- L'ultimo treno passerà a breve, allontanarsi dalla linea gialla -
La stazione si era svuotata, la gente se ne stava ai confini della linea, si respirava aria fredda. I bambini si rincorrevano tra i pilastri dei binari, le donne intimavano di non correre, altrimenti si sarebbero fatti male. Era un ciclo ripetuto eternamente, nella buia e candida notte di un inverno costellato. Le guardie, assopite, se ne rimanevano inermi nelle loro uniformi e si crogiolavano al gelo della luna, indirizzavano occhiate poco rassicuranti. L'arma si era bloccata nella custodia.
"Ho le dita congelate" ripetevo insistentemente a Stefano. Beveva il caffè a sorsi; a detta sua, riscaldava, ma rifilato dalla stazione sapeva più di acqua che di cacao.
"Ti lamenti da quando siamo arrivati" aveva puntualizzato, inarcando un sopracciglio che non smetteva di tremolare, perché per quanto faceva freddo, ci rimboccavamo nei nostri stessi corpi. Non era abbastanza.
"Dov'è andata tua madre?"
La madre di Stefano era stata così gentile da invitarmi in montagna con la loro famiglia. Si era trattato di una settimana, ma che a me era parso poco più di anni di routine monotone e tradizionali. Di fatti, così mi aveva detto lei, che la montagna era la tradizione, che la tradizione non poteva essere infranta."In bagno. In effetti, devo andare anch'io, aspettaci qua"
Nevicava. Non accadeva da tempo che nevicasse. Che la neve discendesse a fiocchi dal cielo, un cielo etereo in assenza di nubi. Com'era possibile allora che la neve cadesse in quel modo, che i cristalli si solidificassero e che si ammassassero tra i miei capelli? Un cielo stellato senza nubi dipinto di bianco. E più mi ci contemplavo, più mi ci perdevo e i fiocchi mi ricadevano in testa bagnandomi di luce.C'erano, in realtà, delle nubi, non ci avevo fatto caso, non s'era da spiegare sennò, non s'era da spiegare. Il treno arrivava.
Arrivava, frusciava, ronzava e mi fischiavano le orecchie, e poi la frenata di acuto sonoro, si fermava, si era fermato.
Cos'aspettavamo se eravamo in auto? Che smettesse di nevicare, che gli spazzaneve liberassero le strade, e non c'era nulla da fare che aspettare.L'ultimo treno era stato alimentato e poi si era raggomitolato per dormire. La gente sfilava dal treno, popolava la stazione, fino a tacere di nuovo, a riaddormentarsi, e io ero ancora disteso ad aspettare.
Era così silenzio che si avvertivano solo i tocchi delicati di passi circostanti. I macchinisti - quei pochi che erano rimasti - si salutavano cordialmente, poi ognuno riprendeva la propria strada, a ognuno la propria storia.
I passi aumentavano, sembravano raddoppiarsi, rapidi e accompagnati da ritmi scanditi dal latrato di cani randagi.E mi ero girato non appena quei passi si erano arrestati accanto a me.
"Dobbiamo andare?""Sì, meglio ora che mai" aveva affermato Stefano, a sua volta sua madre diceva che sennò la neve si sarebbe accumulata e non saremmo potuti tornare in città.
All'esterno della stazione non c'era poi così differenza, si vedeva meglio il cielo di nubi, e il silenzio della notte mi faceva fischiare le orecchie. Era il freddo, probabile che fosse il freddo. Si arrossavano.
Un ragazzo saliva a passi sgraziati la scalinata, era diretto in stazione, ma non lo avrebbe portato da nessuna parte, non sarebbe andato da nessuna parte, eppure la risaliva, chissà da cos'era turbato. Si guardava a terra, facendo attenzione a non scivolare, la neve si scioglieva, lui non barcollava."Non ci sono più treni" gli aveva detto la madre di Stefano, che voleva essere gentile e risparmiargli la fatica di contrastare la rampa ghiacciata.
Alzava lo sguardo, le sorrideva - forse lo conoscevo -, le diceva che non si doveva preoccupare, che era comunque diretto lì, - l'avevo sicuramente incontrato da qualche altra parte - e che la ringraziava per il suo interessamento. Non c'era alcun dubbio.
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A Picture of You
FanficUn capitolo descrive una foto, una foto a sua volta descrive una storia. "Non ti stavo giudicando prima, ti stavo solamente guardando" mi aveva spiegato, riferendosi all'occhiata che mi aveva rifilato a tavola. Ero sorpreso che mi avesse letto solta...