Fissavo con astio la tomba che lentamente veniva calata nello scavo per terra, come per far durare questo momento doloroso più a lungo possibile, quando volevo solamente tornarmene a casa e mettermi sotto le coperte.
Restare a letto fino a che avrei dimenticato ogni singola cosa successa in quei due mesi e mezzo.
Sì, volevo dimenticarmi di Toby, scordarmi di tutte le cose accadute, dei suoi orribili segreti che hanno reso le mie notti pieni di incubi.
Dimenticarmi del suo sorriso così raro e maledettamente dolce.
Tutto, dimenticarmi di tutto.
Perché non ce l'avrei fatta a vivere con la consapevolezza che, in fondo, una percentuale di responsabilità per il gesto che aveva fatto, l'avevo anche io.
Pete e Jack si tenevano per mano, i loro vestiti scuri esaltavano la pelle più pallida del solito e guardavano la terra che man mano copriva la tomba.
Non c'erano molte persone al funerale, oltre noi quattro e Bobby, riconobbi qualche medico della clinica, mentre altre non sapevo nemmeno chi fossero.
David teneva la testa poggiata sulla spalla di suo padre, stava piangendo.
Una ragazzina gli teneva la mano, aveva i capelli rossi e teneva lo sguardo perso nel vuoto.
Quella era la bambina, ormai adolescente, che Toby aveva salvato dalle grinfie di suo padre, era Samantha.
Si voltò, sentendo i miei occhi addosso e mi sorrise debolmente, salutandomi sventolando la mano.
Ricambiai il sorriso e il saluto.
Quando tutti se ne andarono rimasi a fissare la foto sulla lapide, avrei voluto urlare quanto fosse stato egoista e stronzo, ma mi sarei solo sentito ridicolo.
Aveva fatto la sua scelta, non potevo contestualizzarla, anche perché ormai non sarebbe servito più a nulla, lui se n'era andato.
Mi aveva lasciato da solo, ad affrontare questa vita che non ero ancora pronto a vivere.
Troppo giovane e troppo terrorizzato dalle difficoltà del mondo.
"Alex".
Mi voltai verso la voce che mi aveva chiamato. David era in piedi, davanti a me, con le guance rosse e il respiro affannoso.
Teneva le mani dietro la schiena e con la punta della scarpa torturava i fili d'erba.
"David" sospirai, ritornando a guardare la foto sulla lapide.
Mi inginocchiai, accarezzandola con due dita e il biondo mi imitò.
Tossicchiò per attirare l'attenzione e lo rimirai un'altra volta, volendo solamente che se ne andasse, lasciandomi da solo a colpevolizzarmi.
"Toby mi ha chiesto di darti questa" bisbigliò, frugando nella tasca interna della giacca e tirando fuori una busta azzurra.
"Ti ha chiesto...?" domandai spaesato, capendo poco a poco le sue parole. "Tu sapevi?" lo interrogai, alzando la voce.
"Sapevi che l'avrebbe fatto?".
Lui annuì stringendo la busta tra le mani e stropicciandola.
"Perché non l'hai detto a nessuno?" sbraitai fuori controllo, afferrandolo per il colletto della camicia e incominciando a scuoterlo violentemente.
"Avrei potuto fermarlo!" latrai con voce strozzata.
Una lacrima scivolò dai miei occhi, solleticando la guancia in una carezza agonizzante.
Mentre David poggiava la busta a terra e prendeva le mie mani nelle sue.
Un po' per allentare la presa, un po' per consolarmi.
"Perché? Perché?" cantilenai distrutto, appoggiando la fronte alla sua spalla.
"Gliel'avevo promesso" si scusò abbattuto, accarezzandomi i capelli con una mano e la schiena con l'altra.
Mentre la foto di Toby ci sorrideva, ignara di tutto il macello che lui stesso stava causando.
"Lui era stanco" sussurrò il biondo, afferrandomi le guance e asciugando le lacrime con i pollici. La sua figura la vedevo sfocata, appannata, come se i miei occhi stessero facendo di tutto per farmi evadere dalla realtà, evitando di farmi vedere nitidamente quello che succedeva attorno.
"Mi ha abbandonato" singhiozzai, cercando di tirarmi indietro e fuggire alla presa salda delle mani di David.
Non mi lasciò andare, sapeva che in fondo avevo bisogno di essere consolato.
"No, non ci ha abbandonato" negò, posando le mani sulle mie spalle e massaggiandole, cercando di farmi rilassare.
Con un gesto brusco mi asciugai gli occhi e ripresi a fissarlo.
"Lui è qui, lo sarà sempre. Sarà in ogni piccola cosa che ci circonda" sussurrò sorridendo. "Devi solo ascoltare" concluse porgendomi la busta azzurra.
Chiusi gli occhi e ascoltai.
Il vento frusciava tra gli alberi, facendo risuonare una melodia tra le foglie verdi.
Le colombe tubavano, il periodo dell'amore per loro era arrivato e ci facevano assistere al loro corteggiamento.
Dei bambini urlavano in lontananza, rendendoci partecipi dei loro giochi da noi dimenticati da molto tempo.
Perché quando si cresce la gente si scorda quanto è bello il mondo.
La vita è un parco giochi, ma questa consapevolezza ce l'hai solo quando sei bambino, quando diventi grande hai solo responsabilità e preoccupazioni, e più il tempo scorre, meno si rammenta quanto è piacevole sentire il vento sferzarti il volto, dondolandoti su un'altalena.
Quanto è bello correre dietro ad un pallone, arrivare fino alla porta e non riuscire a segnare, perché l'importante non è vincere, ma divertirsi.
Piccole cose che riempiono le giornate dei bambini, dando loro quella spensieratezza che una volta diventati adulti scompare improvvisamente.
Io non mi sentivo un adulto, ma nemmeno un bambino.
Stavo nel limbo, e dovevo scegliere se maturare una volta per tutte o se aspettare ancora un po'. Se avessi scelto la prima opzione avrei dovuto afferrare quella busta, se volevo invece continuare a scappare avrei dovuto alzarmi in piedi e allontanarmi.
Decisi di crescere, affrontare i problemi che la vita ci pone ogni giorno e un po' me ne pentii, perché odiai tutto di quella lettera.
Tolsi il sigillo dalla busta e tirai fuori il foglio bianco, l'intera facciata era macchiata con inchiostro nero e quelle macchie sarebbero presto diventate parole: orribili, dolorose.
Leggere avrebbe significato mettere fine a tutto. Anche se non ero pronto a lasciarlo andare, e forse non lo sarei mai stato, incominciai a leggere:
Ciao Alex,
scommetto che David si è beccato un cazziatone quando ti ha detto che era a conoscenza di quello che volevo fare.
Ti prego, non odiarlo. Lui ha soltanto mantenuto la promessa che mi aveva fatto: quella di non dire nulla e lasciarmi volare via, tra quelle Stelle che tanto amo e che odio irrazionalmente.
Proprio come un pazzo, vero? Come si fa ad amare ed odiare una cosa contemporaneamente?
Credo che in fondo, dentro di te, sapevi che prima o poi l'avrei fatto, mancava solo il quando. Avevi la certezza che niente sarebbe durato, dovevi solo scoprire il giorno in cui sarebbe finito.
Tu lo vedi come una fine, io come un inizio: l'inizio di una vita straordinaria, la tua.
Sapevamo entrambi che finché avessi avuto vita tu non te ne saresti mai andato dall'Eastern State Hospital.
Il tuo amore è totalmente privo di senso, sappilo.
Non biasimarmi per il mio gesto, e non provare pena. Ho solo cercato di dar fede alle mie promesse e non avrei potuto farlo senza prima mettere un punto su queste pagine piene di te.
Voglio solo farti capire che questo punto non è la fine del libro, ma solo l'inizio di un nuovo capitolo e sarai tu a scriverlo: volta pagina e sii l'artefice del tuo destino.
Sai, non ti ho mai capito fino in fondo. Io credevo di essere strano, ma tu mi superi di certo!
All'inizio ti odiavo, ero certo di odiarti. Ma quelle certezze le hai fatte crollare come un castello di carte, le hai spazzate via quel giorno nello scantinato della clinica.
Era la prima volta che qualcuno mi vedeva in quello stato: completamente nudo e privo di difese. Sono contento che mi abbia trovato tu.
Non sono mai riuscito a liberarmi del mio passato, per questo ho fatto quello che ho fatto. Si chiama passato ma non passa.
Fidati, non passa.
Ti trapassa, ti spiazza.
Ma non se ne va, no.
Ti rimane dentro al petto.
