10|Il serpente del suicidio (1/2)

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*ho voluto aggiungere una canzone a inizio capitolo

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*ho voluto aggiungere una canzone a inizio capitolo. Non vi obbligo ad ascoltarla, ma io mi sono messa a sentirla mentre scrivevo ed è venuto fuori questo. Molto strano, dato che per scrivere non metto mai musica*

La stava guardando da ore ormai.

I mattoni a faccia vista che ricoprivano interamente le quattro mura esterne donavano alla casa un che di rustico, quasi campagnolo. Il vialetto maniacalmente curato si estendeva ai piedi della dimora. L'erba, che lei tagliava con una precisione paurosa, accompagnata da vari tipi di forbici e un metro a misurare i centimetri, era di un verde brillante. Poteva quasi sentire la morbidezza che emanava solo allo sguardo. Non si ricordava nulla, ma quella casa sì. Si ricordava l'esatto momento prima di quando l'avevano portata lì, nell'ospedale.

Era agosto, forse settembre. Grace stava aspettando l'arrivo di suo padre per cenare e per ingannare l'attesa stava comodamente seduta sopra il letto, guardando gli spartiti che sua madre aveva lasciato incustoditi sopra al tavolo della cucina. Grace pochi minuti prima li aveva trovati lì, inermi, e, curandosi di non farsi vedere, aveva allungato la piccola mano per sottrarli.

Aveva sempre avuto una sorta di ammirazione verso la musica. I suoi genitori non le permettevano di uscire di casa, custodendola quasi con avidità dentro quelle mura domestiche, così aveva trovato qualcosa da fare. Si era rimboccata la maglia a maniche lunghe del pigiama, quella con i panda che le piacevano tanto, e aveva aperto il primo libro.

La musica in pillole: pochi passi per imparare a suonare

Si era sentita così entusiasta che fremeva a toccare la copertina lucida di quel manuale. Le note colorate, disegnate sporadicamente sopra al rettangolo di carta la esaltavano. Non vedeva l'ora di iniziare a leggere. Ci mise tanto tempo, poiché faceva fatica a capire o non capiva proprio, però dopo un'oretta buona aveva imparato tutte le sette note.

Do, re, mi, fa, sol, la, si.

Do, re, mi, fa, sol, la, si.

Lo aveva ripetuto nella sua testa, sulle pagine bianche del quaderno che aveva preso e ad alta voce. Lo pronunciava di corsa, veloce, quasi paurosa che se le potesse subito dimenticare.

"Grace, vieni a tavola!"

A sentire la voce delicata di sua madre che la chiamava si era espressa in uno sbuffo, infastidita da non poter continuare a studiare quei segni eleganti che portavano il nome di note. Era scesa dal letto, poggiando i piedini coperti dai calzini di cotone azzurro cielo sul pavimento in parquet. Mentre scendeva le lunghe scale, uscendo definitivamente dalla sua camera colorata, aveva canticchiato quel mantra che aveva appena sentito.

"Do, re, mi, fa, sol, la, si!"

E poi ancora, più veloce e ancora più veloce, finché non era diventata paonazza e non aveva sentito il fiato mancarle.

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