Goodbye

424 15 0
                                    

10


Goodbye

(ispirato all'omonima canzone di Avril Lavigne)

I have to go, I have to go, I have to go

And leave you alone

But always know, always know, always know

That I love you so.

Per arrivare all’aeroporto di Parigi, dopo aver pranzato in un ristorante, io e Louis prendemmo un taxi.
Durante il tragitto non proferivo parola, non ne avevo né la forza e né la voglia. Continuavo a fissare il cielo dal finestrino e in quel momento sentivo che solo esso poteva capirmi; il suo grigio rispecchiava così tanto il mio umore che quasi ci vedevo il mio volto su quelle nuvole. La pioggia era imminente.
Tirai fuori dalla mia borsa la macchina fotografica e l’accesi. Volevo vedere tutte le foto fatte durante quei due mesi e ricordare ogni piccolo momento passato insieme a Monique.
Era da qualche ora che l’avevo lasciata andare via dalla mia camera d’albergo e già sentivo la sua mancanza.
-Forse è meglio se non le guardi quelle foto- mi suggerì Louis dando una sbirciata alla mia macchina fotografica.
-Lo so- dissi senza alzare lo sguardo da quel piccolo schermo. –Ma lo faccio lo stesso- aggiunsi.
-Non ti facevo così masochista.
-Non si finisce mai di conoscere una persona- risposi, sempre con quel tono triste che proprio non riuscivo a non usare.
-Dai Harry, se sei così depresso ora, figuriamoci i prossimi giorni!
Certo, Louis la faceva facile. Lui era felice perché finalmente si era liberato di Arielle e non si era innamorato come me. Se si fosse trovato nei miei panni, di certo non avrebbe avuto un comportamento diverso dal mio.
-Louis, ti prego- gli chiesi di non continuare a parlare.
-Che c’è? Cosa ho detto di male?
-Stai zitto, per favore.
-Qualcuno qui ha il ciclo, ahi!- fece lui il sarcastico, ma quella volta non ebbi la forza di sorridere e mi voltai verso Louis con sguardo cagnesco.
-Ok, messaggio ricevuto- si rassegnò egli e guardò altrove.
Continuai a far scorrere quelle foto e a guardarle con tristezza, desiderando con tutto il cuore di poter tornare indietro nel tempo. Non riuscivo a credere, ma soprattutto ad accettare, che due mesi si fossero volatilizzati con così tanta velocità.
-Comunque sei stupido- ricominciò Louis a parlarmi. Era più forte di lui non stare zitto e, nonostante lo sapessi bene, riuscivo ancora a sorprendermi di quanto fosse chiacchierone il mio migliore amico.
Sbuffai ruotando gli occhi al cielo, poi li posi su Louis, il quale mi stava già guardando.
-Che vorresti dire?
-Quello che ho detto, che sei stupido- ripeté egli. –Innamorato e stupido- precisò. Alzai un sopracciglio.
-Nel senso che non dovevi dire a Monique di non venire qui in aeroporto! Insomma, secondo te come avrebbe dovuto reagire? Con un sorriso e saltellando per tutta la camera?- disse Louis e, anche se mi rodeva, ammisi a me stesso che lui aveva perfettamente ragione. Sono stato stupido e ho pensato soltanto a me stesso.
-L’ho già detto, non volevo soffrire di più- mi difesi con la classica scusa. Una scusa vera, però.
-Adesso come ti senti? Meglio forse?- mi sfidò il mio amico, sbattendomi in faccia la realtà e che avevo agito da idiota, rovinando così il mio ultimo momento con Monique.
Riportai lo sguardo sulla macchina fotografica ormai spenta e scossi la testa, poi sospirai.
-Ecco, visto? Non è servito a nulla chiedere a Monique di non salutarti, perché a quanto pare tu stai male comunque, e Monique pure. Anzi, secondo me anche più di te- continuò Louis con il suo monologo da saggio migliore amico, ma continuare a rinfacciarmi di aver commesso una cavolata mi faceva sentire ancora peggio.
Rimasi in silenzio fissando con gli occhi un punto indefinito nello spazio. Pure Louis smise di parlarmi, stranamente, ma dopo un paio di minuti fui io a rompere il silenzio.
-Ti ricordi quando avevo paura di baciarla e di attaccarmi troppo a lei?- chiesi con un sorriso amaro stampato in faccia, poi guardai il mio amico.
-Come dimenticarlo? Mi parlavi delle tue paure ogni santo giorno- mi rispose Louis, anche lui con quel sorriso tenero ma non sprizzante di gioia. In fondo lui mi comprendeva, non pensava solo a se stesso e alla liberazione da Arielle, in realtà.
-E’ vero- dissi con una lieve risata. –E adesso mi sento come più temevo, male- aggiunsi.
-Ma è normale, Harry! Prima o poi comunque passerà, fidati.
Volevo credere a quelle parole, ma non ci riuscii. Non potevo immaginare la mia vita senza Monique o, addirittura, con un’altra ragazza. Non riuscivo a vedermi con persone che non fossero lei.
-Per esempio, prendi Sophie, quella con le belle tette che hai scaricato definitivamente questa mattina prima di pranzo! Inizialmente ti piaceva, ma oggi l’hai mandata a quel paese- mi disse Louis ma io lo guardai storto.
-Stai per caso facendo un paragone tra Monique e Sophie?
-No, volevo solo farti un esempio per mostrarti che prima o poi una ragazza si riesce a mollarla.
-Louis, Monique è Monique, lo sai.
Il mio migliore amico abbassò lo sguardo.
-Scusa, è vero- disse. –Volevo solo trovare un modo per rendere la situazione meno tragica, non voglio vederti così triste per il resto dei giorni- ammise Louis e io sorrisi quasi commosso. Accettai il suo tentativo di farmi star meglio, ma la ferita era appena stata aperta e ci sarebbe voluto molto tempo per fare in modo che si chiudesse e che guarisse; il sangue sgorgava intenso da quel taglio profondo e io stavo malissimo, come se avessi sentito quella lacerazione sulla mia pelle. Invece si trattava soltanto di una metafora.
Mi chiedevo quanto ci volesse per riprendermi e che cosa avrei dovuto fare per distrarmi e lasciarmi il passato alle spalle. Le risposte le avrei trovate soltanto nel futuro, scoprendolo man mano e vivendo ogni presente.

Ma chèrie | Harry StylesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora