6. Il vaso di Pandora

610 83 23
                                    

11 novembre - 9.00 a.m.

Parigi - La Morgue

In riva alla Senna, tra la Gare de Lyon e la colonna della Bastiglia, c'è La Morgue: l'istituto di medicina legale, dove sono custoditi i corpi dei morti di Parigi. In uno dei laboratori principali di analisi al primo piano, Sophie Renaud, anatomopatologa di fiducia di Emeric, oltre che sua amica, era china su di un microscopio e stava guardando gli ultimi campioni. Aveva gli occhi nocciola affaticati per tutti gli esami che aveva fatto, ma sospirò con un chiaro senso di sollievo.

«È pulito, Kilian, nulla di nulla, stranamente più sano di noi due, sembrerebbe,» alzò lo sguardo timido da ragazza semplice, acqua e sapone, passando una mano tra i capelli scuri che le ricadevano appena sulle spalle, e sul viso tondo apparve un sorriso particolare per l'uomo, che era in piedi dalla parte opposta del tavolo. Indugiò solo per qualche istante su di lui, perché da anni lo sognava di continuo, pur sapendo di non avere alcuna possibilità con il fascinoso dottore, che passava da una donna a un'altra con molta disinvoltura, con l'unica eccezione della sua ex Adèle, che lo aveva lasciato da circa un anno. Poi si voltò a guardare Emeric, seduto alla sua destra su uno sgabello, con i gomiti appoggiati sul tavolo e la testa china con la fronte sulle mani intrecciate, e le sembrò davvero stanco.

«Bene, ora che siete più tranquilli, posso tornare a casa o dovete ancora rivoltarmi come un calzino?» la voce profonda di Emeric era appena un sussurro, e anche in quello Sophie scorse una nota di stanchezza. Guardò Kilian e cercò con lo sguardo di trasmettergli la sua sensazione, il quale sembrò comprenderla e annuì appena prima di avvicinarsi all'amico.

«Ascolta, Emeric, tu lo sai che noi siamo tuoi amici e ti vogliamo bene, nonostante tutto,» pur nel tono affettuoso, Kilian non mancava mai di essere ironico con lui, sapendo che era l'unico modo per cercare di farlo aprire senza che si chiudesse a riccio su se stesso, come sua abitudine. «C'è qualcosa che non va e lo sappiamo, qui vicino a te ci sono il tuo migliore amico e l'unica amica che hai. Tira fuori quello che hai dentro, magari parlarne per una volta potrebbe farti bene,» gli disse ancora, con voce calma e sicura.

«Lascia stare, Kilian, non è il caso,» rispose Emeric in un sussurro, senza muovere un muscolo né aprire gli occhi.

«Diamine, siamo noi! Io e Sophie! Esci da quel cavolo di guscio e parlaci!»

Emeric aprì gli occhi e alzò lentamente lo sguardo sull'amico, spostandolo poi su Sophie. Respirò con forza, come se volesse controllarsi prima di parlare. «Ti sto dicendo che non è il caso, Kilian,» parlò con un leggero tremito nella voce, alzandosi dallo sgabello. Voltò poi le spalle a entrambi e si avvicinò a una parete, poggiò una mano su di essa e rimase immobile e in silenzio.

«Cosa significa che non è il caso? E quando sarebbe il caso? Quando finirai in ospedale perché non riesci a dormire per chissà quale motivo, o quando per dormire ti farai di qualcosa?»

La voce di Kilian era alterata e Sophie si morse un labbro sospirando. Li conosceva oramai entrambi da tanto di quel tempo, da riuscire a comprendere le emozioni che li muovevano. Emeric faceva sempre quell'effetto all'amico, quando si comportava in quel modo, e lei era certa che avrebbe voluto prenderlo a schiaffi, anche se in realtà era solo preoccupato per lui e sperava di farlo reagire.

Rimasero per qualche istante tutti in silenzio, fin quando Emeric sferrò un pugno contro il muro, talmente forte da far cadere un po' di intonaco. «Vuoi sapere cosa succede? Volete sapere cosa mi succede?» chiese Emeric con un tono di voce alto e pieno di rabbia repressa. «Succede che ho aperto il vaso di Pandora, e ora non riesco più a tornare indietro!» esclamò con forza, colpendo di nuovo il muro con il pugno chiuso, le cui nocche iniziarono a sanguinare.

Un cuore color ruggine -  Serie Nero di Cuori - Su Amazon Dal 2 GennaioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora