Il tragitto in auto da scuola a casa di Aus è stato quasi totalmente silenzioso, fino ad ora. Aus si decide a parlare, era un po' che vedevo che aveva qualcosa da dirmi ma non trovava il coraggio.
-Mi spieghi perché non parli?-domanda. Era meglio se stava zitto. Lo vedo in difficoltà e decido di fargli sudare la mia spiegazione.
-Mi sembra che nemmeno tu abbia fatto tutta questa conversazione, o sbaglio?-lo guardo stringendo gli occhi.
Lo vedo deglutire: ha capito che sono arrabbiata. Sono seria poche volte quando sono con lui, e lo divento solo quando mi fa arrabbiare o è successo qualcosa di brutto.
-No, ma...ho l'impressione...che tu ce l'abbia con me.-mi dice lentamente, scegliendo bene le parole da usare per evitare di farmi ulteriormente irritare.
-Oh, e cosa te lo fa credere?-fingo di non capire.
-No, nulla. Solo che non hai nemmeno acceso la radio per cantare e per tutto il tempo hai guardato fuori dal finestrino.-spiega.-Mh, sì.-gli do ragione.
-Sì cosa?-
-Sì, ce l'ho con te.-affermo mantendo un tono calmo.Siamo arrivati a casa sua, ma ci mettiamo silenziosamente d'accordo sul restare in macchina fino a quando non avremo concluso il discorso.
Resta in silenzio, probabilmente sta aspettando che io gli spieghi il motivo.
-Beh? Cosa ho fatto?- chiede quando capisce che non avrei parlato.-Oh non lo so, hai terrorizzato Cameron, forse? Mi aveva solo chiesto una mano con lo studio. E gli avevo detto che non potevo, che bisogno c'era di trattarlo male? Nessuno. Io lo so che tu a me ci tieni, e che ti comporti così perché hai paura che succeda di nuovo. Ma Aus, non tutti i ragazzi sono Samuel.-gli dico arrabbiata, ma addolcendo il tono sull'ultima frase.
-Non nominarlo.-ringhia Aus serrando le mani sul volante. -Cosa pretendi, che me ne stia fermo a guardare mentre un coglione del genere ti chiede un appuntamento? Perché lo so, Margaret, che è per quello che stavate parlando. Cameron va bene in matematica. Non lo conosci come lo conosco io. Non posso permettere che una persona così ti si avvicini, non di nuovo.-dice con la voce rotta dalle lacrime amare che i ricordi hanno suscitato.
Gli accarezzo il viso, consapevole che questa storia per lui sia più difficile da superare che per me.
-Ehi, tranquillo. Ora sto bene, e Cameron non è... lui.
Io ti voglio bene e non farei cose che potrebbero farti stare male. Ma ti chiedo almeno di lasciarmi essere sua amica. E non devi mettere in fuga qualsiasi ragazzo mi si avvicini, prima ne parliamo e se ci sono validi motivi per non frequentarlo starò lontana da lui. Ma mai più scenate, intesi?- patteggio.-Intesi, ma questo non vale con il contatto fisico. Se qualcuno allunga le mani o ti fa del male gli spacco il naso. Ci stai?-propone.
-Ricapitolando, posso avere amici maschi, ne parliamo prima di proibirmi di frequentare un ragazzo e niente scenate in pubblico a patto che non alzi le mani. Ci sto.-acconsento stringendo la mano che mi aveva porto.
Sorride e mi abbraccia spettinandomi con la mano libera. Ridacchio e usciamo dall'auto più tranquilli.
Entriamo in casa e mi siedo sul bancone mentre Austin si appoggia al frigo di fronte a me.
-Allora, proposte?- chiede riferendosi a cosa mangiare per pranzo. I suoi non ci sono a quest'ora, quindi cuciniamo noi.
-Potresti fare la pasta al ragù ed io preparo dei biscotti per la merenda.-propongo.
-Solo se fai quelli con le gocce di cioccolato!!-fa la sua richiesta.
-Andata!-acconsento.Inizio a pesare gli ingredienti che ormai so a memoria mentre Aus scompare dalla cucina.
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Credevo fossi tu
Teen FictionAmicizia. Una delle parole più belle che esistano. Allo stesso tempo, una di quelle di cui si fa un uso sbagliato. Quando qualcuno ti dice che per lui, sei un amico, ti offendi. Come se fosse una brutta parola. Come se non nascondesse uno dei legami...