Quel pomeriggio la pioggia aveva colto impreparato Conan che stava rientrando a casa da scuola.
Per ripararsi si era rifugiato in un caseggiato abbandonato aspettando che terminasse di piovere.
Accese la torcia nel suo orologio e si guardò attorno.
Il rumore di qualcosa che cadeva lo fece voltare e andare nella direzione dal quale l'aveva sentito arrivare. Quando varcò la soglia della stanza sgranò gli occhi sorpreso trovandoci dentro Gin.
Si nascose dietro il muro cercando di capire come agire, ma quando si voltò nuovamente verso l'uomo illuminandolo con la torcia vide del sangue attorno a lui.
Senza indugiare lo raggiunse facendolo voltare notando subito il foro di alcuni proiettili sul suo corpo.
Gin sentendosi spostare si lasciò scappare un gemito di dolore aprendo gli occhi: «Che stai facendo ragazzino?»
Conan prese un panno da dentro lo zaino posandolo su quelle ferite tamponandole: «Fermo il sangue...»
Cercò nello zaino il cellulare: «Dov'è il telefono...» borbottò trovandolo poco dopo: «Eccolo!»
Lo prese guardando se ci fosse campo restandone deluso: «Non c'è campo qui»
Gin lo guardò perplesso per qualche minuto: «Nella tasca della mia giacca»
Conan lo guardò per un attimo e cercò nella tasca dell'uomo trovando un telefono satellitare così lo prese: «Chiamo un'ambulanza»
«No! Non posso andare in ospedale. Premi il tasto delle chiamate automatiche e di alla persona che ti risponderà dove siamo» disse lui senza pensarci troppo chiudendo gli occhi.
Senza indugiare fece come gli disse Gin facendo partire la chiamata.
Poco dopo una voce rispose: «Gin, che fine hai fatto»
«Signore, sono con il suo amico. È ferito, sta perdendo molto sangue...» disse Conan senza indugiare.
Vodka gli domandò: «Dove si trova?»
«Siamo in un caseggiato abbandonato nel centro della città» gli rispose lui senza pensarci troppo.
«Conosco il posto. Tra due minuti sono lì» rispose l'uomo chiudendo la chiamata.
Durante l'attesa Conan cercò di fermare l'emorragia cercando dei panni puliti e delle cinture con il quale legarle.
Terminata quella medicazione provvisoria si morse il labbro scrollando leggermente Gin: «Signore, il suo amico sta arrivando»
Non ottenendo risposta controllò le pulsazioni del suo cuore: «Non va bene così...»
Sentendo una macchina fermarsi davanti all'edificio e dei passi puntò la torcia verso la porta indicando la loro posizione senza alzare la voce.
L'uomo notando il fascio di luce lo seguì raggiungendo i due: «Ho fatto il prima possibile»
«Sta molto male, signore. Io ho fermato il sangue, ma il cuore batte molto piano» ammise senza giri di parole.
Vodka sorrise divertito: «Non preoccuparti ragazzino. Sta dormendo, ha abbassato i suoi battiti per evitare troppa perdita di sangue»
«Capisco...» rispose lui rimettendo il telefono nella tasca della giacca di Gin. Vodka prese l'amico in braccio dirigendosi all'uscita con il bambino che lo seguiva a pochi passi di distanza.
Tenendo in mano il capello che era caduto dalla testa di Gin.
Arrivati alla macchina aprì la portiera in modo che Vodka distendesse l'amico su i sedili posteriori. Prese il capello che Conan gli porgeva, chiusa la portiera salì in macchina lasciando poco dopo l'edificio.
Conan corse a casa del professor Agasa dove rimase tutto il pomeriggio in silenzio seduto sul divano stringendo le gambe al petto.
Ai curiosa gli si avvicinò: «Shinichi, stai bene?»
«No...» borbottò lui.
«Ne vuoi parlare?» gli chiese lei preoccupata.
«Ho incontrato Gin. Non so cosa sia successo, ma era ferito» ammise con un sussurro.
Ai gli poso le mani su le spalle costringendolo a guardarla: «Che ti ha fatto?»
«Niente. Sono stato io a fare qualcosa per lui» s'interruppe un attimo aggiungendo: «Gli ho salvato la vita fermando l'emorragia che l'avrebbe ucciso. Ho chiamato Vodka per portarlo via»
«Non ci credo! Che ti è preso? È per colpa loro se siamo costretti a stare così» disse lei sconvolta dandogli uno schiaffo.
Conan non disse niente alle sue parole, perchè nemmeno lui aveva una risposta a quella domanda.
Rimase a casa del professore fino a quando non smise di piovere e il suo cellulare squillò. Senza pensarci troppo non riconoscendo il numero rispose: «Pronto?»
«Sei il ragazzino che ha aiutato Gin?» chiese la voce dall'altra parte.
«Sì sono io, signore. Come sta il suo amico?» chiese con una nota di preoccupazione nella voce.
Vodka sorrise tranquillamente: «Sta molto meglio. Sei stato molto bravo a occuparti delle sue ferite»
Gin guardò l'amico facendogli cenno di passargli il telefono, così fece guardandolo perplesso: «Ehi, ragazzino. Dove hai imparato a medicare le ferite?»
Sentendo la voce di Gin si lasciò andare a un sospiro: «Ho imparato a scuola. Mi fa piacere sapere di esser stato utile»
«Di certo non mi sarei salvato senza il tuo aiuto» rispose lui alle sue parole: «Adesso devo andare»
«Signor Gin, possiamo parlare di nuovo?» chiese Conan senza riuscire a fermarsi.
Sorpreso da quella richiesta l'uomo ridacchiò divertito: «Credo proprio che potremmo sentirci presto»
«Guarisca presto, signor Gin» disse lui sorridendo.
«Lo farò. Ci sentiamo ragazzino» detto questo chiuse la chiamata rilassandosi chiudendo gli occhi contro il letto dell'ospedale della loro sede.
Conan si lasciò cadere disteso sul divano salvando il numero nel telefono sotto il nome "Gin" e lo chiuse mettendolo in tasca.
Non si chiese come avesse fatto a trovare il suo numero, ma la cosa non gli importava al momento perchè una marea di confusione regnava nel suo cuore turbandolo.
Prima o poi avrebbe trovato una risposta a quelle sensazioni e si addormentò scivolando in un sonno profondo.