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I primi albori del giorno già tingevano il cielo a est, quando Heather si riscosse e poi si destò del tutto, rendendosi conto di dove si trovava. Tentò di spostare la testa, ma constatò che i capelli erano imprigionati dal braccio che Brandon teneva ripiegato sotto la testa bruna. L'altro braccio del capitano le premeva sul petto e un ginocchio le si era insinuato con noncuranza tra le gambe.
Cautamente, Heather cercò di sottrarsi alla pressione del corpo di lui, ma ottenne il risultato di svegliarlo. Prima che Brandon si destò del tutto, la fanciulla rimase distesa e chiuse gli occhi timorosa, respirando profondamente come se ancora dormisse.
Brandon aprì gli occhi ed esaminò con calma quel volto accanto al suo, ammirandone emozionato la squisita bellezza. Le lunghe ciglia nere contrastavano con la pelle lattea e perfetta, e le fragili palpebre celavano al suo sguardo gli occhi, che erano limpidi e profondi e del colore degli zaffiri. Brandon se li ricordava perfettamente: avevano un taglio a mandorla oltremodo affascinante, al pari delle seriche sopracciglia che spiccavano nette nel suo volto, simili a due ferite rivolte all'insù. La bocca aveva una curva gentile, era rosea e seducentemente morbida, e il naso diritto e dall'ossatura delicata. Louisa sarebbe diventata verde per l'invidia, se mai le due donne avessero avuto modo d'incontrarsi, il che era molto improbabile. Brandon sorrise all'idea. La sua fidanzata era molto fiera della propria bellezza e non le sarebbe andato assolutamente a genio di dover passare in secondo piano di fronte a quella ninfetta. C'era chi aveva addirittura proclamato che Louisa era la più bella donna di Charleston, benché in città le bellezze non facessero difetto. Brandon non ci aveva mai fatto molto caso, ma supponeva che fosse vero. I capelli d'oro e i caldi occhi nocciola di Louisa erano una gioia per gli occhi, e la sua figura alta e formosa sapeva donare intenso piacere nell'atto d'amore. E tuttavia, questa Heather, con la sua bellezza morbida e delicata, non avrebbe lasciato dubbi in città a chi spettasse la palma della più avvenente.
Si protese a sfiorarle con un bacio l'orecchio, mordicchiandone il lobo. Avvertendo la sua vicinanza e prima di riuscire a pensare, Heather spalancò gli occhi.
"Buongiorno, amore," bisbigliò Brandon piano, e si sollevò sopra di lei per baciarla sulle labbra.
La fanciulla giacque perfettamente immobile, timorosa di eccitare la passione dell'uomo con un gesto qualsiasi. Ma Brandon non aveva certo bisogno di essere eccitato. Già il fuoco della passione gli ardeva con violenza nei lombi e andava divampando sempre più a ogni minuto che passava. I suoi baci si spostarono dalle labbra agli occhi e poi giù alla gola e si arrestarono sulla spalla dove i denti mordicchiarono dolcemente, facendole scorrere brividi nella schiena. Heather sgranò gli occhi orripilata quando lo yankee premette la bocca barbuta sul capezzolo roseo e cominciò a titillarlo delicatamente con la lingua.
"No!" Ansimò. "Non fatelo!"
Lui levò lo sguardo acceso, sorridendo. "Dovrai abituarti alle mie carezze, ma petite."
Heather si ritrasse sotto lo sguardo di quegli occhi divertiti e lottò per girarsi dall'altra parte, implorandolo: "No. Vi prego, no. Non fatemi male di nuovo. Lasciatemi in pace."
"Non ti farò del male questa volta, dolcezza," sussurrò lui contro l'orecchio, coprendolo di teneri baci.
Il peso del suo corpo l'inchiodava supina nella cuccetta, e a questo punto Heather si mise a lottare con tutte le sue forze. Tenne le ginocchia serrate e intanto tentava di graffiarlo o artigliarlo dovunque potesse, ma sempre una mano o un gomito era lì a frustrare i suoi tentativi. Brandon rise come se si divertisse ai suoi sforzi.
"Siamo molto più battaglieri stamani, eh damigella?"
Poi le braccia di Heather vennero lentamente sollevate ai lati della testa e lì trattenute senza difficoltà da una delle mani di lui. Con l'altra mano Brandon le prese un seno e giocherellò a suo piacimento, mentre Heather si divincolava e lottava per sottrarsi alla sua forza schiacciante. Con un ginocchio la costrinse ad aprire le cosce e a divaricarle, e di nuovo la fanciulla si sentì trafiggere dalla sua virilità.
Non ci furono lacrime questa volta, ma nella sua mente cominciarono ad accumularsi odio e paura. Quando l'uomo si staccò da lei, si affrettò a scostarsi, rintanatosi nell'angolo della cuccetta, gli occhi sbarrati e colmi di dolore e paura come quelli di un capriolo ferito. Lui la osservò sconcertato, poi le si sedette accanto.
Allungò una mano a carezzarle la guancia, desideroso di consolarla, ma lei si ritrasse come davanti a un ferro rovente; con una punta di sorpresa Brandon si rese conto che era lui a spaventarla.
Il suo volto si rannuvolò ancor di più e le sue dita le si insinuarono tra i capelli, ravviando dolcemente le ciocche seriche che ora sembravano solo una massa disordinata e arruffata.
"Tu mi incuriosisci, Heather," mormorò con dolcezza. "Avresti potuto ottenere un dono regale per quello che mi hai dato alcune ore fa, eppure vagabondavi per le strade al pari di una qualsiasi prostituta; a quanto mi è stato detto, hai accondisceso senza difficoltà a venire qui, senza neppure tentare di patteggiare, né ieri sera hai accennato minimamente al fatto che eri ancora intatta, vergine, o tentato di concordare con me il prezzo. L'abito che indossavi è sontuoso, vale di più di quanto certe donne della strada riuscirebbero a guadagnare in un anno, e tuttavia, lo giurerei, sei di estrazione completamente diversa, tanto diversa che non so nemmeno immaginare perché tu abbia venduto così la tua verginità, correndo il rischio magari di farti violentare e di perderla per niente."
Heather lo fissò in silenzio, senza comprendere appieno il significato delle sue parole.
"Sembri di origine elevata, non certo il tipo di ragazza che va in giro per le strade o lo fa per mestiere. La tua bellezza è fuori dal comune, poche la possiedono, e porti vesti costose, eppure," mormorò prendendole una mano tra le sue e volgendone il palmo all'insù, "le tue mani portano i segni della fatica." Fece scorrere leggermente un dito sul palmo della mano, poi vi posò un bacio. Senza staccarne lo sguardo, riprese a parlare sottovoce. "Quando sei arrivata qui ieri sera eri calma e riservata, ma solo un attimo fa ti sei difesa da me con le unghie e coi denti e mi hai impedito di essere gentile."
Mentre l'uomo parlava, la mente di Heather galoppava febbrilmente. Il capitano non era un rappresentante della legge? Buon Dio, quale prezzo aveva mai pagato per la paura e il panico? Sarebbe stato meglio se fosse rimasta ad affrontare gli uomini della Reggenza anziché trovarsi lì, deflorata e oppressa dalla vergogna, o meglio ancora se non avesse mai abbandonato il luogo dove abitava per venire a vivere in città.
"Ma non devi aver paura, Heather. Provvederò generosamente a te e vivrai agiatamente. Sono arrivato solo ieri dalla Carolina e mi fermerò a lungo in porto. Resterai con me fin quando starò qui. Ti sistemerò in una casa tutta tua prima di..."
