DUE

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Una voce strillante interrompe la mia visione.
La prof di spagnolo, che non smette di battere la penna sulla sua cattedra, ci fulmina con lo sguardo e comincia con la sua terribile ramanzina da primo giorno.
"Voi dovete essere la signorina Araujo e il signorino Cooper. Vorrei farvi notare che la lezione a quest'ora dovrebbe cominciare e voi siete pregati di arrivare un attimo prima, per poter preparare ogni cosa e preparare gli appunti. Quindi vedete di arrivare puntuali alla prossima lezione e ..."
Non la smette più di parlare, sapevo che sarebbe successo.
Mi guardo in torno e, mentre parla, cerco di scrutare qualche volto simpatico.
Un gruppo di ragazze fa comunella e spettegola guardando intensamente Dylan; giustamente non potevano trovare argomento migliore.
Un paio di ragazzi alle estremità dell'aula, scarabocchiano sulle loro agende e i ragazzi in fondo si scambiano battute, mentre la prof é distratta.
Ad interrompere la sua parlantina é la campanella -come si suol dire, salvati dalla campana- e noto che Dylan é pronto a dirle qualcosa.
"Ehm, mi scusi, ha finito? Volevo solo farle notare che non siamo in ritardo. Potremmo essere ai nostri banchi, a prendere appunti, e invece lei ci sta trattenendo con le sue monotone parole."
Il ragazzo sembra cavarsela alla grande con le parole e non si fa mettere i piedi in testa da una prof così. Io non apro bocca, ho un carattere un po' più chiuso e in ogni caso, credo che lui abbia detto ogni cosa.
La faccia di quella di spagnolo dovrebbe essere immortalata. Sembra essere a bocca aperta, sia per le parole che ha usato il mio nuovo compagno, sia perché non sa come ribattere.
"Ehm. Va bene, accomodatevi nel banco li in fondo. Ma che non si ripeta mai più."
Ci dirigiamo verso il banco. Ogni sguardo é rivolto verso di noi.
Sarà il mio compagno di banco per il corso di spagnolo, magari avrò modo di conoscerlo meglio, cosa che non mi dispiace affatto.
Continua a sorridermi e io sembro uno di quei gobbi elfi impacciati.
"Sei destinata a sopportarmi per un'altro po'."
Ogni cosa che dice mi sembra poesia, per il suo tono di voce, per alcuni vocaboli di cui io magari non sono a conoscenza, per la sua espressione mentre li recita.
Le sue frasi non sono quelle che tipicamente ti entrano da un orecchio e fuoriescono dall'altro, no. Queste ti entrano dentro e non escono più, qualsiasi cosa lui dica.
Appena tirato fuori il materiale, la prof, ci prende di mira.
"Allora, abbiamo cominciato a parlare di provenienze e lingue parlate a casa. Mi piace sempre sapere se i miei allievi hanno esperienza con altre lingue."
Sì, in poche parole le piace farsi gli affari nostri.
Mi guarda e comincia a chiedere delle mie origini.
"Mio padre è brasiliano e mia madre portoghese. Vivo qui da quando ho 4 anni e ormai l'italiano è la lingua che conosco maggiormente. Nonostante ciò parlo costantemente portoghese con i miei, o perlomeno con mia madre. Me la cavo anche in inglese, a spagnolo e a francese. Ho qualche problemino con il tedesco, ma ho studiato anche quello." Sì, se ve lo state chiedendo, mi piacciono le lingue.
Tutti mi fissano incuriositi, sembra che vogliano sapere altro. Il mio vicino si volta verso di me e mi guarda confuso. Una delle mie frasi sembra aver attirato la sua attenzione.
La prof lo interrompe prima che possa dire qualcosa.
"Muy bien, mi fa molto piacere. E tu Dylan, hai un nome che non é seguramente di qui, raccontaci."
Cos'è adesso si deve anche mettere a fare la veggente? Se uno si chiama Cristoforo non vuol dire che non possa provenire dalla Cambogia.
"È un nome americano. I miei sono di Newark, New Jersey, ed io sono nato lì. Mi trovo qui da 8 anni. Nonostante io abbia passato la mia infanzia parlando unicamente inglese, ora non ho difficoltà con l'italiano."
Dopo questa sua mini biografia, le altre ragazze della classe sbavano letteralmente.
Tutte a parte una, concentrata in un disegno presumo. A volte alza lo sguardo e si volta verso il ragazzo alle mie spalle.

**

La lezione é fortunatamente passata in fretta, solo delle piccole presentazioni, la consegna del materiale e piccoli avvertimenti -fondati sul nostro primo 'ritardo'- a parer mio inutili.
Dylan non mi ha quasi rivolto parola durante la lezione. Dopo la sua presentazione ha insistito nel prendermi l'agenda, ha passato l'intera lezione a scarabocchiarci sopra, non so con quale voglia.
Cerco di godermi la pausa, me ne sto in un angolino a vedere se c'è qualcuno di interessante e/o simpatico.
Mi siedo ad un tavolino poco stabile, e mentre mi guardo in torno noto che lui si trova li, proprio di fronte a me. E mi guarda, con lo stesso sguardo di prima. Quello sguardo interrogativo, ed ecco che si avvicina.
"Ehi, eccoti di nuovo. Ti cercavo."
Mi cercava. Cosa ho fatto per attirare così tanto la sua attenzione? Sarà stato solo per la merda sotto le scarpe? Mah, non so.
"Mi cercavi? Dimmi tutto."
"Prima a lezione, quando spiegavi le tue origini, hai detto 'perlomeno con mia madre'."
Non pensavo che avesse così tanta importanza. Ma lui continua a chiedere.
"Perché con tua madre si e con tuo padre no? La lingua, anche se con qualche differenza, è la stessa. Non capisco."
Sbuffo, non ho tanta voglia di spiegare questa faccenda.
"Vivo a qualche isolato da qui con mia madre. Mio padre lo vedo una o due volte al mese, se va bene. È sempre all'estero per lavoro, oppure se ne torna in Brasile a fare non so che."
Non mi é mai piaciuto affrontare questo argomento. È una cosa delicata, la mia famiglia non è mai stata tanto unita.
Credo che lui abbia notato tutto ciò. Credo che abbia capito che non ho voglia di parlarne, ma in ogni caso tenta di consolarmi.
"Mio padre se n'è andato l'anno dopo esserci trasferiti qui, lasciando soli me, mia madre e la mia sorellina. Mia madre é una roccia, é il mio idolo e non vorrei mai deluderla. E mia sorella, beh é un piccolo tesoro, non so cosa farei senza di lei."
Oltre ad essere bello, sensuale e poetico, é pure dolce e premuroso.
Dal modo in cui ne parla, la sua famiglia sembra essere più importante di tutto il resto.
Sa di essere popolare, sa di quanto sia immensa la sua bellezza, sa di avere tante spasimanti, ma credo che non si renda realmente conto di quanto la sua maturità stia facendo colpo su di me. Sulle persone che gli stanno intorno.
Qui seduti al tavolino, ogni sguardo sembra rivolto a noi. Credo che la gente di questa scuola abbia una vita sociale peggiore della mia.
Cerco di concentrarmi su di lui, sulle parole appena pronunciate. Si é confidato a me.
Lo guardo intenerita, lui ricambia lo sguardo e in men che non si dica mi stringe forte a se. É un abbraccio così caldo. Non voglio più staccarmi da lui.
Continuo a pensare che se questo è davvero il mio primo giorno di scuola vorrei si ripetesse all'infinito. Se invece sto sognando e la mia sveglia ancora non é suonata, beh non svegliatemi, neanche voi lo vorreste.

SPAZIO AUTRICE
Ciao a tutti di nuovo, spero che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento!
Proverò a scrivere e pubblicare 1 o 2 capitoli al giorno, questa storia non finirà così presto ahah.
Se vi va lasciate un commento e votate! Sarò lieta di ricambiare e leggere le vostre creazioni.
Buona giornata e statemi bene.
-M.

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