3|La casa bruciata

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Aspettò venti minuti buoni fuori dalla porta dello studio, consumando tutta la batteria del telefono e accordandosi con Logan per vedersi l'indomani, dopo il lavoro

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Aspettò venti minuti buoni fuori dalla porta dello studio, consumando tutta la batteria del telefono e accordandosi con Logan per vedersi l'indomani, dopo il lavoro. Accompagnò il cellulare fino a che non vide lo schermo spegnersi, per poi buttarlo frustata dentro la borsa. Si appuntò di fare anche la spesa, dubbiosa che la sua coinquilina avesse letto il post-it, data l'assenza di suoi messaggi. Finalmente la porta in vetro si aprì, rivelando il viso familiare di quella che per anni aveva considerato la sua famiglia. Rimase un po' perplessa quando vide le numerose rughe cosparse sul suo volto. Doveva avere più o meno quarant'anni, eppure sembrava averne una quindicina in più. Gli occhi verdi lucenti che da bambina tanto invidiava lasciavano spazio a un verde scuro, spento. I capelli biondi si erano ingrigiti e le ricadevano spettinati su due spalle magre e ossute.

"Ciao, Jane"

Il sorriso sincero che si formò sul suo volto bastò a dare a Jane una sensazione di "casa" che per anni non sentiva. "Ciao, Noreen. Come stai?"

La domanda le venne spontanea, anche se avrebbe dovuto rimangiarsela. Si vedeva benissimo che non stava bene. Nonostante fosse vestita di tutto punto, l'espressione stanca e spossata che aveva in volto non mentivano. Jane sapeva benissimo che le avrebbe mentito.

"Sto bene, grazie. Tu?" Sorrise tristemente notando che aveva ragione. "Anch'io sto bene, grazie."

"Non mentirmi, hai due occhiaie profonde come il Grand Canyon" la rimproverò mettendosi più dritta. Jane sorrise quando la vide preoccuparsi. Era come una madre per lei, nonostante il loro rapporto fosse difficile.

"Anche tu stai messa male, eh" ridacchiò, sperando che in quel commento sarcastico notasse che non aveva voglia di parlarne. Noreen sbuffò e la fece accomodare nel suo studio. Jane assaporò la comodità delle poltrone petrolio in velluto dove le sue gambe corte avevano provato a toccare il pavimento anni prima. Appoggiò la schiena e chiuse un attimo gli occhi. Era stanca, eppure aveva dormito. Forse era solo la fame, si disse. Aveva addirittura i crampi, e sperò di finire in fretta così da poter andare in un qualsiasi ristorante e ordinare una montagna di cibo.

"Jane?"

Si riscosse dai suoi pensieri e batté le palpebre. Non si era accorta che Noreen le aveva rivolto la parola nel frattempo. "Sì, scusami. Dicevi?"

Ignorò lo sguardo indagatore della sua ex assistente sociale che, dopo un sospiro, iniziò a trafficare su un fascicolo pieno di fogli. "Vuoi ancora ritrovare i tuoi genitori?"

Quella domanda la colse di sprovvista. All'età di 17 anni, quando era ancora sotto la sua supervisione, le aveva comunicato che aveva intenzione di cercare la sua famiglia che, a quanto pareva dai piani alti, era viva. I nomi però non le erano stati detti, e lei aveva dovuto rinunciarci subito.

"Hai i nomi?"

"Lo prendo per un sì?"

La risposta non tardò ad arrivare: "Sì."

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