori dalle residenze e sono elettrizzata all'idea di cominciare.

Quando arrivo ai parcheggi della futura casa di D'Ambrosio, sbuffo.
C'è la sua Audi bianca.
Quindi mi nascondo nella mia nuova Fiat 500, comprata solo per non farmi riconoscere da lui. Aspetto svariati minuti, prima di vedere il suo bodyguard uscire dall'ascensore, dietro cui scorgo una chioma bionda. Serro gli occhi e mi chino per non farmi vedere e, soprattutto, non vedere Emanuele.
So che mi mancherebbe il respiro, la mia gola si seccherebbe e probabilmente vomiterei il cuore insieme a del liquido blu, se solo incontrassi i suoi occhi glaciali, quindi prendo le giuste precauzioni.
Sento le portiere sbattere, il motore accendersi e partire.
Rialzo la testa e, una volta confermata la sua assenza, esco.
Arrivo nell'attico e sorrido soddisfatta a Luca, l'architetto, che mi stringe la vita e mi lascia un bacio all'angolo della bocca.
Abbiamo avuto una notte di passione qualche settimana fa, ma lui non vuole capire che è stata la prima e l'ultima, dice che sono la donna della sua vita.
Beh, lui non è l'uomo della mia.
«Sta venendo esattamente come l'hai progettato» sussurra al mio orecchio ed io mi scosto.
«Dimmi qualcosa che non so» rispondo boriosa.
Mi aggiro per le stanze, controllando l'avanzare dei lavori, poi i miei occhi vengono catturati da qualcosa che mi piace immediatamente: un altissimo e bellissimo ragazzo.
Le sue iridi scure si accorgono di me, un sorriso sornione svela i suoi denti bianchi, si infila una mano in tasca mentre l'altra la porta prima tra i suoi ricci castano chiaro e poi la tende verso di me.
«Sono Abel»
A-bel-lo!
«Gretas» ricambio la stretta, completamente intenta ad analizzare il suo viso sottile e magro, gli zigomi molto pronunciati e le labbra grandi e carnose.
«Che ci fa una donna così bella in un cantiere polveroso e pieno di uomini?»
«Controllavo che il lavoro fosse stato svolto esattamente come ho ordinato. Sono la designer» rispondo fiera.
«Ah» il suo sguardo è sorpreso: «Credevo che l'architetto fosse quel tizio all'ingresso»
«Lui è l'architetto» confermo: «Io sono la designer»
«Non è uguale?»
Boccheggio: «Certo che no»
Il suo fascino sta già diminuendo.
«Comunque bel lavoro» aggiunge: «Sono innamorato di ogni stanza»
«Grazie» rispondo felice per il complimento.
«Vittorio non fa che dire che è tutto meraviglioso»
«Vittorio?»
«Vittorio D'Ambrosio»
E chi diavolo è?
Deve essere il padre di Emanuele.
«Ne sono felice» borbotto vagamente.
«Ti invito a pranzo» sentenzia ed io accetto, dopo avergli lanciato uno sguardo veloce e aver deciso che esteticamente mi piace parecchio.
È uno dei ragazzi più belli che abbia mai visto, forse più bello di Emanuele.

Vado a letto con Abel solo da due settimane e non lo sopporto più, è stupido come una scarpa. Se non fosse così bello e bravo sotto le lenzuola, lo avrei già salutato dopo la prima volta.
Sto mentendo, avrei già troncato con lui se non mi servisse a tenermi lontano Luca.
Entrando nella futura casa di D'Ambrosio, vengo colpita dalla luce del sole, che penetra dalle grosse finestre dell'enorme open-space. I raggi si infrangono in un'installazione con sottili travi di legno verticali, che creano un gioco di luci sulla parete d'ingresso.
L'ho progettata pensando alle ombre della foresta di cui mi ha parlato Emanuele la prima volta che abbiamo pranzato insieme.
Sta tutto venendo come lo avevo immaginato, manca poco alla fine.
Tra qualche settimana non avrò più il rischio di incontrarlo qui, in cantiere, non dovrò più nascondermi nel posteggio e partirò per le vacanze a settembre.
Non vedo l'ora di liberarmi di lui.
A riportarmi sulla terra è un piccolo scontro con la spalla di un uomo brizzolato.
«Signorina Macagi» mi sorride radioso.
«Signor D'Ambrosio»
Ci ho messo qualche secondo di troppo a ricordarmi dove l'avessi già visto.
«Ha fatto un lavoro superbo» mi loda ed io gongolo nella consapevolezza che sia assolutamente vero.
Ci perdiamo in chiacchiere, Vittorio è un uomo dolce e tranquillo, così pieno di attenzioni che sono ad un passo dal chiedergli di adottarmi.
«Ha impegni per pranzo?» mi regala un sorriso: «Vorrei chiederle se puó occuparsi dello studio e della sala riunioni della mia azienda. Ella ha detto che la bozza che le ha presentato è praticamente perfetta»
Sono piena di lavoro fino al collo, ma non riesco a rifiutare: «Sarebbe un enorme piacere»
«E allora venga a pranzo con me, mi faccio portare le planimetrie e ne discutiamo davanti ad un buon piatto»
Accetto con un sorriso a 32 denti.

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