Capitolo 19 - Il regno delle fate

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Dolore, forte e intenso dolore, stanchezza e il rumore di libri che cadevano, poi Seamus cadde nel buio.

C'erano delle fate, tantissime fate che ronzavano attorno a Seamus come uno sciame, però non erano belle e piccole ragazze dai visi delicati, erano piccoli esserini con i capelli bianchi, i corpicini verde sbiadito, le ali quasi trasparenti e, oltre alla bocca piena di denti aguzzi, due enormi occhi senza orbite.

Seamus sapeva che erano fate eppure era certo al cento per cento non averne mai viste di quel genere, come uno sciame di mosche ronzavano velocemente attorno a lui e per quanto lui volesse scacciarle non riusciva a muoversi. Poi una di loro, l'unica con i capelli lunghi e un piccola coroncina d'argento sul capo, si avventò su di lui con la bocca spalancata e affondò i denti nel suo collo.

Seamus si svegliò di colpo e si portò una mano al collo, con grande sollievo si rese conto che non aveva nessuna ferita, fece un sospiro e si stiracchiò, era solo uno strano sogno, nulla di preoccupante. Si stirò per bene tutte le ossa e prese profondi respiri, poi alzò lo sguardo e allora vide una cosa strana, una sirena dalla pelle azzurrina con i capelli fatti letteralmente d'acqua e dentro di essi alcuni pesciolini Nemo si divertivano a rincorrersi.

Osservò i capelli della sirena, poi la coda e poi si rialzò per vederle il viso, due profondi occhi lo osservavano e la donna sembrava piuttosto soddisfatta. fu allora che ricordò, la ragazza che urlava, lui che come un coglione le era corso a salvarla, poi di nuovo lui che si era ritrovato in balia di una pazza dalla doppia personalità ed eccolo il ricordo dove stava per morire dissanguato e assiderato.

Distolse gli occhi dalla sirena e si guardò attorno, erba a destra, erba a sinistra, erba davanti a lui e guarda un po' erba anche dietro! Tutto era talmente accesso e stranamente colorato, era come se tutto attorno a lui fosse più reale di quanto avrebbe dovuto essere. Seamus credette sul serio che quella era la volta buona in qui ci aveva rimesso la pelle, era morto e quello era una specie di luogo di trapasso, la sua teoria venne confermata quando notò quattro figure che lo osservavano, due ragazzi e due ragazze che non dimostravano più di vent'anni.

Tre di loro erano fisicamente perfetti e lo fissavano curiosi, la ragazza con i capelli neri però aveva qualcosa di angelico e divino, bella da togliere il fiato, con gli occhi di colore diverso e con una presenza tale che Seamus ne era certo, se avesse anche solo osato respirare nel modo sbagliato lei lo avrebbe spedito all'inferno con un biglietto di sola andata.

Osservando bene si accorse che vicino a lui seduta su uno zaino c'era la strana fata con la coroncina che lo fissava con la bocca piegata in un sorriso, rimase immobile per alcuni minuti e quando vide che nessuno voleva ucciderlo o torturarlo, che attorno a lui rimaneva esattamente tutto uguale, paradisiaco e calmo, si convinse. Seamus capì di essere morto stecchito e suo nonno avrebbe dovuto trovare un altro modo per recuperare quelle cavolo di pagine.

" Hia, il viaggiatore sta bene?" Oltre all'aspetto e alla presenza la ragazza dall'occhio dorato aveva anche una voce ultraterrena, fredda e terrificante ma assolutamente meravigliosa, Seamus pensò che non gli sarebbe dispiaciuto subire minacce di morte da quella voce.

" Si mia signora, l'umano si è rimesso alla perfezione, in più posso confermarle i suoi dubbi. La Sovrana delle Fate del Vento ha stretto un patto di sangue con l'umano, ha condiviso con lui i suoi poteri magici per permettergli di guarire"

" Bene Hia, puoi andare." A Seamus per poco non gli venne un colpo, la sirena sparì nel nulla lasciando dietro solo una piccola pozza d'acqua che venne immediatamente assorbita dall'erba.

Era confuso, insomma non era morto? Patto di sangue con una regina delle fate? La consapevolezza lo colpì come un macigno, aveva dei ricordi confusi di quando era tornato con la pagina, l'unica cosa certa era il rumore di libri che cadevano e il dolore, uno di quei dannatissimi libri doveva essergli caduto addosso, aperto.

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