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Non vorrei mai offendere nessuno, ma sono così stupidamente timido che spesso sembro freddo e indifferente mentre invece sono trattenuto soltanto dalla mia goffaggine naturale.
      -Jane Austen




Ponendo fine al legame creatosi tra i nostri occhi, capisco quanto in realtà sia stata scortese la scelta di entrare, sapendo che nell'ufficio non vi era unicamente la direttrice. Sentendomi a disagio cerco di porre rimedio.

"Ehm... Scusi Direttrice per il disturbo, non sapevo ci fossero altre persone. Sam mi ha riferito che voleva vedermi. Aspetto qui fuori? O preferisce che ritorni più tardi?"

Cerco di incrociare il suo sguardo ma questo catturandolo mi rivela solo un senso di malinconica tristezza, che mi fa pentire di essere entrata. La osservo meglio e come se volesse rispondere alla mia occhiata confusa piega le sottili labbra all'insù in un lieve sorriso quasi forzato.

È una delle mia caratteristiche, quella di soffermarmi persino sul più piccolo dei dettagli, quei particolari che celano numerose verità.

Rimane in silenzio abbassando gli occhi sulla scrivania, piena di documenti vari, segno che sta cercando le parole giuste da pronunciare.

Questo suo indugiare non fa altro che aumentare il senso di inquietudine che ben presto si dirama in tutto il mio petto, appesantendo per qualche istante il cuore.

"Megan, in realtà ti ho chiamato per un motivo. Questo richiede la tua presenza e quella dei signori Collins, che hai avuto già il piacere di incontrare. "

C'è qualcosa nel tono utilizzato dalla signora Evans che mi spinge a piantare i piedi al pavimento, in attesa  dell'ennesimo rimprovero.

Non ho il coraggio di rialzare il volto, troppo spaventata dall'opinione che la coppia potrebbe avere di me. Quindi preferisco restare in silenzio aspettando che la direttrice ricominci a parlare.

"Mi è difficile darti questa notizia, ti ho visto crescere e non sei più la bambina che tanti anni fa è stata lasciata qui, sei diventata una donna forte e indipendente ed è giusto che anche tu abbia una vita, un futuro migliore che io non posso assicurarti qui dentro"

Queste parole aumentano il mio disagio, facendomi pensare al peggio. Dovrò imparare a cavarmela da sola? Non avrò neanche questo posto? Dove finirò? Cosa ne sarà di me?

"Preferirei che foste voi, Elizabeth e Tom, a darle questa notizia" rivolge uno sguardo ai due, uno sguardo nostalgico e criptico un po' come è sempre stata, misteriosa e indecifrabile.

Elizabeth. Tom.

Sentendo pronunciare questi nomi, come un richiamo, finalmente rialzo lo sguardo posandolo sulla coppia. Noto le loro mani congiunte, un'unione che sembra confortare la minuta donna dagli occhi preoccupati, ma dalla delicata voce sicura.

"Megan poche ore fa mi hai parlato di speranza. Tutti noi abbiamo bisogno di questa fiduciosa attesa di bene. Io e Tom sappiamo che non sarà facile, ma vorremmo essere noi a nutrire questo sentimento che da come ne hai parlato, sembra essere carente in te ed ancora necessario. Vogliamo, come dici tu, darti una possibilità, solo se anche tu vorrai darne una a noi, perché in qualche assurdo modo sento che tu faccia già parte della mia vita."

Elizabeth termina di parlare così, nei suoi occhi la preoccupazione è mutata di nuovo nello scintillio che avevo notato prima di lasciarli entrare nell'ufficio. All'inizio era a me indecifrabile, adesso invece mi appare chiaro ed evidente, esprime uno dei sentimenti più puri e genuini, quel profondo amore che solo un genitore può provare per una creatura indifesa e fragile.

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