Capitolo undici

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La versione di Roxi

🎼 La canzone da ascoltare durante questo capitolo: Zhi - Vago - Celebrate (The Love).

La testa mi gira sempre di più, ma in modo piacevole. Continuo a muovermi rapita, seguendo le note armoniose della nuova canzone che ha messo il Dj. Chiudo gli occhi e sollevo con scioltezza le braccia sopra la testa, le lascio scendere lungo il corpo accompagnando quel movimento con i fianchi, ondeggio, resa più audace dall'alcool che mi scorre nel sangue.

Non mi accorgo di una presenza alle mie spalle, finché non sento quel profumo. Mi irrigidisco all'istante. Si avvicina ancora e mi alita all'orecchio: «Celebrate the love...».

Mi giro di scatto e me lo ritrovo ad un centimetro dal viso.

«C-cosa?», balbetto.

È chinato appena su di me, ha le braccia incrociate dietro la schiena e un'espressione tranquilla. Solo una piccola scintilla all'interno dell'iride caramellata rivela il suo divertimento.

«Il titolo della canzone. Mi sembrava che ti piacesse particolarmente...». Sposta lo sguardo sui miei fianchi fasciati dal tubino, sale sulle labbra e poi lo riporta nei miei occhi, lentamente e spudoratamente. In una chiara allusione.

Mi sento avvampare. L'alcool mi annebbia i pensieri e ho bisogno di prendere una boccata d'aria. Deglutisco e finalmente riesco a distogliere lo sguardo dal sul viso. O era la bocca?

Una fugace occhiata alle mie amiche mi rivela che non si sono accorte di quello che sta succedendo. Mi defilo senza dire una parola. Quando vedo la porta a vetri nera mi ci fiondo e la oltrepasso. Una volta fuori, respiro a fondo per alcuni secondi. Poggio il bicchiere quasi vuoto su un tavolinetto che mi trovo davanti e solo allora mi rendo conto di non essere all'ingresso principale: ho sbagliato porta, dev'essere un'uscita secondaria.

Mi guardo intorno: sono da sola. La musica arriva ovattata e l'unica fonte di luce, in quel punto, arriva dalla luna. È una specie di nicchia, davanti a me c'è un altro muro e una porticina di ferro verde scuro, chiusa. Sospiro e mi volto per tornare dentro.

Prima che lo faccia io, la porta principale si apre, Dilan fa un passo e se la richiude alle spalle. Ha una camicia nera sbottonata al collo, una piccola campanella argentata brilla all'orecchio sinistro, jeans chiari aderenti e scarpe nere alte alla caviglia. Sotto ai riflessi lunari, è di una bellezza disarmante.

Fa un altro passo verso di me, e io ne faccio uno di lato per scansarlo. Mi afferra il polso e trasalisco per quel contatto inaspettato. Di riflesso abbasso gli occhi sulla sua mano che, a contatto con la mia pelle, sembra di fuoco. Sto impazzendo, dev'essere l'alcool.

Un bracciale in acciaio rigido e un cordino in pelle nero legato semplicemente con un nodo, nascondono buona parte di un tatuaggio di medie dimensioni, nero. Non riesco a capire che forma abbia, riconosco solamente i contorni di quella che mi sembra un'onda marina.

«Spostati», ordino. Non mi piace l'effetto che mi fa, e non mi piace che si prenda la libertà di trattenermi contro la mia volontà.

In tutta risposta si avvicina ancora e contemporaneamente mi attira verso di lui. Si china e abbassa la testa nell'incavo nel mio collo. Non me lo aspettavo. Non riesco a muovermi. Il cuore comincia a martellarmi nel petto. Sento il suo alito caldo che mi sfiora la clavicola e mi viene la pelle d'oca, inspira a fondo, si lecca le labbra e la bacia, dandomi un brivido e lasciando una traccia umida di saliva sulla mia pelle accaldata. Il mio respiro accelera, e chiudo gli occhi.

Quando li riapro, lo trovo che mi osserva con un sorrisetto compiaciuto.

Mi precipito verso la porta e lui mi sbarra la strada. Di nuovo.

Ti ho scritto sei miaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora