7|Molly

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"Porca puttana è tardissimo!"

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"Porca puttana è tardissimo!"

L'orologio segnava un'ora che Jane faceva fatica a pronunciare per lo sbigottimento.

"Perché non arrivo mai in orario, cazzo?" si lamentò, uscendo dal bagno con ancora l'asciugamano bianco avvolto in testa. Doveva cambiarsi in fretta e uscire di casa velocemente.

Aveva dimenticato di stirare l'uniforme ma non se ne curò, era talmente striminzita che nessuno l'avrebbe notato. La infilò, constatando che le stava un po' grande. Era troppo tardi per cercare di sistemarla, così si limitò a prendere dall'armadio il lungo cappotto nero e a infilarselo nel corpo minuto. Subito il caldo la avvolse e Jane chiuse gli occhi per un attimo, beandosi di quella sensazione.

Subito tornò alla realtà. Al fatto che era in ritardo.

Come sempre.

Arrivò in bagno, si truccò velocemente, senza riuscire a rimediare alla figura che sembrava un morto vivente più che una ragazza universitaria. Quando il risultato la soddisfò abbastanza, si permise di uscire. Infilò i soliti anfibi neri e la borsa che, immancabilmente, conteneva quella pila di fogli che non aveva ancora analizzato.

Si era ripromessa di farlo l'indomani dopo l'università, con la mente libera da tutto. Il tragitto verso il Molly le sembrò infinito, e lo scorrere dei minuti dell'orologio troppo veloce. Spinse di più l'acceleratore, fregandosene dei limiti di velocità e sperando di non prendersi una multa.

Scese dalla macchina e si fiondò di corsa nel retro.

Prese dalla borsa la chiave dell'armadietto rosso con il suo nome. Lo aprì, infilandoci dentro il malloppo di fogli e le sue cose. Richiuse tutto a chiave, mettendola nella tasca del cappotto che subito dopo si tolse.

Una voce familiare arrivò da lontano.

"Pronti per il secondo round?"

Jordan.

Jane si mosse verso la porta che dava sulla sala del pub, schivando secchi pieni d'acqua e bottiglie di alcolici. La musica era talmente alta che Jane dovette fermarsi e strizzare gli occhi. Le girava ancora un po' la testa, e l'incessante rumore non faceva che aumentare quella sensazione che, accompagnata dalla nausea, la faceva sentire incapace di rimanere in piedi. Si passò una mano sulla fronte, prese una boccata d'aria e trattenne il fiato.

Poteva farcela. Doveva farcela.

"Jane!" squittì la ragazza.

Jane le sorrise debolmente. Jordan Grey, l'amica più figa che aveva, a detta sua, oscillava la chioma bionda a destra e sinistra mentre improvvisava un balletto. Jane ridacchiò e alzò gli occhi al cielo. Si chiedeva sempre quando avrebbe mollato. Jordan non aveva certo bisogno di lavorare. Le scarpe con il tacco nero firmate Jimmy Choo a slanciare la poca altezza che aveva, l'abito aderente, corto e argentato, ornato da brillanti sporadici che era sicura fosse di marca e la borsa di Gucci che portava sempre, lasciata nell'armadietto in cui Jane riponeva la sua, bastavano e avanzavano per superare lo stipendio mensile di tutte e due.

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