Libro Primo - Mai pensare certe cose in mare aperto

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- Ehi Nico! Ancora in piedi? -

Sussultai al suono di quella voce. Rinfilai rapido la carta di Mitomagia nella tasca dei pantaloni mentre pregavo che il rossore che sentivo infiammare le mie guance scomparisse o almeno fosse abbastanza nascosto dall' oscurità della notte. Vattene ... ti prego vattene.

- Nico mi hai sentito? - disse il ragazzo urlando dal ponte dell' Argo II.

Sospirai sapendo che non se ne sarebbe andato. Era dannatamente testardo e ... non saprei dire a cos' altro stavo pensando dato che due enormi occhi verde oceano catalizzarono tutta la mia attenzione. Percy mi guardava con le sopracciglia aggrottate cercando di nascondere un mezzo sorriso.

- Sei ancora tra di noi nel regno dei vivi? - chiese sorridendo mentre mi muoveva una mano davanti gli occhi come se mi fossi incantato e ... cavolo se lo ero! Avevo davanti agli occhi il semidio più bello che avessi mai visto. I suoi capelli neri svolazzavano nella brezza estiva notturna. Come avrei voluto toccarli per scoprire se erano davvero così morbidi e setosi come sembravano! Le sue labbra si muovevano pronunciando parole che io non stavo ascoltando troppo preso ad osservare ogni suo dettaglio. Quando mi prese il viso tra le mani, guardandomi negli occhi, per poi urlarmi un - NICO CI SEI!!!! - che probabilmente mi perforò un timpano, mi riscossi con un sussulto mentre le mie guance tornavano a tingersi di rosso.

- Em ... c-co-cosa?! - dissi con voce stridula mentre mi liberavo dalla sua presa e mi spostavo più a destra sull' albero. Troppo vicini. Percy scoppiò a ridere. O dei... cosa c' era di meglio di quella risata?! Scossi la testa cercando di far prendere aria al mio cervello che evidentemente era andato a fare un salto nel Tartaro. Ero completamente rosso fino alla punta delle orecchie ... Afrodite stava incendiando tutti i miei neuroni facendomi perdere completamente la testa mentre i miei ormoni schizzavano a mille come se Zeus in persona gli avesse dato una scarica elettrica con la sua folgore.

- Sei sempre così perso nei tuoi pensieri ... - disse Percy sorridendo.
E sapessi che pensieri ... riflettei mentre agli occhi di Percy mi limitavo a mostrare un sorriso tremolante. Presi un respiro profondo cercando di controllare quegli stupidi ormoni che mettevano fuori uso ogni particella di materia grigia che avevo nel cervello.

- Come mai qui tutto solo? -

Mi concentrai solo sulle sue parole cercando di evitare di guardalo o pensare ai suoi capelli, al suo sorriso, ai suoi occhi che mi stavano guardando curiosi nell' attesa di una risposta, alle sue mani poggiate sulle ginocchia, alla testa leggermente piegata di lato e ... Di immortales! Dovevo smetterla! Stupido, stupido, stupido Nico! Mi urlai nella mente mentre m' immaginavo di prendermi a schiaffi da solo. Già avevo il mio caro deficit dell' attenzione e Percy, la versione molto più figa ed altrettanto inaccessibile di Poseidone non aiutava. Un onda sbattè violentemente la barca. Mai pensare certe cose in mare aperto. Me lo sarei dovuto ricordare in futuro. Era la seconda volta che mi capitava qualcosa del genere ... la prima era stata al campo Mezzosangue, quando era tornato dalla sua impresa, ovviamente vittoriosa, quel gran bel ragazzo di Jason Grace. Forse l' astinenza da Percy non aveva aiutato ma ... wow! Altro che quel vecchietto sclerato e nevrotico dalla barbetta grigia striata di bianco come una nube temporalesca, fissato con le donne e le ragazze troppo giovani per lui! Vittima delle sue stesse manie di protagonismo il dio si credeva un essere perfetto solo perché aveva una specie di fulmine tra le mani. Non per dire niente, ma il mio sinistro paparino aveva poteri molto più scenici e fighi, anche se inquietanti, rispetto alla capacità di far piovere del capriccioso re dei tuoni. Come in risposta alle mie provocazioni un boato enorme fece tremare tutta l' Argo II. Un fulmine doveva essere caduto proprio vicino a noi. Dovevo smetterla di pensare certe cose o avrei distrutto l' Argo II a tempo di record. Le divinità certe volte non capivano niente. Se la prendevano con quelli che li aiutavano a salvarli dalla distruzione da parte dei Giganti e della terra, e sì intendo terra nel senso di terreno molliccio e granuloso che apparentemente sembra non avere nulla di particolare ma se sei un semidio, quando meno te l' aspetti, ti potresti ritrovare una faccia di terra, come la chiamava Valdez (unica cosa su cui posso ritenermi d' accordo con lui), che cerca di ucciderti facendoti magari annegare nel fango o in qualcosa di meno inodore. Per quanto io ami stare sotto terra, non ho mai desiderato di essere risucchiato e stritolato da un pugno di concime quindi, senza altre alternative, mi toccava combattere la terra, cioè Gea o Gaia, fate un po' come vi pare, romani o greci che siate, e trovarmi inevitabilmente dalla parte degli ingrati dei. A quelle parole un onda più forte fece inclinare un po' troppo l' Argo II a levante mentre a me risalivano su per l' esofago le frittelle che avevo mangiato per cena. Ovviamente soffrivo di mal di mare, come tutti i figli di Ade. Cioè io e la mia sorellastra Hazel, l' unica persona al mondo con cui probabilmente non mi dimostravo sempre scostante. Soffrivo anche di vertigini, nel caso in cui mi fossi trovato senza un appiglio solido a cui aggrapparmi, sospeso nel vuoto. Ero quasi certo che queste mie paure fossero causate dall' inamicizia tra mio padre e i suoi due fratelli. Fortunatamente qui non ero sospeso nel vuoto, avendo un solido appiglio qual era l' albero maestro della nave, quindi mi limitai solo a trattenermi dal vomitare la mia misera cena ed a evitare di fare la figura del ragazzino davanti a Percy. Nuovi tuoni rimbombarono nel cielo.

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