Il profumo degli aranci

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Era il 3 aprile del 1945.

Ci trovavamo a Francoforte, che era appena stata liberata dall' occupazione tedesca.

Avevamo combattuto per giorni, settimane, in una città che stava cadendo a pezzi, come noi.

Ma in qualche modo, eravamo sopravvissuti entrambi.

Anche se niente sarebbe stato più come prima.

I combattimenti veri e propri erano finiti da due giorni, e adesso eravamo intenti a riprenderci e fare rifornimenti, prima di ripartire.

C' erano ancora tante città da liberare, tanti uomini da uccidere, prima che la guerra potesse finalmente finire.

Castiel ed io eravamo un piccolo appartamento a nord della città, avevamo passato lì la notte, insieme ad una decina di altri ragazzi nelle nostre stesse condizioni:

Affamati e stanchi, feriti, stremati dalla battaglia, sporchi nel corpo e nell' anima.

Verso l' alba i ragazzi erano usciti a cercare alcol e donne, le uniche due cose in grado di rimettere in piedi un soldato.

Castiel era ancora mezzo addormentato al mio fianco, e i primi raggi del sole gli illuminavano il viso.

Era steso su un fianco, la mano ancora stretta alla mia.

Non mi ero mosso per tutta la notte, pur di non lasciare la sua presa.

Aveva la mano calda...

Mi avvicinai a lui, e lo baciai piano sulle labbra.

Lui emise un piccolo gemito, e aprì i suoi grandi occhi azzurri.

"Buongiorno..." Dissi, stampandogli un' altro bacio.

Lui sorrise, "Buongiorno Kansas..." Mi disse, spostando la mano per accarezzarmi il fianco.

Sfregai il naso contro il suo, baciandogli poi il collo e le guance.

Lui rideva e teneva gli occhi socchiusi, beandosi delle mie carezze, strofinando il suo corpo contro il mio e facendo dei piccoli versi di piacere.

Era strana per me, tutta quell' intimità.

Non ero mai stato cosi legato a nessuno, non avevo mai avuto così bisogno di un' altra persona, come mi succedeva con Castiel.

Ogni piccolo momento che trascorrevamo insieme, alleggeriva il peso della guerra.

Per quanto fossi ferito, o avessi paura, lui riusciva sempre a farmi stare meglio.

Con un sorriso, con una carezza fugace, con un bacio rubato tra una battaglia e l' altra.

Sapevo che dentro di lui era combattuto, tra ciò che il suo cuore desiderava e ciò che la sua fede gli imponeva di fare.

Ma nonostante tutto, aveva bisogno di me, quanto io ne avevo di lui.

I soldati lo chiamavano l' angelo della morte, per loro era un' eroe, e si fidavano cecamente di lui.

Ma io vedevo oltre la maschera che portava... Vedevo la paura prima della battaglia, la sofferenza nell' uccidere altri esseri umani, il tormento di veder morire li innocenti, e nel baciare me... Vedevo il rimorso ed il senso di colpa.

Eppure, i sentimenti che provava erano più forti di ogni altra cosa.

Eravamo avvinghiati l' un l' altro, e con gli occhi chiusi riposavamo con le bocche ancora unite in un bacio.

"Cas... Devo chiederti una cosa."

"Dimmi." Disse lui aprendo appena gli occhi.

"Quando tutto sarà finito..." Indugiai un po'.

L' angelo della morteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora