...

42 4 0
                                    

William Court, che pareva il ritratto un po' sbiadito della sorella, era persino della stessa statura di Fanny, la quale superava di una buona testa Heather. Forse non era altrettanto obeso, ma Heather supponeva che tale differenza si sarebbe colmata nel giro di qualche anno. Aveva il volto grasso e rubicondo, le guance cascanti e il labbro inferiore sporgente, costantemente bagnato di saliva. Se lo tamponava di continuo con un fazzoletto di pizzo, aspirando rumorosamente come se si stesse invece soffiando il naso. Quando prese la mano di Heather nella sua per salutarla, la fanciulla la sentì disgustosamente molle, e quando lui si chinò a baciargliela, provò una vaga sensazione di nausea.
Gli abiti che indossava rivelavano finezza di gusto, ma le sue maniere affettate ne rendevano poco mascolino il portamento. La giacca grigio chiaro, riccamente adornata d'argento, e la camicia e il collettone bianchi sembravano esaltare il contrasto con le mani rosee e il rosso volto ansimante. Forse William Court era ricco, ma Heather trovava in lui ben poco di attraente. I calzoni erano oltremodo attillati, quasi al punto di apparire scomodi, e si poteva supporre che fossero stati deliberatamente tagliati a quel modo per esporre agli sguardi fortuiti la sua altrimenti discutibile virilità.
Ero arrivato a bordo di un landò a nolo, alla guida di un cocchiere vestito in modo inappuntabile, che era stato spedito a dormire nel fienile assieme ai suoi leardi pomellati. E Heather ebbe l'impressione che il cocchiere fosse sconcertato da quell'umile sistemazione, dato che era vestito in modo più elegante degli inquilini del cascinale. La rimessa quasi non era adeguata neppure per i suoi animali. Ma se anche era seccato, non disse nulla e si dedicò in silenzio al suo lavoro, accudendo cavalli e carrozza.
Zia Fanny, i capelli grigi tirati sulla grossa testa, dava l'impressione di una fortezza minacciosa con la gonna e il grembiule rigidamente inamidati. A onta di tutto il blaterare e dell'insistere che aveva fatto in passato sul fatto che gli abiti eleganti erano opera del demonio, appariva visibilmente compiaciuta alla vista del fratello in ghingheri e si affaccendava attorno a lui come una chioccia attorno a un pulcino. Heather non l'aveva mai vista comportarsi in modo così affettuoso con nessuno, e le sue attenzioni erano accolte gentilmente da William Court che, ovviamente, si ringalluzziva all'idea che qualcuno si prendesse tanta cura di lui. Heather ignorò le sbavanti svenevolezze della zia e prestò scarsa attenzione alla loro conversazione finché all'ora di cena il discorso non cadde sulle ultime novità di Londra. Allora si mise ad ascoltare intenta, nella speranza di aver notizie di vecchi amici.
"Napoleone è fuggito e adesso tutti credono che stia tornando in Francia dopo la sconfitta subita in Egitto. Nelson gli ha insegnato un paio di cosette. Ci penserà su due volte prima di venire alle mani un'altra volta con i nostri marinai, per Giove!" imprecò William Court.
Heather notò che parlava con più proprietà della sorella e si chiese se non fosse andato a scuola.
Zia Fanny si asciugò la bocca col dorso della mano ed emise un brontolio. "Pitt non sapeva proprio quel che si diceva quando ha consigliato di lasciare in pace i francesi. Ora c'è dentro fino al collo, e anche con gli irlandesi. Ammazzarli tutti quanti!"
Heather si morse le labbra.
"Io irlandesi! Ah! Un branco di animali sono, se vuoi sapere il mio parere! Non sanno quanto sono felici e stanno bene!" proseguì zia Fanny.
"Pitt sta tentando di formare un'unione con loro adesso. Forse l'anno venturo l'operazione andrà in porto," disse Zia John.
Heather adocchiò esitante lo zio, come sempre a disagio di fronte ai pregiudizi della zia. John abbassò gli occhi e scolò d'un sorso la sua birra. Sospirò e lanciò un'occhiata vogliosa alla caraffa cui montava la guardia Fanny, poi posò il boccale sul focolare e tornò in silenzio alla sua pipa.
"Gli yankee sono la stessa cosa! Ti tagliano la gola senza neanche guardarti in faccia. Ce li troveremo contro di nuovo, bada a quel che ti dico."
William ridacchiò, facendo tremolare la pappagorgia. "Allora non è proprio il caso che tu venga a Londra, sorella cara, perché quelli entrano in porto come se fossero loro i padroni. Alcuni vengono beccati e arruolati di forza, ma ci stanno molto attenti e restano uniti tra loro. Quando si avventurano in città non ci vanno mai da soli. Non gli va troppo a genio l'idea di navigare sulle navi britanniche. Eh, ci stanno molto attenti e alcuni hanno l'audacia di ritenersi gentiluomini. Guarda quel Washington, per esempio. E adesso hanno quell'altro sciocco, quell'Adams che hanno eletto loro re. È una cosa indecente! Ma non durerà. Torneranno da noi, guaendo come cani torneranno!"
Heather non conosceva neppure uno yankee. Era semplicemente contenta che sua zia e il signor Court parlassero di loro anziché degli irlandesi.
Lasciò sviare la sua attenzione dalla conversazione dei due. Se non parlavano della società londinese o dei suoi antenati, la cosa non le interessava. Se avesse osato intervenire e dichiarare la propria lealtà nei confronti degli irlandesi o domandare quali erano le ultime novità mondane di Londra, sapeva che la zia l'avrebbe fatta oggetto della propria cattiveria. Stando così le cose, lasciò vagare altrove il pensiero e se ne stette lì seduta per quella che le parve un'eternità.
Fu zia Fanny a strappare Heather dal suo guscio; allungò una mano sul tavolo e le pizzicò con cattiveria al braccio. Heather trasalì. Sì massaggio al braccio, nel punto in cui andava formandosi una macchia rossa, e levò lo sguardo sulla zia, ammiccando per respingere le lacrime di dolore.
"Ti ho domandato se vorresti insegnare alla scuola di perfezionamento di Lady Cabot. Mio fratello pensa di essere in grado di trovarti un lavoro," sbottò zia Fanny.
Heather non credette alle proprie orecchie. "Come?"
William Court rise e spiegò: "Sono in ottimi rapporti con la scuola, e so che cercano una damigella di qualità, e tu parli bene e hai maniere eccellenti. A mio modo di vedere saresti perfetta per l'incarico, e a quanto mi risulta hai anche frequentato una scuola a Londra, il che ti sarà di grande aiuto." Si tamponò i labbroni prima di proseguire. "Magari, più avanti, potrei anche combinare per te un matrimonio adeguato con una illustre famiglia della città. Mi sembrerebbe un peccato sprecare tanta signorile grazia con un villano campagnolo di queste parti. Naturalmente, se riuscirò a concludere un contratto del genere, dovrò assegnarti una dote sostanziosa di cui pretenderò la restituzione una volta che ti sarai accaparrata un marito. È un po' una truffa, ma potrebbe risultare un vantaggio per tutti e due. Tu hai bisogno di una dote, che io sono in grado di assegnarti, e io mi avvantaggerò degli interessi sul prestito che tu sarai in grado di versarmi in seguito. Non c'è bisogno che nessuno sappia di una combinazione del genere e io so che sei abbastanza avveduta da riuscire a procurarti il denaro, una volta sposata. L'incarico da Lady Cabot ti sembra una cosa accettabile?"
Heather non era sicura di approvare in pieno i progetti matrimoniali di William Court, ma... andarsene dalla fattoria, da zia Fanny, da quell'esistenza noiosa! Frequentare di nuovo la società londinese... sarebbe stato meraviglioso!
"Parla, bambina. Qual è la tua risposta?" incalzò William.
Non riuscendo quasi a nascondere la gioia, Heather non esitò oltre. "L'offerta è oltremodo gentile da parte vostra, signore, e io sarò felice di accettarla."
William scoppiò di nuovo a ridere. "Bene! Bene! Non ti pentirai della decisione presa." Si fregò le mani. "Dovremo recarci a Londra domani. Ho trascurato anche troppo i miei affari e devo tornare a dare il cambio al mio aiutante. Credi di poter essere pronta a partire, bambina?" Si agitò sotto il naso il fazzoletto di pizzo e tornò a premerselo sulle grosse labbra.
"Oh, sì, signore. In qualsiasi momento decidiate di partire, sarò pronta a seguirvi," disse felice.
"Bene, bene. Allora è tutto sistemato."
Heather sparecchiò con un nuovo stato d'animo sapendo che sarebbe stata quella l'ultima volta che faceva sparire i resti di un pranzo in quel cascinale. Era troppo presa dalla felicità per curarsi di conversare con la zia mentre la donna la stava a osservare, e quando si trovò da sola dietro la tenda penso a tutte le delizie derivanti dal non dover più fare i conti con zia Fanny. Qualsiasi posizione a Londra sarebbe sempre stata meglio che dover vivere sotto il tallone di quella donna e doverne subire le angherie. Heather non sarebbe più stata vittima delle parole aspre, della collera violenta, e forse, da qualche parte, avrebbe incontrato qualcuno che le volesse bene.
Furono necessari ben pochi preparativi per il viaggio del giorno successivo in quanto tutto ciò che possedeva era ciò che indossava quella sera e che avrebbe indossato anche l'indomani. S'infilò completamente nuda sotto la coperta del giaciglio. Le pizzicava la pelle, e quando il vento recava sulle sue ali il gelo invernale non riusciva a infonderle sufficiente calore. Heather ridacchiò di piacere all'idea di non dover più combattere con quella coperta. Mancava meno di un anno all'inizio di un nuovo secolo e Heather si chiese che cosa avessero in serbo per lei gli anni a venire, ora che le si presentava quella nuova occasione di vivere ed essere felice.
Il pomeriggio del giorno seguente partirono alla volta di Londra con la carrozza di William Court, e Heather trovò il viaggio oltremodo piacevole. La campagna che si stendeva ai lati della strada era verde e lussureggiante in giugno. Heather non aveva notato le stesse brughiere quando, due anni prima, aveva viaggiato alla volta della casa della zia, ma ora che era diretta a sud verso Londra, si disse che la bellezza del panorama era incomparabile.
Il signor Court si dimostrò un ospite cortese e molto premuroso. Heather era in grado di parlare con lui perlomeno degli avvenimenti contemporanei della società londinese e rise allegramente udendolo raccontare episodi relativi alla corte della reggenza. Una volta, levando lo sguardo, lo sorprese nell'atto di osservarla con un'intensità che non seppe definire, ma Court si affrettò a distogliere lo sguardo. Per un attimo si fece qualche scrupolo all'idea di recarsi a Londra da sola con lui, dal momento che, dopotutto, non era un tutore legale ma solo il fratello di una sua parente d'acquisto. Il disagio ben presto svanì, e Heather rifletté che Court era intento a studiarla in vista del futuro contratto di matrimonio che avrebbe potuto combinare.
Era buio quando raggiunsero la periferia di Londra. Il viaggio aveva indolenzito e ha faticato Heather per i continui sobbalzi e gli scossoni che la mandavano a urtare contro la parete della carrozza ogni volta che passavano su una buca. Provò un grande sollievo quando giunsero al negozio.
Nel locale, pezze di setta, mussolina, batista, velluto e raso di tutti colori e pesi erano impilate su tavoli e scafali. C'era tutto quanto una donna potesse desiderare per farsi confezionare un abito elegante. Heather guardò attonita la vasta scelta di tessuti e tutta eccitata si affrettò a tastare una stoffa, a esaminarne con cura un'altra, senza neppur notare la presenza di un uomo seduto a una scrivania in fondo al negozio.
William Court rise vedendo la muoversi per la stanza. "Avrai più tempo di esaminare ogni cosa in seguito, mia cara, ma ora vieni che ti presento il mio aiutante, il signor Thomas Hint."
Heather si voltò e vide uno strano ometto; decise all'istante che era la creatura più brutta che avesse mai visto. Grandi occhi liquidi sporgevano da un volto tondo e il naso era una cosa breve, appiattita, dalle narici dilatate. La lingua saettava di continuo su spesse labbra screpolate, ricordando a Heather le lucertole che aveva viste alla fattoria. La figura grottesca, ingobbita, era avvolta in una sontuosa seta scarlatta, chiazzata, al pari della camicia, di macchie di cibo. Il sorriso che le rivolse l'uomo era sbilenco e asimmetrico, con tutta una parte del volto che si contraeva in un orribile smorfia. Heather si disse che l'uomo avrebbe avuto un aspetto migliore se non avesse tentato di sorridere. In realtà, non riusciva proprio a capire perché William se lo tenesse in negozio. Era sicura che faceva fuggire per lo spavento più clienti di quanti riuscisse ad attirarne, e se ne attirava qualcuno doveva trattarsi di persone dalla mente sviata.
Come in risposta ai suoi pensieri dubbiosi, William Court prese a dire: "la gente è abituata a Thomas. Facciamo buoni affari perché la gente sa che conosciamo bene il mestiere. Non è così, Thomas?"
Per tutta risposta ottenne un grugnito indecifrabile.
"Ora, mia cara," proseguì William. "Desidero mostrarti il mio alloggio al piano di sopra. Credo che ne sarai soddisfatta."
La guidò verso il fondo del negozio, oltre una soglia nascosta da un tendaggio in una stanzetta dove l'unica luce pioveva da una finestrella. Da un lato c'era una scala che li portò in un corridoietto buio, sul quale si apriva un'unica porta. Si trattava di una porta in legno massiccio, elegantemente intagliata, in contrasto col nudo squallore del corridoio. William sorrise e la aprì per farla passare: Heather trattenne il fiato per lo stupore alla vista di ciò che c'era dietro. L'appartamento era sontuosamente arredato con mobili in stile Hepplewhite e Chippendale. Su uno splendido tappeto persiano erano raggruppati un divano di velluto rosso e due poltrone. Dalle pareti tinteggiate in colori chiari pendevano quadri a olio e grandi arazzi, e un lampadario di cristallo rifletteva prismi di luce su tendaggi di velluto rosso bordati di galloni e nappine dorate. Fragili statuine di porcellana erano disposte su tavoli assieme a candelieri di peltro, e un angolo della stanza era stato trasformato in sala da pranzo. Ogni arredo era stato scelto con cura e ovviamente non si era badato a spese.
Wiliam apri un'altra porta della stanza e si scostò per lasciar passare Heather. Oltre la soglia la fanciulla trovò un ampio letto a baldacchino, coperto da un drappeggio di velluto blu savoia. Accanto al letto era sistemato un comodino su cui erano posati un grosso candelabro e una ciotola di frutta fresca. Accanto alla ciotola era collocato un coltello dal manico d'argento.
"Oh, signore, che eleganza," sussurrò Heather.
William annusò una presa di tabacco ed ebbe un lento sorriso mentre la osservava muoversi verso uno specchio posto accanto al letto. "Mi permetto semplicemente qualche lusso, mia cara."
Se si fosse voltata proprio in quell'istante, Heather si sarebbe resa conto di ciò che l'uomo aveva avuto cura di nascondere fino a quel momento. Il desiderio che provava per lei traspariva chiaramente dai suoi occhi mentre lasciava correre lo sguardo sul suo corpo snello. William si voltò per timore che la fanciulla, girandosi, scoprisse nel suo sguardo la brama che ardeva in lui.
"Devi essere affamata, Heather."
Si avvicinò a un guardaroba e spalancò le ante. Dentro era appeso un vasto e colorito assortimento di abiti femminili, e William frugò finché non ne trovò uno beige di pizzo punteggiato di minuscole pietre scintillanti e foderato con una aderente sotto gonna color carne. Era molto bello e pregiato.
"Potresti indossare questo per cena, mia cara," sorrise William.
"È stato confezionato per una fanciulla della tua taglia che però non è mai tornata a ritirarlo. Mi sono spesso chiesto perché non sia venuta, visto che è una delle mie creazioni più belle. Probabilmente avrà scoperto che non poteva permetterselo." La scrutò da dietro le palpebre socchiuse. "Peggio per lei, ci guadagni tu. È un regalo che ti faccio. Indossalo stasera e mi farai un grande piacere."
Si avviò alla porta. Sulla soia, torno a voltarsi verso di lei. "Ho mandato Thomas a dire alla cuoca di farci servire la cena. Dovrebbe arrivare quanto prima, per cui ti prego di non privarmi troppo a lungo della tua dolce compagnia. Sei hai bisogno di qualche altro indumento, il guardaroba è a tua completa disposizione."
Heather sorrise esitante, stringendo a sé la preziosa veste, quasi incapace di credere che le appartenesse. Appena William si chiuse la porta alle spalle, la fanciulla si girò lentamente e fissò la propria immagine nello specchio, sempre stringendosi addosso l'abito.
Negli anni vissuti con la zia, Heather non aveva mai avuto modo di osservare la propria immagine riflessa, tranne per qualche fuggevole occhiata nel pezzo di specchio e, di tanto in tanto, in qualche pozzanghera. S'era quasi dimenticata del proprio aspetto. Ora era come aveva visto sua madre nel ritratto, la sua immagine fatta carne. Eppure non riusciva a spiegarsi perché la gente avesse giudicato e ancora ricordasse Brenna come una bella donna. Le bionde bellezze alte e pallide che frequentavano la corte e di cui aveva letto da ragazzina, quelle sì le erano sempre sembrate incarnare l'essenza stessa della grazia, non già le creature minute dai capelli scuri che somigliavano a lei.
Heather si deterse dal corpo il sudiciume della giornata e scovò una camicia di bucato nel guardaroba. Mettendosela, arrossì per l'indecente sfoggio del proprio corpo e si sentì un tantino più che perversa con indosso quell'indumento. La camicia era della più morbida batista, leggera, trasparente, e svelava completamente il suo corpo. Il corsetto scollato le copriva a malapena il seno. Heather era troppo avvezza agli indumenti infantili dei suoi anni più giovani per sentirsi del tutto a proprio agio in quella camicia, e tuttavia non poteva neppure tollerare l'idea di indossare la sua, logora e cenciosa, sotto una veste così bella.
Sorrise divertita fra sé.
Chi mi vedrà? Soltanto i miei occhi si poseranno anno su questa audace creazione, nessun altro la vedrà.
Rise per l'insensatezza di quell'idea e si accinse allegramente ad acconciarsi i capelli. Avvolse, arrotolò, arricciò e appuntò le lucenti ciocche nere in una pettinatura alla moda, rialzandole e scostandole dal viso. Il luogo di un'acconciatura semplicemente avvolta attorno al capo, decise di appuntarsi capelli in una massa di morbidi riccioletti che ricadevano l'uno sull'altro dietro la nuca. Concentrandosi un attimo sulle proprie capacità creative, raccolse il coltello da frutta dal tavolino e cominciò a tagliarsi piccole ciocche di capelli davanti alle orecchie, finché ogni ciocca non formò un morbido ricciolo che scendeva dalle tempie. Con un sorriso soddisfatto pensò alle urla di rabbia della zia e agli orribili epiteti di cui l'avrebbe gratificata se solo avesse potuto vederla.
Posso lievemente un dito sulla lama del coltello per saggiarne il filo, mentre pensava pigramente alla zia. Subito una goccia di sangue macchiò la lama. Abbozzando una smorfia e portandosi il dito alla bocca, posò il coltello e commentò tra sé che in futuro sarebbe stata molto cauta se avesse voluto affettare o sbucciare un frutto.
L'abito beige le causò altrettanta sorpresa della sottoveste: indossandolo, non aveva più l'aspetto di una ragazzina bensì quello di una donna perfettamente sbocciata. E in effetti, i diciott'anni che avrebbe compiuti il mese successivo avrebbero dimostrato che lo era. Ma c'era qualcos'altro, nell'abito, che la faceva sembrare stranamente diversa. Al pari della camicia, le copriva a malapena il seno, e la sottogonna creava l'illusione che non portasse neppure quel discutibile indumento. Appariva tentatrice, seducente, del tutto priva d'innocenza, una donna che sapeva destreggiarsi fra gli uomini, non già una fanciulla ancora intatta qual era.
Quando Heather uscì dalla camera da letto, William la stava aspettando. Anche lui aveva dedicato del tempo alla cura del proprio aspetto esteriore, cambiando la tenuta da viaggio con abiti più ricchi ed eleganti, e arricciandosi le corte ciocche di capelli che andavano facendosi sempre più radi attorno al suo volto grasso.
"Mia cara dolce Heather, la tua bellezza fa rimpiangere al mio cuore di non essere più giovane. Ho sentito parlare di grandi bellezze come la tua, ma mai, ho avuto occasione di vederne una con i miei occhi."
Heather mormorò con grazia un commento, prima che la sua attenzione scivolasse sul cibo che era stato portato nella sala. Avvertì gli aromi stuzzicanti che si levavano nell'aria. La tavola era stata apparecchiata con cristalli, porcellane e argenteria e un vero e proprio banchetto era predisposto sul tavolo di servizio: selvaggina arrosto, riso, gamberi al burro, pasticcini e frutta candita. Un vino leggero era contenuto in una caraffa posata come d'obbligo a un'estremità della tavola.
William, in quel momento, si riempiva gli occhi di altri piaceri, facendo scorrere lentamente uno sguardo d'apprezzamento sul corpo di Heather, senza più cercare di nascondere la propria brama. Le sue occhiate divoranti si posarono per un attimo sulla scollatura, dove dalla veste traboccavano le curve dell'attaccatura del seno. Mentre esaminava quelle morbide curve si passò la lingua sulle labbra spesse, pregustando impaziente il sapore di quella tenera, giovane carne.
Le scostò una sedia a capotavola e sorrise. "Siedi qui, fanciulla cara, e lascia che mi occupi di te."
Heather accondiscese e lo osservò mentre riempiva i piatti.
"La cuoca è un po' timida," osservò, mettendosi sul piatto una generosa porzione di riso. "È subito pronta a portarmi il cibo non appena glielo comando, ma scappa via prima che riesca a scorgerla. Con la stessa silenziosa efficienza fa sparire di nuovo tutto quanto, e io non ho nemmeno il tempo di rendermi conto che è venuta. Ma come scoprirai tra breve, e un'ottima chef de cuisine."
Iniziarono a mangiare, e Heather fu sbigottita dalla quantità di cibo che l'uomo era in grado di ingurgitare. Si sorprese a  chiedersi se alla fine sarebbe stato in grado di muoversi. Le guance rubiconde  non smettevano un attimo di masticare il cibo, e mentre divorava la deliziosa pernice e i pasticcini si leccava le dita unte e faceva di continuo schioccare le labbra. Ruttò più volte rumorosamente, facendo trasalire Heather.
"Quando comincerai a lavorare da Lady Cabot, avrai molte occasioni di conoscere alcuni degli uomini del ceto più ricco, e con la tua bellezza non ti ci vorrà molto per diventare la ragazza più corteggiata che abbia mai messo piede in quella casa."
Rise, sbirciandola con occhi vitrei da sopra il calice.
"Siete più che gentile, signore," replicò la fanciulla educatamente, benché pensasse che il vino doveva avergli ottenebrato un po' la mente. Solo pochi uomini frequentavano le scuole femminili, e quelli che lo facevano di regola avevano abbondantemente superato l'età matrimoniale e vi si recavano per motivi professionali.
