Amicizia

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Era un istinto osservarci. Guardarci in silenzio, senza che nessuno dei due influisse sui pensieri dell'altro. Era un rapporto di complicità e di accettazione, e io lo accettavo così.

Era adagiato sul letto, mi afferrò all'improvviso e mi fece distendere accanto a lui, solleticandomi i fianchi; erano il mio punto debole. Nonostante gli chiedessi di smetterla, Stefano si divertiva, così continuò. Diceva che avevo una risata contagiosa.

Non si trattava di conversare quando c'era lui, si trattava di gesti. Ci conoscevamo abbastanza da saperci amare a gesti.

E perciò mi preoccupai, non appena Stefano sospirò invece di sbellicarsi come al suo solito.
Lo abbracciai, ma ne ignorò il fatto, nascondendo il viso tra le sue braccia. E prima, quelle braccia mi avrebbero ricambiato, e ora mi erano distanti, anzi, lo coprirono affinché non potessi guardarlo.

"Che cosa succede, Stefano?" gli chiesi, o meglio gli implorai. Gli implorai che mi parlasse.

Mugolò qualcosa di incomprensibile; erano più lamenti soffocati, quelli di un bambino. E già una volta Stefano si era comportato in questa maniera, ma soltanto una singola volta per quanto ricordassi.

"Stefano, per l'amor di Dio, parlami"

Si raggomitolò su se stesso e soffocò quegli strazi con il cuscino. Mi sorpresi del suo cambiamento d'umore improvviso, così lo scossi più volte, affinché mi rispondesse.

"Adesso vuoi parlare, Lore?" riuscii a comprendere tra i vari mugolii. Si aprì una questione di cui già avevamo discusso tempo prima, il fatto che la relazione stesse andando a rotoli e il motivo per il quale lo pensasse.

"È meglio parlare prima che sia troppo tardi" ammisi, sedendomi a braccia conserte.

Egli fece lo stesso poco dopo. La serietà del suo volto mi fece rabbrividire; Stefano non era mai così serio se non in poche occasioni.

"Pensavo" iniziò, giocherellando con le mani, strofinandole, intrecciando le dita tra loro, insomma, non riuscì a tenerle ferme neanche per un secondo. "Penso che io non ti conosco"

Si limitò a qualche parola, poi si zittì all'istante. Aveva taciuto abbastanza, era seccato e non aveva tutti i torti.

Quella frase rimbombò nella mia mente. Cercai di assolverla, eppure c'era, era rimasta bloccata e faceva un male atroce. Era un pensiero assurdo, il fatto che stesse disminuendo ciò che avevamo mi sembrò ancora più assurdo.

"C-certo che mi conosci, Ste, come ti viene in mente?"

"Un'amicizia fatta di gesti non è amicizia, Lorenzo"

Era vero; era vero che la nostra amicizia in passato era stata solo gesti. Capii che non era tutto rosa e fiori, che non mi ero accorto che la pensasse così. Iniziai a chiedermi se non fosse stata soltanto un'amicizia di convenienza, in cui entrambi avevamo bisogno di affetto, così lo eravamo diventati per entrambi, affetto.

Stefano non voleva che i suoi problemi ricadessero su di me. Non mi diceva nulla, si era sempre comportato in modo indifferente; 'se fossero stati problemi seri, te li avrei detti' ma non era così, ogni dannata volta non era così, perché lui aveva sofferto, più di tutti quanti.

D'altronde, neanche io ero un libro aperto con lui. Come avevo detto, entrambi c'eravamo sempre stati, ma non avevo mai parlato.

"Ma non esiste neanche un'amicizia fatta solo di parole" gli rammentai, nonostante non potessi giustificarmi per la mia totale noncuranza.

"Non mi hai mai detto nulla. Dov'ero io quando stavi per perdere quest'appartamento? Dov'ero io quando ti ha fatto del male? Non ci sono mai stato" mi disse e la sua voce stridula mi spezzò totalmente.

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