Capitolo 1

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La cerimonia di giustizia 



La cerimonia di Palestro

Il boia, una sorta di mostro fatto di ammassi di pietre e fango, da cui si potevano vedere solo due occhi grandi e verdi, ricoperto da una veste di sacco, era fermo con una enorme spada in ferro mano, la cui punta poggiava a terra dato l'evidente peso.

Al centro del palco v'era il condannato, il cui nome era Dolero, coniugato con una moglie e due figli, i cui nomi rispettivamente erano: Vilma, Palestro ed il fratellino piccolo Juno.

Dietro il palco, in lontanza, protetto da uno scudo magico di energia, c'era il re, che osservava la scena tranquillo mentre era seduto sul suo trono, con il suo scettro in mano.

Davanti al palco e a sua protezione invece v'era invece un recinto metallico che impediva al pubblico di scavalcare, quindi davanti ad esso c'erano in piedi le guardie di Faranhor che sbarravano ulteriormente il passaggio ed inoltre erano atte a sedare eventuali scontri.

Le guardie erano dei giganti armati. Ognuna di esse impugnava in mano una lancia oppure una falce, poi indossava un elmetto ed un corpetto in ferro, degli stivali anch'essi in ferro, ed una veste alla scozzese fatta di liste metalliche che gli coprivano l'area genitale, ma che nello stesso tempo gli permettevano di muoversi agevolmente. La loro struttura massiccia ed il loro aspetto minaciosso era atto a scoraggiare il pubblico ad eventuali insurrezioni.

Il re annuì ad un tratto facendo cenno con la testa.

E fu così che un ominide di nome Serpico, lercio e claudicante, le cui vestigia erano sovrabbondanti rispetto alla sua statura, s'incamminò zoppicando con un foglio in mano verso il centro del palco, nel verso della folla.

Serpico con un gesto nervoso si aggiustò il mantello, poi si schiarì la voce. "Ebbene, il volere del re è stato pronunciato, la sentenza quindi è... morte!"

Il brusio della folla salì rapidamente di volume. Il boia afferrò il cappuccio nero del malcapitato e lo strattonò via con irruenza, mostrando il viso abbattuto e disperato del condannato. Qualcuno ch'era davanti al pubblico emise un gemito, un pianto viscerale che partiva dalle parti più profonde dello stato dell'essere.

"NOOO! VI PREGO! NON FATELO!" Urlò Vilma la moglie di Dolero, mentre osservava la scena tra le prime fila del pubblico. "VE NE SUPPLICO!"

Qualcuno da dietro urlò "A MORTE! A MORTE! E' UN TRADITORE!"

Qualcun altro: "E' GIUSTO COSI'! DOBBIAMO LAVORARE TUTTO IL TEMPO PER COLPA DI GENTE COME LUI! E' GIUSTO CHE MUOIA IL BASTARDO!"

"NO! VE NE PREGO! QUALCUNO LO AIUTI! AIUTATELO!" Urlò la moglie affranta dal dolore e disperata, con un copricapo indosso, le mani incrociate tra di loro ed il capo abbassato.

Le urla della poveretta furono vane. In un lasso di tempo non ben definito in cui il tempo sembrava si fosse azzerato si udì un sibilio nel vento causata dal fendente. In quello stesso istante pareva che il pubblico si fosse silenziato all'istante nelle orecchie di Vilma, la quale sembrava avesse parte del suo senso dell'udito. La lama scintillò per un attimo al sole, mentre scese fulminea sul collo del primo malcapitato. Ci fu un sospiro.

Zac!

Il pubblico trasalì. La testa del malcapitato rotolò lungo il palco.

Tra il pubblico si crearono delle piccole rivolte. Dei gruppi di persone, sopratutto tra le prima fila si assembrarono, iniziando a spingere contro la rete metallica dalla cui parte superiore sporgeva del filo spinato.

Scelte dal re, i corazzieri erano diventati così forti grazie alle pozioni magiche detenute nel reame. Nessuno avrebbe potuto tenergli testa poiché il pubblico non era armato.

Bastardi! Bastardi! Urlò la madre di Palestro mentre si struggeva dal dolore.

Quello che era un vocio ben presto si trasformò in un tumulto, specialmente tra le prime fila del popolo.

Nel frattempo il re batté lo scettro a terra mentre osservò compiaciuto la scena, racchiuso in una sfera magica di energia, creata apposta per la sua pubblica sicurezza dal gran sacerdote, la quale gli faceva da scudo da tutti i tipi di attacchi.

Silenzio! Urlò ad un certo punto il Re.

Gli arcieri, che si trovavano su un livello superiore della collina dietro il palco, immediatamente si prepararono a sguainare le loro frecce verso il pubblico aspettando solo l'ordine di attacco.

Il pubblico quasi istantaneamente smise di fremere.

I prossimi saranno tutti coloro che si opporranno alla mia volontà! Esclamò il re con tono minaccioso, puntando lo scettro magico in direzione del pubblico.

La madre di Solero scoppiò in lacrime e non poté far di meglio che tenere le mani sugli occhi del figlioletto più piccolo, proprio un attimo prima che la lama era in procinto di tagliare il collo del povero Palestro. Tuttavia Juno all'improvviso tolse via la mano dai suoi occhi per osservare la scena. Era un'immagine straziante, che Juno figlio di Palestro e fratello minore di Solero non avrebbero mai più dimenticato, per il resto della sua vita. Dentro la sua testa, Juno era già desideroso di vendetta.

Un giorno... Un giorno... Gliela farò pagare cara! Sussurrò Juno.

Il mondo dei due regni di fango e di neveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora