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"Il dolore però non è passato. Era sempre lì, e mi tirava dentro, pretendeva di essere sentito."
-John Green



Alcune volte rifletto su cosa ne sarà del mio futuro. Tantissimi ragazzi qui hanno avuto una storia complicata ma nessuno ha vissuto la mia. Io, che non sono stata accettata neanche da qualcuno con il mio stesso sangue, so già che sicuramente nessun altro potrebbe accettarmi e   prendermi sotto le sue ali. È questo stato di continua incertezza a spaventarmi tremendamente.
Non manca molto al compimento del mio diciottesimo compleanno. E per quanto vorrei che questi due anni passassero velocemente, allo stesso tempo non saprei più dove stare.

Gli anni qui sono stati un vero inferno, ma non riesco a vedere una vita fuori da qui. È vero che sono cresciuta sola ma per lo meno con un tetto sopra la testa.

Inoltre per quanto la direttrice si sia comportata come una strega, non diversamente da come mi aspettavo, in realtà con il passare del tempo mi sono resa conto di quanto sia grande il suo cuore, amandoci tutti come se fossimo figli suoi.

Un giorno infatti afferrando con delicatezza le mie mani e guardandomi negli occhi, con mia grandissima sorpresa, mi ha detto che qualsiasi cosa succeda in un futuro non troppo lontano sarei potuta restare qui e lavorare aiutandola con i bambini.

L'idea devo essere sincera non mi alletta, odio questo posto e le persone che mi circondano, però in un momento come questo non vedo alternative migliori.

A risvegliarmi dai miei pensieri è la campanella, che indica la fine delle lezioni.

Tento di sbrigarmi raccogliendo velocemente i libri e il resto del materiale scolastico. Ogni volta cerco sempre di evitare un qualsiasi contatto con gli altri ragazzi che seguono questi corsi. Anche perché so già che questi non portano mai a nulla di buono, visto che qui nessuno mi ha mai veramente apprezzato. Quindi l'unico risultato sarebbe un continuo di litigi, concludendosi probabilmente con un viaggetto nello studio della strega la quale non farebbe altro che richiamarmi affibbiandomi qualche lavoro per scontare la mia punizione.

Fortunatamente nessuno mi ferma o fa problemi e finalmente riesco ad uscire dal palazzo che ospita le classi.

Però, mentre cerco di dirigermi verso la mia stanza camminando a testa bassa per non incrociare lo sguardo di nessuno , mi rendo conto troppo tardi di stare per sbattere con una signora. In poco tempo mi ritrovo con il mio fondoschiena a terra circondata da una miriade di libri e fogli sparsi intorno al mio corpo. In tanti si sono fermati ad osservare la scena ma evito di rispondere ai loro commenti poco carini cercando di non dargli troppo peso.

Al contrario mi concentro sulla coppia che mi ritrovo di fronte. La donna fortunatamente non è caduta, e i suoi dolci lineamenti sembrano rilassati, questo mi tranquillizza anche perché oggi avrei preferito non avere discussioni. Invece l'uomo al suo fianco, sembra avere uno sguardo preoccupato mentre rivolgendosi dolcemente alla sua amata le chiede se sta bene. Quest'immagine mi riporta alla mente tantissimi ricordi che però cerco di allontanare.

"Deve perdonarmi, stavo andando troppo veloce, spero di non averle fa..."
farfuglio mentre raccolgo le mie cose.

"Cara non ti preoccupare, anzi lascia che ti aiuti." mi ferma prima che io possa terminare la frase, mentre si abbassa alla mia altezza per raccogliere i miei appunti.

Finito di prendere il tutto, per scusarmi, mi propongo per accompagnarli nell'ufficio della signora Evans, visto che non erano riusciti ad individuare il giusto corridoio. Durante il tragitto iniziano a spiegarmi che hanno deciso di adottare un bambino.

"Cosa vi ha spinto a prendere questa decisione?" 

Cercando di essere il più cordiale possibile, inizio a porre anch'io alcune domande alla gentile coppia, soprattutto per evitare silenzi imbarazzanti che potrebbero suscitare  l'idea che non mi interessa ascoltarli, al contrario mi affascinano molto, soprattutto per la complicità tra di loro.

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