Capitolo ventidue

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La versione di Dilan

Molto tempo fa:

Stamattina mi sono dato per malato con Dorotea: di andare a scuola non ne avevo voglia e ora sono sul divano, stravaccato a guardare L'Uomo Tigre e a mangiare i Pan di Stelle inzuppati nel latte freddo.

Gabriele mi si avvicina, si appoggia con le mani, piccole e paffute, sul divano, e mi guarda con un sorriso d'intesa.

«Cosa c'è?», gli domando, consapevole del fatto che sappia dire non più di tre o quattro parole in tutto. Giada ne sa dire più del doppio, le femmine generalmente sono più precoci. O almeno è quello che ho sentito dire tante volte da quando sono nati, tre anni fa.

Tranquillo Gabri, loro sono la mente ma noi siamo le braccia. Siamo entrambi indispensabili in questo mondo.

«Vuoi un biscotto?», domando di nuovo.

Fa un deciso cenno di assenso con la testa, scuotendo i pochi boccoli biondo platino che ha. «Ti!», esclama.

Gli passo un biscotto e lui fa per afferrarlo, ma io allontano la mano e gli chiedo un bacio come pegno. Senza farsi pregare si arrampica sul divano e mi butta le braccia al collo, schioccandomi un bacio grondante di saliva sulla guancia. Io rido, innamorato. Lo abbraccio e lo bacio a mia volta. Gli do il Pan di Stelle, che lui agguanta con entrambe le mani e poi, tutto felice, torna barcollando sul tappeto dei giochi, vicino a Giada.

 Gli do il Pan di Stelle, che lui agguanta con entrambe le mani e poi, tutto felice, torna barcollando sul tappeto dei giochi, vicino a Giada

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