L'ultima nota si infranse sul soffitto bianco gesso, ed Eren attese un paio di secondi prima di rilasciare lentamente il pedale placcato d'oro col piede.
Il tepore della soddisfazione scaldò il petto di Levi, il quale tirò l'angolo delle labbra alla vista delle spalle del ragazzo che si rilassavano dopo aver terminato l'esecuzione.
Le giornate si susseguivano talmente rapidamente che alle volte aveva l'impressione che durassero il tempo di un battito di ciglia: la mattina, dopo che Eren aveva terminato ogni mansione punitiva, lo vedeva arrivare con la bretella dello zaino stretta nella mano ed il cappuccio della felpa che gli rimbalzava sulle spalle ad ogni gradino. Poi, le iridi cerulee brillavano quando sollevava lo sguardo da terra e lo incrociava col suo circospetto, autoritario, oltremodo severo, inevitabilmente smussato da qualche battuta canzonatoria dell'allievo.
Nell'arco di un mese quella era divenuta una routine, una piacevole routine, nonostante Levi avesse tentato con tutta la forza di cui era in possesso di polverizzare quel pensiero.
Il punto era che non riusciva più a limitarsi ad essere professionale con lui: insomma, Eren aveva avuto l'ardire di prendere arbitrariamente confidenza nei suoi confronti, manovrando i suoi atteggiamenti impostati fino a distendergli i nervi con la potenza della sua incredibile energia.
Mai erano mancati istanti in cui si era detto che, forse, avrebbe dovuto quasi prendere Eren come esempio, data la condizione catastrofica in cui viveva e la caparbietà con cui affrontava le situazioni, mentre lui aveva stabilito in modo innegabile che non c'era alcun modo di intraprendere una nuova direzione per tentare di rivoluzionare la cecità della sua vita.
Una camera asfissiante in cui si era volutamente recluso, inaccessibile a chiunque; una stanza insonorizzata persino per un pianista di successo come lui.
Un passato pianista. Ecco, almeno l'onestà di ammettere la realtà dei fatti ancora non l'aveva abbandonato.
Eppure qualcosa era mutato inevitabilmente a seguito del dissapore che avevano avuto una settimana prima, e Levi lo percepiva così chiaramente che non erano mancate notti in cui si era ritrovato a riflettere sulle parole intrise di ostilità che gli aveva rivolto, soltanto perché era furibondo con se stesso.
Avrebbe dovuto trovare un modo per risolvere quella situazione, ovviare a quel divario che si era frapposto fra loro, dato da una fiducia che continuava a vacillare.
-Chissà se Beethoven ha trattenuto il respiro la prima volta che le sue dita hanno toccato dei tasti,- spirò Eren ad un tratto, ed il maestro condusse gli occhi a mandorla su di lui, incuriosito. -allo stesso modo in cui un soldato trattiene il respiro la prima volta che il suo dito preme il grilletto.-
Le ciocche cacao oscillarono nel seguire il movimento del capo, i denti snudati in un'espressione serena e le lunghe ciglia che proiettavano ombre sulle guance dorate.
Eren era bello, e non era la prima volta che quella considerazione era esplosa nella sua mente come un fuoco d'artificio nel manto notturno. E si era rimproverato, Levi, perché non poteva proprio peccare di professionalità in un contesto del genere permettendosi di formulare quel tipo di pensieri.
Bello, genuino, non attraente.
Ecco come si era giustificato.
Ecco quello che si era convinto di dover pensare; perché Eren era giovane, e talentuoso, e lui avrebbe funto da molla per permettergli di imboccare un cammino differente da quello a cui aveva creduto di essere condannato. Ecco tutto, niente di più e niente di meno. Perché Eren stringeva il mondo fra le mani, era uno su sette miliardi e mezzo di persone che era nato con un dono immenso, e lui, che aveva visto spegnere il suo talento come la fiamma di una candela fra due dita, sarebbe divenuto il suo strumento.
![](https://img.wattpad.com/cover/181330919-288-k451782.jpg)
STAI LEGGENDO
The last bar
ФанфикTUTTI I DIRITTI RISERVATI Levi Ackerman, come ogni singolo giorno, si rifugia nella sua routine costituita da metro, musica e sogni intrappolati in un passato amaro. Ed è proprio una mattina che, recatosi nella stazione parigina, ode in lontananza...