2. Un rumore assordante

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Sei anni prima
Parigi

Emeric alzò gli occhi al cielo ed emise un leggero sbuffo, ascoltando per l'ennesima volta sua sorella Angelique che gli chiedeva per quale motivo non avesse intrapreso una carriera in magistratura, come avevano fatto lei, il loro padre e anche il nonno, perché nella famiglia Lacroix era una tradizione che solo lui, il più piccolo, aveva interrotto. Ma a Emeric non era mai interessato giudicare le persone colpevoli o innocenti, lui voleva solo catturare i criminali e, quando li scovava, era certo che lo fossero. I meccanismi della giustizia, la burocrazia, erano qualcosa che lo avrebbero solo annoiato fino alla morte.

«Smettila di sbuffare, sto parlando seriamente, non vorrai mica continuare a giocare a fare l'investigatore tutta la vita?» gli chiese la donna, passeggiando su e giù per il salotto di casa nel suo tailleur grigio e austero, mentre i tacchi alti, che picchettavano sul pavimento, lo irritavano ancor di più.

«Ho superato da un po' i trent'anni, direi che è tardi per cambiare strada, e comunque non ne ho alcuna intenzione.»

Angelique stava per rispondere qualcosa, ma per fortuna squillò il suo telefono ed Emeric ringraziò mentalmente chiunque la stesse chiamando.

«Sì... capisco, sì, sono proprio qui da lui in questo momento,» Emeric alzò un sopracciglio, intuendo che era di lui che parlavano. «Va bene, se proprio devo, glielo chiedo,» la vide quindi abbassare il telefono, coprendolo con una mano prima di rivolgersi a lui. «Hai voglia di indagare su un presunto assassino, che tra l'altro sta dando fastidio a parecchie persone importanti?»

«Un presunto assassino?»

«Si tratta di una cosa particolare, quest'uomo pratica il BDSM, è un dominatore, e la vittima pare fosse un suo schiavo o qualcosa di simile, ma soprattutto la vittima era un alto funzionario governativo e questo tipo, questo Yvan, lo teneva praticamente in pugno.»

«Lo ricattava?»

«No, non sembra essere emerso nulla riguardo a possibili ricatti, ma qualsiasi cosa chiedesse, lui la faceva, compreso avergli acquistato una villa elegante in Avenue Foch.»

Emeric guardò la sorella a lungo, rigirando l'anello al dito mentre rifletteva. Era chiaro che qualcuno dalle alte sfere l'avesse contattata perché ritenevano il caso scottante, e volevano chiuderlo al più presto. Forse, se l'avesse aiutata, la donna avrebbe smesso di trattarlo come un perditempo. «Va bene, accetto il caso, chiamo Kilian e andiamo a conoscere questo Yvan. Se è colpevole, te lo consegnerò su un piatto d'argento in poche ore.»

«Ricordamelo, perché abbiamo accettato questo caso? Interrogare un presunto assassino, uno che si diverte con frustini e catene, e chissà quali altre stupidaggini del genere, proprio non mi sembra nelle tue abitudini

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«Ricordamelo, perché abbiamo accettato questo caso? Interrogare un presunto assassino, uno che si diverte con frustini e catene, e chissà quali altre stupidaggini del genere, proprio non mi sembra nelle tue abitudini.»

Emeric alzò le spalle in un gesto eloquente, mentre con le mani affondate nelle tasche del cappotto, in piedi di fianco a Kilian, osservava l'ingresso della grande villa a due piani, che gli avevano indicato come indirizzo di Yvan Blanchard. «Se tolgo le castagne dal fuoco a mia sorella, è la volta buona che la smette di farmi la paternale ogni volta che ci vediamo o sentiamo, e magari la prossima riunione di famiglia sarà meno noiosa.»

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