Capitolo 6

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Lux si ritrovava, come ogni pomeriggio nel parco comunale della sua cittadina.

Un silenzio disumano, quasi spaventoso la avvolgeva, smorzato solo dai suoi passi lenti sulle piccole pietruzze di ghiaia che riempivano il piccolo sentiero.

Un atmosfera priva di rumore e di vita, senza le forti e talvota anche assordanti urla dei bambini o  l' allegro cinguettio degli uccellini circondava la sua figura.

Le foglie che per tanto tempo avevano ondeggiato sugli alberi, sospese tra la vita e la morte, si accasciavano ora sulla mordida erba del prato, creando un manto variopinto, dalle mille sfumature.

L' aria di giorno in giorno si faceva sempre più frizzante ed il freddo iniziava a farsi.

Lux amava l' autunno.

Una stagione di mezzo, né estate, né inverno.

In un certo senso la rispecchiava. Lei era sempre diversa da tutti, non aveva un punto di arrivo, ma nemmeno un punto di partenza.

Era sempre ferma, a metà strada, presa dall' indecisionismo e dalla mancanza di capacità di scegliere.

E odiava questo suo aspetto.

Non era nulla, ma non era neanche tutto. Era abbastanza. E ciò non le bastava.

Amava la perfezione, la perfezione matematica, anche con se stessa.

L' autunno è la stagione in cui tutto perde vita, la fine di un ciclo, un ciclo naturale ben defintito.

Lei era un autunno. Era la fine. Ma non sapeva di cosa.

Lux continuava a ripetersi nella sua laboriosa testolina se gli uomini avessero mai fatto caso al fatto che siamo condizionati dalla natura.

La natura è la nostra mamma, la nostra casa.

La nostra vita ha un ciclo, come del resto la natura e le quattro stagioni.

Nasciamo, cresciamo, viviamo lo splendore dei nostri anni e moriamo.

La natura non ha lo stesso procedimento?

In primavera i boccioli spuntano  verdi e vivi sui rami degli alberi, trasformandosi poi in piccoli e profumati fiorellini.

In estate il fiore diventa frutto. Un frutto gustoso, maturo, che poi marcisce, morendo.

La natura regola la nostra vita in silezio, in disparte,  da dietro le quinte, eppure la sua presenza ha un ruolo chiave in noi.

È come un regista. Non lo vediamo, talvolta ci dimentichiamo anche della sua presenza, eppure è lui che regola lo svolgimento di un film.

Lei sentiva il bisogno di stare a contatto con la natura, gli alberi, i fiori, di respirare aria, ma aria pura, quell' aria senza impurità, l' aria di Dio.

Si sedette distendendo le gambe su una panchina in ferro, consumata dalla rugine, tempestata da scritte di amore eterno.

Estrasse dalla sua immancabile borsa in pelle la consunta copia di Città di Carta di John Green, screpolata ormai dal tempo.

Appunti, sottolineature, costellavano le pagine giallicce.

Quel libro letto e riletto, probabilmente per un numero infinito di volte rappresentava una sorta di distacco dal mondo.

Era un grande insegnamento di vita per lei. Sottolineò per la seconda volta la frase:
All'inizio siamo navi indistruttibili ed inaffondabili. Poi  ci succedono delle cose. Ci perdiamo, ci facciamo male.
E lo scafo inizia a creparsi. Ma una volta che lo scafo va in pezzi la luce entra ed esce, ed è solo in quei momenti che vediamo davvero noi stessi e gli altri.

Queste brevi righe impresse sul libro, rappresentavano la vita.

La scrittura era per lei un arte. Non l' arte dei colori, ma l' arte delle parole.

Il trillo del suo cellulare interruppe improvvisamente quell' idilliaca pace.

<< Pronto? >> rispose seccata Lux

<<Lux. Vieni a casa. Ti prego>> rispose Ashton dall' altra parte del telefono con voce triste e addolorata.

SPAZIO AUTORE
Si. Lo so.
È più di un mese che non aggiorno e vi giuro che mi dispiace tantissimo.
Mi scuso per l' immensa attesa, davvero, ricambiata da un misero capitolo.
Ho cercato di dare il massimo. Spero lo apprezziate.
Per dubbi o chiarimenti sentitevi liberi di scrivermi.
Bhe, votate o commentate.
Mi piacerebbe sentire qualche parere...
Alla prossima
Gabrylulu :)♥♥

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