CAPITOLO 8: CREPUSCOLO

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Capitolo 8:

La mattina seguente da quel punto in cui era rannicchiato l'essere si poteva scorgere la stella polare confondersi con i cieli del Paradiso e gli uccelli sorvolare gli alti monti del Purgatorio. Era come vivere un'immagine dantesca con l'unica differenza che le terre infernali non brulicavano di fiamme, ma del freddo gelo che ricopriva le anime gementi.

Gli altri due luoghi sovrastanti le pianure pregne di distese di aridità e tristezza erano molto diversi. Il più rigoglioso era quello dove del male non si sentiva più parlare da secoli, dove il perdono e l'amore riempivano i sorrisi di chi ci abitava, sembrava un luogo d'incanto dove pace e armonia regnavano incontrastate.

Il Purgatorio, invece, era quasi identico al mondo umano e i peccatori, che popolavano quel posto, parevano essere rieducati per poi avere accesso ad una completa purificazione, che permetteva loro di essere eternamente candidi.

Sebastian detestava alzare lo sguardo nelle sue notti insonni e vedere che tutti loro avevano ancora una possibilità e lui no. Provava un'invidia che riusciva a corrodergli le viscere e li malediva ogni giorno disprezzandoli. Non poteva accettare di dover rimanere in quello schifo per sempre immerso nella solitudine, mentre quegli altri se la ridevano davanti alle sue sofferenze. Era un'ingiustizia imperdonabile.

Si stava vendicando lentamente procurando dolore a coloro che era costretto a processare, godeva nell'infliggere loro le punizioni più disparate, nel vederli piangere, frignare balbettare le ultime parole prima di soffocare in quella fredda landa desolata. Si stava vendicando contro quegli individui che parevano essere i reietti di un mondo logorato da loro stessi.

Perché prendersela tanto? Lui, che era il giudice supremo dell'Inferno, perché si preoccupava di vederli implorare un perdono che non sarebbe mai giunto? Era una vendetta contro se stesso. Dentro la sua anima sapeva che non avrebbe più potuto tornare indietro, sapeva che l'amore e la gioia erano morti con lui molto tempo addietro e la speranza, che è sempre l'ultima ad affievolirsi, era stata la prima a tirare le cuoia per farlo sprofondare in un baratro senza fine. Conoscendo il suo macabro destino di solitudine, aveva preferito lasciare che il male lo inglobasse totalmente fagocitando ogni reminiscenza di umanità. Sì, perché lui, un tempo, era stato esattamente come loro, un essere umano. Ormai non ce la faceva proprio a confessare la motivazione della sua nascita all'inferno, tutto preferiva rimanere nascosto agli sguardi di quelli che chiedevano chi fosse. Non dava risposta alcuna, non proferiva parola, poiché il suo passato era defunto insieme al corpo che non gli apparteneva più. Di quel Sebastian non era rimasto più nulla che valesse la pena raccontare.

Il primo giorno di quella lunghissima settimana era appena cominciato e il demone aveva deciso di mettere da parte la sua angoscia e dimostrare quanto fosse terribile durante il suo lavoro. Quella mattina avrebbe dato prova di tutto il suo potere. Se la sera prima si era forse mostrato debole, allora davanti a lei sarebbe tornato spietato.

Come aveva potuto dare spazio a certi sentimenti davanti a un essere umano? Come avevo osato pensare quella donna di fregarlo? Era forse una manipolatrice? In fondo era l'unica che era riuscita ad ottenere un pezzo della collezione. Diamine! Quella sgualdrina lo aveva fregato davvero! Ora i nervi gli brulicavano in tutto il corpo. Si alzò in piedi di scatto e si diresse agguerrito verso la camera di Maryjane, anzi, la sua camera.

Era riuscita anche di infilarsi tra le coperte del suo letto. Che razza di idiota che era stato a farsi infinocchiare così.

Colpì ripetutamente la porta preso da una sadica ira funesta e prese ad urlare: "Ehi! Ehi! Ti sei chiusa a chiave? Apri immediatamente!" Non aveva chiuso occhio nemmeno lei ed era particolarmente sorpresa da una tale reazione.

SETTE GIORNI ALL'INFERNODove le storie prendono vita. Scoprilo ora