19. È troppo tardi?

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"Buongiorno!" Esclamo, stropicciandomi gli occhi quando entro in cucina. "Buongiorno amore mio." Mi accoglie mia madre, dandomi un bacio sulla guancia. La guardo confuso, non capendo perché sia ancora qui, dato che la mattina parte sempre presto da casa per andare a lavoro. "So a cosa stai pensando... dopo l'uscita di ieri con tuo padre ho preso l'influenza, stanotte ho avuto un po' di febbre e ho preferito restare a casa." Mi spiega, porgendomi una tazzina di caffè. "Okay, allora perché ti sei alzata? Sono capace di farmi la colazione da solo mamma, stai tranquilla." Borbotto, sedendomi a tavola. "Lo so, ma sono io che non riesco a stare ferma. Infatti mi sa che ne approfitterò per pulire un po' la casa." Sorride, sfregandosi le mani. Mia madre è letteralmente una maniaca della pulizia e dell'ordine e le piace fare sempre tante cose... non ho sicuramente preso da lei dato che, se avessi la febbre, passerei la giornata nel letto a vedere serie tv senza nemmeno alzarmi per mangiare. Sara ha ereditato da lei quest'aspetto, difatti è una ragazza molto organizzata con tutto sotto controllo. A me piace l'imprevedibilità, agire senza pensarci, ma allo stesso tempo sono un tipo piuttosto paranoico. Mio padre invece è molto riflessivo e preciso al lavoro, ma a casa ama riposarsi o vedere la partita con una birra in mano e una busta di patatine. Siamo tutti diversi in famiglia, ma proprio per questo ci troviamo così bene...in un modo o nell'altro ci completiamo.
"Sara?" Domando, non vedendola seduta né a tavola né in salotto. "È rimasta a dormire da una sua amica, si era fatta una certa ora e ha preferito così." Annuisco distrattamente, ma quando capisco che probabilmente mia sorella ha mentito e l'amica in realtà è un amico, mi irrigidisco di colpo. "Tutto bene?" Chiede mia mamma preoccupata, osservando come la mia espressione sia cambiata di colpo.
"Sì, non preoccuparti mamma. Io ho finito, corro a prepararmi sennò faccio tardi." Scatto in piedi e fuggo, letteralmente, verso il bagno. Mi sciacquo la faccia e mi impongo di non pensare male. Anche se fosse, comunque, mia sorella è grande e vaccinata ed io non avrei diritto ad immischiarmi nella sua vita sentimentale...ma chi voglio prendere in giro? Anche se sono più piccolo di lei ho sempre avuto un forte senso di protezione nei suoi confronti, perché so come ragiona la mente maschile e non voglio che mia sorella prenda una batosta. Il nostro è un rapporto speciale, è la persona a cui tengo di più in assoluto e nessuno deve provare a scheggiarla.
Porto lo sguardo sull'orologio e mi accorgo che il flusso di pensieri mi ha distratto parecchio e se non mi sbrigo quando arriverò a scuola troverò i cancelli chiusi. Faccio tutto in fretta e furia - tanto che non ho nemmeno il tempo di radermi i pochi peletti spuntati sulle mie guance - e mi faccio accompagnare proprio da mamma. Arrivo all'istituto giusto in tempo, proprio quando sta suonando la campanella, e mi affretto a raggiungere la mia classe, prima che la professoressa di matematica faccia l'appello. Giungo in aula col fiatone, ma fortunatamente è ancora mezza vuota e la professoressa non è ancora entrata.
Ovviamente Filippo è in ritardo come al solito ed io sono solo nel mio banco. Poso lo sguardo su Emma, che sta chiacchierando con Lauren, seduta proprio dietro di lei. Una morsa mi attanaglia lo stomaco. Come diamine ho potuto pensare che allontanarmi da lei fosse la situazione? Mi è mancato persino il consueto bacio del buongiorno sulla guancia. "Pss." Richiamo la bionda che, stranita, si volta. Appena vede che a sussurrare sono stato io, però, aggrotta la fronte e mi rivolge di nuovo la schiena. Bene, farmi perdonare sarà più difficile del previsto.

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Al suono della campanella che segna l'inizio dell'intervallo, sospiro sollevato. Non ce la facevo più ad ascoltare la spiegazione del professore. Per quanto possa piacermi storia, oggi ho la testa da tutt'altra parte.
L'unico obiettivo della giornata è riuscire a parlare con la biondina che sta uscendo dall'aula. Mi alzo di scatto dalla sedia, beccandomi degli insulti dal mio migliore amico, e la rincorro. "Emma!" Urlo, sperando che si volti ma lei, invece, accelera di più il passo. Fortunatamente sono più alto di lei e riesco a raggiungerla dopo qualche passo. "Ti prego Em, ascoltami. Voglio solo parlare." Le afferro il braccio, che lei prontamente allontana dalla mia presa. "Adesso vuoi parlare? Non mi sembra di esserti mancata così tanto, anzi eri proprio felice con la tua fidanzatina, così tanto che il pensiero che io stessi male non ti ha proprio sfiorato." Nei suoi occhi vedo solo freddezza e questo mi spezza il cuore. Ho ignorato tutti i suoi messaggi, sapevo alla perfezione che Emma fosse molto permalosa, eppure non le ho risposto. Me lo merito, eccome se me lo merito.
"Mi sei mancata davvero." Emma si lascia andare ad una risata ironica e fa per andarsene, ma le blocco il passaggio con il mio corpo. "Mi sono comportato come un bambino, hai ragione. Il tuo comportamento mi ha dato fastidio, sono sincero, ma non dovevo dirti quelle parole e me ne sono pentito appena le ho pronunciate. Se non ti ho risposto è perché me ne vergognavo." Le confesso, arrossendo leggermente. Emma mi guarda impassibile, ma non risponde. "Con Anastasia sono stato bene, non mi sono annoiato se è questo che vuoi sentire. Ma il mio bene nei tuoi confronti non è sparito in due giorni, puoi starne certa."
Restiamo un paio di secondi in silenzio, a spezzarlo è proprio lei. "Sai perché me la sono presa così tanto? I motivi sono due: innanzitutto, perché non ti sei fidato di me, non mi hai detto che ti stavi sentendo con una ragazza e che ti piaceva. E secondo perché avevo paura di perderti." La sua voce si incrina leggermente all'ultima frase. Emma ha gli occhi lucidi ed io istintivamente poso la mano sulla sua guancia in segno di protezione. "Perdermi? Non sarà una ragazza a dividerci e nemmeno Emanuele se è questo che ti preoccupa. E sottolineo che non ti ho detto niente perché non c'è niente da dire. Anastasia non è la mia ragazza, ci siamo conosciuti la mattina in cui abbiamo litigato. L'ho portata a vedere Roma perché si è trasferita da poco e, pee quanto possa essere carina, non mi piace. È solo un'amica." La rassicuro. Lei sembra farsi piccola piccola, forse imbarazzata dal fatto che il nostro litigio sia stato causato da uno stupido equivoco. "Sono una cretina, avrei dovuto chiedertelo, non saremmo così adesso." Borbotta, asciugandosi le lacrime che sono scese sulle sue guance per il nervoso. "Così come? Per me non è cambiato nulla. E non ho intenzione di lasciarti andare, sei la mia migliore amica e, come ti ho già detto una volta, mi fai solo bene." Lei mi guarda ancora titubante mordendosi il labbro inferiore, indecisa sul da farsi. "È troppo tardi?" Domando, deglutendo faticosamente. Non voglio perderla, non lo sopporterei. È riuscita a cambiare la mia vita in così poco tempo, è il mio piccolo angelo, tutto ha luce diversa da quando ho lei al mio fianco.
"No, non è troppo tardi." La sua voce spazza via tutte le mie paranoie. Senza dire nulla la prendo per i fianchi e lascio che le sue gambe avvolgano la mia vita.
Non è troppo tardi.

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