Capitolo 9 - Svolte Inaspettate

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Quando varcai la soglia dell'Eastern State Hospital lo feci con una nuova consapevolezza: sapevo che nulla sarebbe stato più come prima.
All'inizio ero entusiasto e curioso, intrigato dai segreti di quel paziente che avevo scoperto non essere pazzo.
Ora che quei segreti erano stati svelati capivo che forse non avrei dovuto intromettermi nella vita di uno sconosciuto, che se si comportava in quel modo non era per attirare l'attenzione, come fanno i bambini, era per cercare di tenere le persone lontane.

Toby sapeva che la gente era superficiale e non avrebbe avuto la voglia di scoprire chi fosse in realtà.
Lui contava su questo nostro carattere pigro e indifferente, ma io non mi ero fatto gli affari miei, ero stato invadente, avido di informazioni, e ora ne stavo pagando le conseguenze: avevo trascorso l'intera notte insonne, ogni volta che provavo a chiudere gli occhi la sua immagine, ferito e insanguinato, occupava i miei pensieri. Ricordare che il giorno prima avevo le mani impregnate del suo sangue mi faceva venire il disgusto.
Ma c'era qualcos'altro: quel lieve bacio, sussurrato a fior di labbra.
Se ci pensavo mi veniva da sorridere, ma se ci riflettevo bene mi davo dello stupido per aver fatto un gesto così avventato e pericoloso.
Vedere Toby sorridere, arrossire, perdersi nei miei occhi ed infine sospirare e volteggiare come una ballerina imbranata dopo quel misero tocco tra le nostre labbra, aveva messo a dura prova la mia resistenza.

Appena uscito da quella stanza, mi allontanai da quelle mura che avevano ascoltato i suoi segreti - testimoni di uno spettacolo macabro - rimasi dietro la porta a guardarlo dal buco della serratura e desiderai soltanto tornare indietro, riappropriarmi di quelle labbra, spingerlo sul letto, dove lui aveva narrato la sua vita, e farlo mio su quelle lenzuola imbrattate di rosso, sangue innocente di un ragazzo colpevole, di un assassino che aveva salvato la vita ad una bambina di sette anni.
Toby aveva ucciso suo padre per amore del suo migliore amico.
Era diventato un mostro per proteggere una creatura indifesa.
Io, di quel mostro, me ne stavo innamorando.
Ero terrorizzato.
Avevo paura di lui, perché non lo conoscevo ancora.
Avevo paura di me, perché il mio cuore, sapendo che tra poco l'avrei rivisto, aveva cominciato a scalpitare euforico.

"Alexander, posso parlarti?".
Sobbalzai quando la voce del direttore arrivò alle mie orecchie, annuii frettolosamente.
Entrai nel suo ufficio e mi sedetti sulla sedia.
Il signor Smith si avvicinò e si appoggiò alla scrivania, incrociò le braccia e cominciò a fissarmi.
Inspirai, sentendomi a disagio e buttai fuori l'aria, cercando di rilassarmi.
Sollevai lo sguardo e osservai il direttore attraverso la cortina di ciglia.
"Toby mi ha raccontato quello che è successo" esordì.

Mi decisi ad alzare la testa e incrociai i suoi occhi, erano blu, identici a quelli di David, come avevo fatto a non accorgermene prima?

"Mi sta licenziando?" domandai cauto.
Lui sollevò le sopracciglia, rendendo più evidenti le rughe sulla fronte.
"Licenziando? E perché mai?".
"Perché ho baciato un paziente" risposi inebetito.
Bobby sbottò una risata "e quello lo chiami bacio?" mi schernì.
Spalancai la bocca e un calore inusuale si spanse su tutto il volto, facendomi vergognare a morte.
"Toby non è un paziente" aggiunse, osservando divertito la mia faccia da pesce lesso. "Volevo chiederti se ti andrebbe di fare il turno di notte".
Lo guardai stralunato, non comprendendo il motivo di quella richiesta così assurda.
"La notte?" chiesi stupito.
Il direttore annuì "sì, hai presente? Incominciare alle nove di sera e finire alle sei di mattina" rispose prendendomi in giro.
"So cos'è il turno di notte" borbottai "ma non capisco perché" continuai impaziente.
"Sai perché lui dorme fino a tardi?" domandò misterioso, osservando l'orologio che aveva al polso.
Scossi la testa, quella domanda me l'ero posta molte volte.
"Se lo vuoi scoprire dovrai accettare il turno di notte".

Quello era un colpo basso: fare leva sulla mia innata curiosità per ottenere quello che voleva.
Guardai il calendario appeso al muro, era venerdì, avrei avuto l'intero fine settimana per cercare di riposarmi per riuscire a rimanere sveglio di notte.
Fissai il direttore, che ricambiava il mio sguardo con una smorfia divertita: sapeva già che avrei accettato. Sapeva che volevo scoprire ogni minimo particolare di Toby e della sua vita.

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