Stavo vivendo una favola. Ma si sa, nella realtà le favole non hanno il lieto fine..o almeno, le mie non ce l'hanno mai.
Vado a casa sua, stiamo insieme. Andava tutto bene. Come sempre ultimamente.
Dopo qualche ora, vado via. Nessun messaggio. "Strano."
Penso cercando di non farmi troppe paranoie.
Passano ore e ore e nessun messaggio. Strano da parte sua visto che ogni volta appena uscita da casa sua mi scriveva. Stavolta nulla. Zero. Sapevo che c'era qualcosa che non andava.
Decido di scrivergli. Non posso più aspettare.
"Che succede, Chris?"
"Credo che dobbiamo parlare." Mi dice lui. E io lo capisco già. Stava per finire. Di nuovo.
"È finita vero?"
E lui conferma.
Era finita. Era finita perché eravamo troppo diversi. Perché io volevo troppo e lui quel "troppo" non voleva o non poteva darmelo.
Decidiamo di vederci e ne parliamo. "Non sono innamorato, Jane. Non posso farci niente. Non è una cosa che decido io."
Mi sento il mondo crollare addosso. Come se con quelle parole mi avesse strappato il cuore dal petto e l'avesse gettato via.
Sono stata malissimo. Da morire. Iniziai a sentire il peso di tutta una vita. Quello di un padre assente che per me non c'era mai. Sapere che per lui non contavo nulla. Mia nonna che peggiorava. Chris che era andato via, come tutti gli altri. E qualche giorno dopo scoprii che mi aveva tradita. Che, mentre faceva il solito affettuoso e dolce con me, lui stava con un'altra. È per questo che era finita. Per questo dovevamo parlare. Perché lui aveva un'altra e non ha avuto il coraggio di dirmelo. Mai.
Il fatto che andavano tutti via da me iniziò a creare odio verso me stessa. Mi odiavo a tal punto di farmi del male da sola. Perché era l'unica cosa in grado di farmi sentire viva. Sì, diventai un'autolesionista a quel tempo. Ne avevo il corpo completamente pieno.
Passavo notti intere a piangere ed ero stanca di piangere per gli stessi motivi. Ero stanca. Volevo avere motivi diversi per cui farlo. Volevo piangere per il dolore fisico e non quello psicologico che mi avevano provocato tutti gli altri. Ma la verità è che quel che facevo era l'unica cosa in grado di calmare le lacrime e le urla soffocate. L'unica cosa in grado di farmi sentire viva. O forse, l'unica cosa che mi dava la sensazione di non svegliarmi più la mattina dopo. La mia calma, la mia felicità era in quello. Nella sensazione che provavo a non svegliarmi più la mattina dopo. Passavo notti a vedere quel sangue uscire da ogni parte del mio corpo e mi sentivo quasi sollevata. Non ve la so spiegare a parole la sensazione che provavo ogni volta che lo facevo. Ma stavo bene. Andavo a dormire sorridendo, convinta che non mi sarei più svegliata. Poi mi svegliavo e ogni volta era una battaglia contro me stessa. Iniziai anche durante la giornata. Lo facevo sempre. Ne ero piena. Piena. E più passava il tempo, più incidevo più forte. Volevo farmi male. Volevo vedere il sangue.
Io certe scene di quel periodo dalla mia testa non me lo toglierò mai. Io volevo ammazzarmi. Volevo morire. Presi in seria considerazione di buttarmi giù dalla finestra e andarmene, andarmene per sempre.
Avevo smesso quasi completamente di mangiare mentendo a mia madre. "Sisi, ho mangiato. Tranquilla."
Non era mai vero. Smisi anche di piangere. Avevo pianto così tanto per così troppo tempo che avevo finito anche quelle. Avevo perso anche quelle ormai.
Continuavo a farmi del male. Il corpo ne era talmente pieno che un giorno feci venire il dubbio anche a mia madre. "Che hai fatto lì?"
"Niente, sono caduta."
Le dicevo, non riuscendo a guardarla negli occhi.
Non ne potevo più. Ero così stanca. Così distrutta. Mi odiavo così tanto. Ma così tanto. Non sono mai arrivata ad odiarmi così tanto. È stato il periodo più brutto della mia vita.
Nessuno dei miei amici sapeva cosa mi stava succedendo. Nessuno. Neanche Ally, la mia migliore amica.
Fin quando un giorno, a scuola una ragazza mi viene vicino
"Tu non sei caduta, vero? Tu fai altro. Di proposito. Dimmi perché. Spiegami il motivo."
Non riesco a dire mezza parola. L'unica cosa che riesco a pensare è "Cazzo, mi ha scoperto. E ora cosa faccio? Che dico?"
Riesco a dirle semplicemente
"Niente, sono caduta."
E vado via lasciandola alle mie spalle. Spero non mi si avvicini più.
E invece lo fa. Avevo le lacrime agli occhi quando mi si avvicina la seconda volta.
"Non farlo più, ti prego. Non farlo più."
La mia compagna di banco, Abbie, vede che stavo per piangere e mi trascina in bagno chiedendomi cosa avevo. Non faccio altro che ripetere "Niente. Non ho niente."
Fin quando non ce la faccio più e scoppio a piangere. Lei mi abbraccia forte e aspetta che sia io a dirle cosa mi sta succedendo. Non dico una parola, tolgo semplicemente una delle tante fasce che avevo e le mostro il braccio che ne era pieno. Io li guardo fissi. Non li avevo mai guardati prima di allora. Scoppiai a piangere e lei insieme a me.
"Io sono qui. Ma ti prego non farlo più. Ti aiuto io, ne usciremo insieme. Non sei sola. Promettimi di non farlo più. Promettimelo."
Non volevo farlo, non volevo permetterglielo perché sapevo che ci sarei ricaduta. Ma lo feci comunque. Promisi a Abbie che non l'avrei più fatto. Invece continuai a farlo ancora e ancora.
Fin quando un giorno mi fermo e guardo il corpo completamente pieno di segni ovunque. È lì che capisco di aver bisogno di aiuto altrimenti mi sarei davvero uccisa. E avevo paura. Per la prima volta in vita ho avuto paura che davvero l'avrei fatta finita una volta per tutte.
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Chris.
RomanceL'amore più grande della mia vita. Quello che mi ha stravolta. Ha cambiato ogni cosa di me. Ha scombussolato tutta la mia vita. La cosa più bella e dolorosa della mia vita. Il ragazzo che è inciso dentro di me e da lì non lo toglie mai nessuno.