Il passato non è un tempo andato.
È uno schiaffo di cui senti ancora il dolore.
Il passato non se ne va mai.
Come fai a svegliarti da un incubo, quando non stai dormendo?
Io ti amo, ma a volte il solo amore non basta a guarire le ferite dell'anima, avrei voluto tenerti legato a me, ma sarei stato così egoista: ammanettare il tuo cuore e tenerti prigioniero in una vita che ti va stretta. Non mi avresti mai perdonato per questo.
Tu mi hai salvato e ora tocca a me fare lo stesso.
Sai quante volte ho sognato i tuoi occhi? 'Ogni volta che mi addormentavo', questa è la risposta. Al risveglio l'unica cosa che volevo era che non rimanesse solo un sogno, volevo vederli dal vivo, per imprimerli nella testa e sognarli di nuovo, esattamente identici, profondi e bellissimi .
Nel momento in cui tutto era buio tu sei arrivato ad illuminare il mio mondo con i tuoi occhi.
Ma vedere i tuoi occhi significava che tu eri vicino a me, per questo ti ho allontanato; averti al mio fianco non era quello che volevo.
Io ti voglio lontano da qui, dove potrai avere il mondo nelle tue giovani mani. Perché, Alexander, il mondo è ai tuoi piedi, lo sai?
A ventuno anni tu dovresti toccare il cielo con un dito, come avrei voluto fare io, non lavorare in un ospedale psichiatrico.
Risulterei banale se ti dicessi 'grazie'? Probabilmente sì, ma non sono mai stato una persona originale.
Ti ringrazio per aver dato un senso alla mia vita, ero troppo occupato a piangermi addosso per notare quanto fosse bello viverla.
Grazie per i tuoi occhi, perdercisi dentro è stata un'esperienza inebriante e mi sentivo padrone del mondo quando mi fissavi rapito, con lo sguardo intrinseco di un amore che non ero sicuro di meritare.
Grazie per le parole e le promesse, fingevo di non ascoltare ma ho sempre sentito tutto.
Grazie per la tua mano, che ha tenuto la mia e mi ha aiutato a risollevarmi da quel profondo abisso in cui ero caduto.
Grazie per l'odio e l'amore che ho provato per te. Sì, sia odio che amore, dopotutto sono pazzo, ricordi?
Ora corri ad amare Alex, e cambia il tuo mondo.
Addio,
la tua Stella Cadente.Le ultime parole le avevo lette con fatica, a causa degli occhi offuscati dalle lacrime. David mi era rimasto affianco tutto il tempo, scrutando le mie reazioni.
Piansi, perché delle volte dobbiamo lasciarci andare e sfogarci, facendo fuoriuscire la nostra sofferenza. Tenere le lacrime dentro non ha mai fatto bene a nessuno
"Come faccio ad andare avanti?" chiesi, sventolandogli il pezzo di carta davanti agl'occhi.
Lui deglutì il groppo alla gola "se ci riuscirò io, ci riuscirai anche tu" sussurrò.
"Toby mi ha anche chiesto di darti questo". Lo fissai, aspettandomi che tirasse fuori qualche altro oggetto dalle tasche, invece si avvicinò al mio volto e mi baciò le labbra castamente, dandomi il suo addio. "Questo invece è da parte mia" bisbigliò, accarezzandomi una guancia con la bocca e asciugando l'ennesima lacrima, poi mi sorrise, si alzò e mi lasciò lì a piangermi addosso.
Quella fu l'ultima volta che lo vidi.
Fissai il foglio e lo stropicciai nella mano, poi mi sentii in colpa e cercai di levare quelle pieghe.
Ora nulla sarebbe stato più come prima, l'unica cosa che desideravo era dimenticare tutto e avere una vita normale e, se possibile, essere felice.
Note Finali:
So che mi state odiando e ne avete il diritto. Il prossimo è l'epilogo e dico già che sarà molto corto, come il prologo più o meno, in teoria sarebbe inutile metterlo, ma serve per mettere un punto conclusivo.
STAI LEGGENDO
INSANE
RomanceTrasferitosi in una nuova città, Alexander decide di cercare lavoro per aiutare la famiglia. Manda curricula ovunque, ma si ritrova a lavorare in un ospedale psichiatrico all'avanguardia. Toby è un ragazzo disturbato che odia il contatto fisico, paz...