Fu interrotto da una risata sonora, acuta, isterica, ora che Heather aveva afferrato appieno l'assurdità della situazione. È un po' alla volta la risata si spense in un accesso di singhiozzi, mentre le lacrime le colavano copiose lungo il viso. La fanciulla chinò la testa e i capelli si sparsero sulle spalle a nascondere il corpo. Lacrime le caddero sulle mani strette in grembo mentre i singhiozzi scuotevano il fragile corpo. Alla fine gettò indietro la testa e lo guardò con occhi arrossati.
"Non vendevo la mia mercanzia per le strade," disse con voce strozzata. "Semplicemente mi ero smarrita e non riuscivo a ritrovare la strada."
Lui la fissò per un lungo istante in un silenzio attonito, poi aggrottò la fronte confuso. "Ma hai seguito i miei uomini senza protestare."
Heather scosse la testa in preda a un'indicibile sofferenza. Quell'uomo non sapeva. Non sapeva assolutamente nulla di lei. Era solo un marinaio che veniva da un paese straniero. Soffocata dalle lacrime, giurò a se stessa che Brandon non avrebbe mai saputo di quale ben più grave peccato si fosse macchiata.
"Credevo che fossero stati mandati a cercarmi. Mi ero allontanata da mio cugino e avevo smarrito la strada. Ho creduto che i vostri uomini fossero mandati da mio cugino."
La testa le ricadde contro la parete e le lacrime tracciarono umidi rivoletti lungo il volto, colando fin sul petto nudo, scosso da un pianto silenzioso. Brandon guardo quei seni tondi e pallidi, e il viso gli si fece ancor più cupo mentre si chiedeva quali ripercussioni ci sarebbero state per la sua azione. Magari la ragazza era imparentata con qualche alto funzionario. Avvertiva quasi il freddo acciaio della mannaia che gli si batteva sul collo. Si alzò dal letto e si fermò lì vicino, girando le spalle alla ragazza.
"Chi sono i tuoi genitori?" domandò rauco. "Una fanciulla bella e ben educata come te deve avere molti amici a corte o provenire da una famiglia molto influente."
Heather scosse stancamente la testa contro la parete. "I miei genitori sono morti e non ho mai frequentato la corte."
Brandon si avvicinò alla veste che giaceva sul pavimento. La raccolse e si voltò reggendola in mano. "Devi essere ricca. Questo abito non costa di certo pochi pense."
Heather lo guardò e rise, un tantino divertita. "Non possiedo un soldo bucato, signore. L'abito, me l'ha donato mio cugino. Lavoro per guadagnarmi da vivere."
L'uomo abbassò lo sguardo sulle pietre scintillanti dell'abito.
"E questo cugino non si starà preoccupando per te e non starà girando per tentare di ritrovarti?"
Heather rimase in silenzio, abbassando lo sguardo sulla propria nudità. "No," mormorò. "Mio cugino non è tipo da preoccuparsi a lungo per una faccenda del genere."
Brandon sorrise sollevato e drappeggiò il vestito sullo schienale di una sedia. Si accostò alla catinella e cominciò a lavarsi. Qualche istante più tardi si girò a guardare la ragazza che si sollevava dalla cuccetta, e il suo sguardo ne percorse lentamente il corpo senza lasciarsi sfuggire neppure un particolare delle seducenti curve. Heather avvertì il suo sguardo e si strinse le braccia contro il corpo per nascondere la propria femminilità, e l'uomo rise piano e tornò a voltarsi verso lo specchio, accingendosi a radersi mentre lei frugava frettolosamente nel fagottino in cerca della vecchia camicia.
"Non c'è motivo, dunque, Heather, perché tu non possa stare con me e diventare la mia amante. Ti troverò casa in città. Tu potrai vivere nel lusso e io godere delle tue grazie. Ti verserò una cospicua somma di denaro in modo che tu non debba più cercare altri uomini, cosa che del resto non ti permetterei. In futuro sarà possibile che io debba tornare e che abbia bisogno di compagnia femminile durante il mio soggiorno. Mi piacerebbe pensare che si è già provveduto alla faccenda."
Per un attimo Heather fu quasi sopraffatta dall'odio per quell'uomo. Non aveva mai provato niente di simile per nessuno, prima. L'atteggiamento noncurante di Brandon nei suoi confronti e la faccenda nel suo complesso la mandavano talmente sulle furie che avrebbe avuto voglia di urlare di rabbia e scagliarglisi addosso e strappargli a brani la pelle da quel bel volto. Ma pensò bene di non farlo quando si avvide, ora che lui volgeva le spalle a lei e alla porta, della possibilità di fuggire. Con indosso soltanto la camicia, si morse le labbra per frenarne il tremito e prese la veste dalla sedia. Si strinse al petto il fagottino. Mosse un passo in direzione della porta con grande cautela, sentendosi il cuore in gola, poi fece un altro passo.
"Heather!" disse Brandon con voce tagliente, facendola trasalire e mandando in fumo tutte le sue speranze di fuga. Si voltò impaurita e vide gli ardenti occhi verdi appuntati su di lei, mentre l'uomo affilava con noncuranza il rasoio, e allora seppe cosa significhi il terrore, un terrore orribile che le penetrava fin nell'anima.
"Credi forse che sia disposto a lasciarti sgattaiolare via? Sei troppo unica per trovarti un rimpiazzo e non ho la minima intenzione di permettere che mi sgusci tra le dita."
La calma mortale della sua voce profonda era più terrificante di quanto fossero mai state le violente urla di zia Fanny. Tremò di fronte a lui, mentre tutto il sangue le defluiva dal volto. Brandon afferrò la coramella e il battito del cuore di Heather quasi soffocò il fruscio del cuoio sul quale l'uomo affilava il rasoio. La fanciulla sgranò gli occhi e si ritrasse impaurita. Un sorrisetto diabolico incurvò le labbra di Brandon, che fece schioccare le dita additando la cuccetta.
"Adesso torna là."
Heather era abituata a prendere ordini e obbedì senza fiatare, terrorizzata da quello che l'uomo avrebbe potuto fare se non si fosse mostrata docile. Sempre stringendo a sé il fagottino e il vestito, si sedette sulla cuccetta e alzò lo sguardo su di lui come se si aspettasse di essere frustata. Brandon lasciò cadere la coramella sul tavolo e, asciugandosi il volto con una salvietta, si accostò alla cuccetta e ristette a guardarla per un momento. Poi gettò la salvietta su una sedia e le tolse di mano la roba. Indicò la camicia.
"Toglitela."
Heather deglutì. Gli occhi le corsero lungo il corpo dell'uomo e si dilatarono ancor di più: stava perdendo rapidamente l'innocenza.
"Per favore..." ansimò.
"Non sono un tipo paziente, Heather." La voce di Brandon era tremendamente minacciosa.
Le dita della fanciulla tremavano mentre scioglieva i nastri e slacciava i bottoncini tra i seni. Afferrò la camicia per l'orlo e la sollevò sopra la testa. I suoi occhi si alzarono vergognosi verso l'uomo; sentiva lo sguardo ardente di lui sul proprio corpo.
"E adesso sdraiati!"
Heather di adagiò sulla cuccetta, e l'intero suo essere fremette per la paura dell'uomo e di quello che l'aspettava. Tentò di coprirsi con le mani, avvertendo l'orribile umiliazione di starsene lì nuda e indifesa.
"No," disse l'uomo e le scivolò accanto, attirandone a sé il corpo tremante.
"In nome di Dio," gemette la fanciulla. "Non vi basta dunque di esservi impadronito dell'unica cosa che avevo da donare? Dovete proprio continuare a torturarmi ancora?"
"Tanto vale che accetti la tua sorte di amante, dolcezza mia, e apprenda le arti raffinate della professione. La prima cosa che ho intenzione di insegnarti è che non dev'essere necessariamente doloroso. Ti sei già difesa due volte contro di me e l'ultima volta sei stata tu stessa la causa della tua infelicità. Questa volta ti rilasserà e mi lascerai fare a modo mio, senza ribellarti, e anche se può darsi che ancora non ne cavi piacere, vedrai che quando ti dico risponde a verità."
"No! No!" gridò la fanciulla, tentando di svincolarsi, ma Brandon le premette saldamente una mano all'altezza della vita.
"Sta' ferma."
Ancora una volta l'uomo comandò, e ancora una volta Heather obbedì. Lo odiava, ma la paura che provava era di gran lunga più intensa dell'odio, ed era scossa da un violento tremito.
"È così che trattate vostra moglie?" Domandò, al colmo dell'infelicità.
Lui sorrise e si chinò sulle labbra della fanciulla. "Non sono sposato, dolcezza."
Heather non disse niente quando il bacio terminò, e giacque irrigidita, in attesa. Brandon non fece neppure il tentativo di possederla. Si mise invece a giocherellare dolcemente con lei, carezzando, titillando delicatamente, prendendole i seni tra le mani e stampandole baci su tutto il corpo.
"Rilassati," le mormorò contro la gola. "Resta lì ferma e non resistermi. Più avanti imparerai quello che dà piacere a un uomo. Per il momento basterà che te ne stia immobile."
La sua mentre galoppava freneticamente e la lingua non era in grado di spiccicare una parola. Mentre se ne stava lì a subire quei palpeggiamenti, le sfilò dinanzi agli occhi tutta la sua vita, come se fosse in punto di morte; si chiese quale grande peccato avesse mai commesso per dover subire, in quegli ultimi anni, tante crudeltà e angherie. E tuttavia, persino le interminabili tirate di zia Fanny erano preferibili al fatto di dover giacere lì, alla mercé delle manacce di quell'uomo. Intrappolata! Prigioniera! Come un uccellino preso nella rete, e ora, grasso e rosolato a puntino, se ne stava ad aspettare sul vassoio mentre lui affilava il coltello per farla pezzi. E una volta consumato il banchetto, che altro? Lo stesso tavolo? La stessa cena? Ancora e ancora? Nessun innocente volatile aveva mai di certo dovuto subire il suo fato più di una volta.
Si sentì divaricare le cosce e non seppe reprimere un gemito quando lui la penetrò. "Calma, dolcezza," sussurrò Brandon.
Heather chiuse gli occhi più forte che poté, tentando di soffocare le paure che la stavano travolgendo. Non c'era più niente da fare, ora, se non lasciare che Brandon soddisfacesse il proprio capriccio.
Quando giacque spossato su di lei, le bisbigliò contro i capelli:
"Ti ho fatto altre ammaccature, damigella?"
Sempre a occhi chiusi Heather girò la testa di lato. Detestava anche solo il pensiero di lui. Lo yankee le si fece ancora più vicino, sollecitando una risposta.
"Ti ho fatto male questa volta?"
"No," rispose la fanciulla con voce strozzata.
L'uomo rise piano e, liberandola dal suo abbraccio, si levò a sedere sulla cuccetta accanto a lei e la coprì con lenzuolo.
"Non mi hai proprio l'aria di una frigida, ma petite," esclamò, sfiorandole con la mano la curva della coscia e dei fianchi, "solo un po' riottosa per il momento. Quanto prima imparerai ad apprezzarlo. Per ora accontentati di imparare ad accettarlo."
"Mai!" fece Heather quasi singhiozzando. "Vi odio! Vi detesto! Vi disprezzo! Mai, neppure tra un milione di anni!"
"Cambierai opinione," rise Brandon, rialzandosi. "Un giorno sarai tu a chiederlo."
Heather si girò rabbiosa, voltandogli le spalle e tirandosi il lenzuolo sulla schiena. Brandon tornò a ridacchiare e allungò una mano a carezzarle le natiche.
"Aspetta un po', Heather, e vedremo chi di noi due ha ragione."
La fanciulla era letteralmente scossa dalla collera. Quell'uomo era così sicuro di sé, di lei, dell'avvenire. Aveva programmato tutto alla perfezione. E che cosa poteva opporgli, lei? Non le restava che implorare pietà, ma anche così, lui avrebbe fatto orecchie da mercante. Se solo ne avesse avuto l'occasione, però, sarebbe fuggita.
Sorrise tra sé, al pensiero, e si sentì un po' più sollevata. Prima o poi l'occasione si sarebbe presentata, e non avrebbe esitato a coglierla. Il solo pensiero della fuga le calmò i nervi tesi al massimo, per cui si abbandonò sul guanciale, tendendo l'orecchio a Brandon che si muoveva per la cabina alle sue spalle. Le palpare le si appesantirono, e il sonno scacciò anche quei pensieri più tranquillizzanti.
Quando Heather si svegliò, aprì gli occhi senza muoversi. La stanza era quieta e silenziosa e  la fanciulla credette di essere finalmente sola, ma quando si girò sulla schiena vide Brandon alla scrivania con la penna in mano, intento a scorrere con lo sguardo i registri.
Era vestito di tutto punto e pareva che per il momento si fosse scordato di lei, preso com'era dal lavoro. A giudicare dall'attenzione che le prestava, lei avrebbe potuto essere un semplice arredo della stanza. Heather lo osservò con calma. Non si poteva di certo negare che fosse un bell'uomo, fisicamente splendido. Un tempo avrebbe potuto persino sognare un uomo del genere. Ma mai, in quei sogni innocenti e romantici, s'era immaginata che l'amore le sarebbe giunto sulle ali della violenza, o che potesse essere tenuta prigioniera contro la sua volontà allo scopo di soddisfare i bassi istinti di un uomo.
"Ti senti meglio?" domandò Brandon, alzando gli occhi e vedendo che lei lo guardava. Sorrise e si levò dalla scrivania. "Spero che tu abbia fame. Ho aspettato di far colazione con te."
Heather si levò a sedere nell'angolo del letto, stringendosi al petto il lenzuolo; i capelli le ricaddero in disordine sulle spalle.
"Vorrei vestirmi," mormorò, scrutandolo cautamente mentre veniva ad appoggiarsi a una trave sopra la cuccetta.
L'uomo sorrise con calore. "Se proprio devi, amore mio." Le puntò addosso gli occhi. "Hai bisogno di aiuto?"
Heather si sarebbe addirittura arrampicata sulla parete per sfuggirgli. "Non toccatemi!" gridò.
"Ah, vedo che la mia gattina ha sfoderato gli artigli." La fissò negli occhi. "Vuoi che ti faccia fare le fusa, dolcezza mia?"
"Mi metterò a urlare," gemette Heather. "Provate a mettermi una mano addosso, e urlo." I denti bianchi dell'uomo balenarono in un sorriso mentre tendeva una mano e afferrava la fanciulla per i polsi e l'attirava a sé. I suoi occhi imprigionarono letteralmente quelli di Heather.
"Credi davvero che servirebbe a qualcosa?" domandò, come se si divertisse. "A meno che non li chiami, i miei uomini girano al largo da questa cabina quando me la spasso. E poi, mia cara, posso facilmente soffocare le tue urla con i miei baci."
Heather si ritrasse, scossa da un brivido di repulsione mentre lo sguardo dell'uomo la percorreva da capo a piedi; ma Brandon si limitò a lanciare una risata. Passandole un braccio attorno alla vita, la costrinse a levarsi in piedi.
"Sei davvero seducente, damigella, ma non è ancora giunta l'ora della seconda lezione. Il mio domestico aspetta di servirci da mangiare."
Si allontanò da lei per andare ad aprire uno stipo accanto al letto, da cui trasse una veste da camera maschile che le porse.
"Ti andrà un po' larga, ma è quanto di meglio possa offrirti per il momento." Sorrise. "Oggi pomeriggio ti accompagnerò a comprare qualche abito. Se somigli alla maggior parte delle altre donne, la cosa dovrebbe rallegrarti."
Heather si affrettò ad avvolgersi la vestaglia attorno al corpo, e vi si trovò molto persa. Non v'era dubbio che l'indumento appartenesse a Brandon, perché le andava larghissimo. Le maniche le coprivano interamente le mani e l'orlo strisciava sul pavimento, per cui dovette sollevarne una trentina di centimetri per poter camminare.
Un lieve sorriso sfiorò le labbra di Brandon, i suoi occhi brillarono, osservandola. L'aiuto a rimboccare le maniche.
"Se è possibile essere gelosi di un semplice indumento, damigella, allora di questo lo sono, e se questa vestaglia fosse una creatura viva, ti garantisco che sarebbe perfettamente consapevole della sua fortuna."
Heather distolse lo sguardo innervosita. "Mi è consentita un po' di intimità per lavarmi, signore?" Si strinse la vestaglia alla gola e bisbigliò: "Per favore."
Brandon abbozzò un profondo inchino e sorrise. "Ogni tuo più piccolo desiderio è un ordine, damigella. Vi sono comunque certe faccende relative al carico che necessitano delle mie cure, per cui posso concederti un po' di tempo."
Heather lo adocchiò furtiva mentre si accostava alla porta, e prima di aprirla, Brandon si voltò a lanciarle un'occhiata e un sogghigno diabolico, poi uscì facendo udire una risata.
Heather si lasciò sfuggire un piccolo sospiro di sollievo e si avvicinò al lavabo per versare dell'acqua nella catinella. Sì strofinò energicamente ogni palmo del corpo finché la pelle non assunse un sano colore rosato. Bramava ardentemente una tinozza fumate in cui potersi immergere e rimuovere dal proprio corpo fin l'ultima traccia e ricordo di lui, del lieve velo di sudore che aveva imperlato il corpo di lui e poi anche il suo, la sensazione delle sue mani sopra di lei, il ricordo dei suoi baci asfissianti. Ogni cosa. Persino la più lieve prova che era stata sua.
L'acqua fresca contribuì almeno in parte a sollevare il suo umore depresso, e Heather indossò la camicia logora e la veste rosa, sentendosi un po' meglio. Sì passo le dita fra i capelli, cercando di ravviarsi alla bell'e meglio, poi ripose la vestaglia nello stipo, notando, mentre lo faceva, gli indumenti di buon gusto e ovviamente costosi che vi erano contenuti. Era irritante pensare che non poteva neppure ridere in segreto del pessimo gusto con cui Brandon sceglieva il proprio abbigliamento.
Una volta completata la toeletta, fu ripresa dal nervosismo e, avendo bisogno di qualcosa con cui occupare i pensieri, prese a rimettere ordine nella cabina disseminata di indumenti. Quelli di Brandon erano gettati sulla schienale di una sedia, il suo vestito beige su un'altra. La camicia stracciata era ancora dove Brandon l'aveva lasciata cadere dopo avergliela strappata di dosso. Heather la raccolse e constatò che era impossibile ripararla.
Le sue mani sono capaci di distruggere, rimuginò tra sé.
Con rinnovata collera si accostò alla cuccetta e prese a lisciare le lenzuola finché lo sguardo non le cadde sulle macchie di sangue che le insudiciavano, e allora si rese conto che quel sangue era suo, che costituiva la prova della sua verginità. In un accesso di rabbia, strappò le lenzuola dal letto e le gettò a terra.

Ciao a tutti! Vi chiedo scusa per il ritardo ma ero presa dai preparativi del concerto di Laura Pausini a Cagliari e da altri motivi personali. Ecco a voi la penultima parte del primo capitolo, commentate e votate😘🍀

IL fiore e la fiammaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora