240: Momenti mancanti

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Atterrò sulle mattonelle del suo adorato balcone. Era ormai notte inoltrata, e non c'erano stelle. Le ci volle un po' per abituarsi a quella nuova stabilità, l'eroe che la sosteneva lo sapeva bene ormai: Chat Noir continuava a ghermirle i fianchi senza una reale presa, solo come presenza rassicurante.

«Grazie Chat Noir.»

La sua compagnia non le dispiaceva. Era confortante. Sicuramente avrebbe preferito una circostanza diversa, quella sera, ma ormai non avrebbe potuto farci granché. Puntò lo sguardo sull'anello dell'eroe, tirò un sospiro di sollievo quando notò tutte le tacche al loro posto: dopo il combattimento doveva aver rifocillato il suo kwami.

Non appena l'eroe ebbe la certezza che Marinette non sarebbe caduta, le si avvicinò con sospetto.

«Mi spieghi che ci facevi, a quest'ora, in giro per Parigi? Non sarai per caso...»

«Innamorata di te?»

I due si fissarono per qualche secondo.

In silenzio.

Poi le loro risa fendettero la quiete notturna.

«Non sentivo questa frase da anni, ormai.»

«Neanche con tutte le ammiratrici che ti ritrovi?»

«Neanche con tutte le ammiratrici che mi ritrovo.»

Ma ancora un punto non gli era chiaro: «Posso chiederti una cosa che non ho mai capito?» La vide annuire. «Perché quella sera hai detto di amarmi?»

Era da troppo tempo che se lo chiedeva, da quando la corvina gli aveva confessato che, no, lei non era mai stata innamorata di lui. Il motivo per il quale glielo avesse detto tempo addietro era tuttavia rimasto incognito.

«N-non lo so, m-mi è venuto spontaneo.»

Si mordeva le labbra con una veemenza nuova, e lui cercò di non farci caso per non turbarla.

«Lo so, sono un tipo molto attraente. Faccio breccia nel cuore con la rapidità di un lampo.» Si pavoneggiò, come sempre, piegando il braccio per far risaltare quei pochi muscoli che aveva. Ma quando ripose l'attenzione sulla ragazza, si accorse che questa, di spalle, era già in procinto di entrare nella sua camera.

«Ciao Chat Noir», gli aveva appena sussurrato.

«Te ne vai così?»

Non era offeso, né sorpreso: Marinette era così, e lui lo sapeva.

«Parigi dorme, e io vorrei imitarla. – gli sorrise – Buonanotte Chat Noir.»

Si sorrisero.

«Buonanotte, Marinette.»



Ladybug e Chat Noir stavano correndo nella stessa direzione.

In realtà, si erano separati poco prima.

Si erano ritrovati sul tetto di un edificio parigino qualsiasi.

Il tempo non era stato clemente con loro.

«Ho chiuso gli occhi. Non ti vedo, non preoccuparti.»

L'aveva abbracciata, aveva nascosto il volto per non vedere quello scoperto di lei. Aveva inspirato il suo profumo, una dolcezza familiare. La ragazza che lo stava stringendo con tanta disperazione era anche quella che non si arrendeva mai allo sconforto, la stessa persona che lo affiancava da anni?

«So che non parli perché hai paura che possa riconoscerti. Ma andrà tutto bene, non preoccuparti.»

E lui era ancora Chat Noir?

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