"Sì," ghignò William un po' brillo. "Ma mi aspetto di essere ricompensato generosamente per i miei sforzi."
Fisso Heather con sguardo deciso, ma anche questa volta lei non lo notò, tenendo lo sguardo fisso sul bicchiere di vino che l'uomo reggeva nella mano malferma. Sì verso un po' del liquido sul panciotto e qualche goccia gli colò lungo il mento quando bevve un lungo sorso.
"Troverai la cosa di Lady Cabot alquanto diversa da qualsiasi luogo tu abbia mai conosciuto prima," farfuglio. "La madama ed io siamo soci e badiamo a che solo le fanciulle più graziose alloggino dietro le sue porte. Dobbiamo essere molto esigenti perché la casa è frequentata da gente ricchissima che ha pretese raffinate. Ma da te credo proprio che si possa ricavare una fortuna."
Heather decise che il pover'uomo era troppo ubriaco per sapere di che cosa stesse blaterando. Soffocò uno sbadiglio, avvertendo a sua volta gli effetti del vino, e desiderò ardentemente infilarsi nel letto.
William rise: "temo di averti infastidita con le mie chiacchiere, mia cara. Avevo sperato che non fossi troppo affaticata dal viaggio perché potessimo permetterci una lunga chiacchierata amichevole, ma vedo che dovremo rimandare la conversazione a domani." Levò una mano, quando lei tentò di protestare con grazia. "Non voglio sentire discussioni. Devi andare a letto. Se devo essere sincero, comincio ad avvertire anch'io il bisogno di fare altrettanto. Mi farebbe un grande piacere saperti adagiata su quei soffici guanciali di piuma."
Bene o male, Heather scivolò in camera da letto, col calore del vino che le scioglieva ogni nervo, ogni arto. Udì William ridacchiare tra sé mentre si chiudeva la porta alle spalle, e si appoggiò al battente e rise anche lei, sapendo che tutto stava mutando nella sua vita. Si accostò a passo di danza allo specchio, sentendosi un po' brilla, e si sprofondò in una riverenza.
"Ditemi, Lady Cabot, vi piace il mio abbigliamento? Se soddisfa la vostra vista, dovreste vedere le vesti che mi faceva indossare la zia."
Ridendo, piroettò su se stessa e spalancò le ante dell'armadio per esaminare l'assortimento di abiti che vi erano contenuti. Certo, pensò, William non avrebbe avuto niente in contrario se si rallegrava gli occhi osservandoli. Le erano sempre piaciuti i begli abiti, ed era stato terribile indossare i vecchi stracci della zia. Scelse alcuni vestiti per ammirarli più attentamente, li tolse dall'armadio e se le accostò al corpo davanti allo specchio, abbandonandosi al sogno di possedere indumenti così belli.
Non sentì aprirsi la porta alle sue spalle, ma quando venne spalancata si girò di scatto e vide William ritto sulla soglia con indosso una vestaglia. I suoi dubbi crebbero rapidamente fino a spazzar via ogni traccia di fiducia. Di colpo le fu chiaro perché l'uomo si trovava lì e il fatto destò in lei profonda sorpresa, dal momento che l'aveva collegato con zia Fanny e le sue severe opinioni riguardo a faccende del genere. Restò a fissarlo, attonita, avvertendo il peso della trappola che le era scattata addosso. Vi era caduta dentro come un agnello destinato al sacrificio. Gli occhi di William ardevano nel volto rubicondo e un sorriso disgustoso gli piegava le grosse labbra. Si girò a chiudersi la porta alle spalle e fece dondolare oziosamente la chiave per stuzzicarla, prima di lasciarsela cadere in tasca. Il suo sguardo la percorse da capo a piedi e parve godere alla paura che le lesse in volto.
"Che volete?" mormorò Heather.

Ciao ragazzi! Volevo avvisarvi che farò il possibile per aggiornare in fretta ogni volta! Che mi dite della storia? Continuate a leggere e fate pubblicità, anche sui social! Ricambio😘🍀

IL fiore e la fiammaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora