1. Notti Insonni

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11 novembre - 1.30 a.m.

Parigi - Saint Germain des Prés 

La stanza da letto era illuminata appena dalla luce dei lampioni di Rue Saint Benoit, che creava giochi di ombre attraverso le tende della finestra. Era notte fonda, e nessun rumore proveniva dal piano inferiore, dove Madame Amandine Aubert, proprietaria dello stabile a tre piani, dormiva da tempo nel suo appartamento. Anche le poche auto, che in genere passavano a quell'ora, sembravano aver preso percorsi diversi quella notte.

Gli unici suoni che si sentivano in maniera distinta erano i loro respiri, mentre le labbra si rincorrevano, come in un eterno gioco di incontro e fuga. Le mani di Emeric scorrevano lente sulla schiena nuda di Yvan che, steso su di lui, lo guardò negli occhi per qualche istante prima di baciarlo di nuovo. I loro respiri erano sempre più veloci, mentre il corpo morbido e sottile di Yvan gli si strusciava contro, sinuoso, come in una danza dolce e intensa. Il ritmo aumentò sempre di più, i respiri si trasformarono in accennati lamenti, fin quando Emeric non spalancò gli occhi verdi, sentendo l'aria che gli mancava, mentre le mani stringevano forti le lenzuola.

Sbatté le palpebre più volte, cercando di riprendere fiato, e in quel momento si accorse d'essere solo, e di essersi appena svegliato da un sogno.

Il pensiero lo trafisse, come accadeva oramai da tre mesi, facendolo urlare di rabbia. Con la mano destra prese il cuscino e lo scagliò con ferocia contro il comodino di fianco al letto, facendo cadere il lume che finì in mille pezzi. Il rumore improvviso nella notte sembrò calmarlo, mentre chiudeva gli occhi con un lungo sospiro. Li riaprì, e quando il respiro sembrò tornato regolare si sollevò, mettendosi seduto sul bordo del letto. I piedi scalzi toccarono il pavimento, mentre con i gomiti appoggiati sulle gambe passava le lunghe dita tra i corti capelli, ancora scuri nonostante i suoi quarant'anni. Con un altro pesante sospiro si alzò, con indosso solo i pantaloni del pigiama, e si diresse verso il bagno.

Fermo davanti allo specchio guardò il suo volto arrossato. Mangiava poco negli ultimi tempi, e iniziava a essere evidente. Gli zigomi apparivano più pronunciati, non togliendo nulla comunque alla sua naturale e aristocratica bellezza. Anche il corpo alto e longilineo, ma ben delineato, iniziava a mostrare un accenno delle costole.

Si avvicinò alla doccia, si spogliò del tutto e, dopo aver aperto solo il rubinetto dell'acqua fredda, ci si buttò sotto. A testa china, con le mani appoggiate al muro, sentì l'acqua gelida scendere sul suo corpo. Brividi di freddo lo attraversarono, ma non vi fece caso. Oramai sembrava fosse l'unico modo in cui riusciva a sgombrare la mente dal pensiero di lui e rimase così, immobile, fin quando non sentì d'aver recuperato il controllo di se stesso.

Conoscere Yvan Blanchard sei anni prima, durante un'indagine nel mondo del sadomaso, nella quale l'uomo, un dominatore, era accusato di omicidio, era stato per lui davvero un evento imprevedibile. Era sempre riuscito a tenere fuori dalla sua vita qualsiasi emozione: l'amore, come il desiderio, erano stati fino a quel momento solo oggetto di studio delle umane fragilità. La sua mente, brillante, iperattiva e razionale non riusciva infatti a concepire come ci si potesse lasciare andare ai sentimenti, e aveva sempre preferito concentrarsi solo sul suo lavoro di collaboratore esterno della Police Nationale di Parigi.

Eppure Yvan lo aveva in qualche modo stregato.

Emeric non aveva mai sentito prima di allora alcuna attrazione reale verso nessuno, uomo o donna che fosse, ma era rimasto incantato dalla sua astuta intelligenza, dalla sua capacità di tenere in pugno gli uomini e le donne più importanti del Paese. Un gioco tra due menti così diverse, ma così affini, uno scontro da cui entrambi erano poi rimasti scottati, anche se Emeric era riuscito a tenerlo lontano, senza cedere del tutto mai una sola volta alle sue lusinghe.

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