Capitolo 1

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Primo capitolo

Quando A. A. arrivò a lezione, per Emma fu un colpo di fulmine. Uno stravolgimento del corpo e della mente, senza ombra di dubbio. Aveva sognato di fare la scrittrice da anni e adesso che si trovava in quell'aula, colma di aspiranti come lei, le era salita l'adrenalina. Nonostante questo attendeva l'inizio del corso in silenzio e quando lui entrò con fare sicuro, si sollevarono delle voci.

A.A. salutò con garbo tutti gli studenti e si presentò. Ad Emma sembrò di essere tornata una liceale, invece era forse tra le più anziane là dentro.

– È giovane! – disse sottovoce Emma alla compagna che aveva conosciuto per strada mentre faceva di corsa le scale, il giorno della sua prima lezione al corso. Era un'amicizia nata tra quei banchi il mercoledì sera di quella primavera. C'era un vento frizzante, quel tipo di vento che annuncia un cambiamento.

– Si, io lo sapevo! Ho cercato informazioni su di lui disse Antonella – è proprio un figo, ah! – concluse sospirando la ragazza.

In effetti Emma non l'aveva considerato, ma più A.A. parlava più il tono della sua voce si faceva caldo e coinvolgente. Lo scrittore tenne una lezione da capogiro che per Emma fu una vera rivelazione su cosa fosse per lei la scrittura.

A fine serata, camminando verso la metro, Emma ripercorse i punti salienti della lezione con Antonella e le altre ragazze del corso.

– E' proprio un grande scrittore, A.A. – disse qualcuno.

– Ti capisce fin dentro le ossa e sa tirare il meglio fuori da te! - disse Antonella – Chissà quali esercitazioni ci darà nelle prossime lezioni.

– Ci ribalterà come dei calzini – concluse un'altra delle ragazze.

Emma guardava la pioggia leggera scendere su una Milano silenziosa. Era iniziata una nuova primavera per lei e sembrava promettere bene. Aveva in pugno il suo sogno e non voleva farselo sfuggire. Dalle parole di quel giovane scrittore aveva capito che anche per lei ci sarebbe stata una possibilità.

– E io la coglierò – disse fra sé e sé.

Alla metro sant'Ambrogio si salutarono tutte ed Emma scese pensierosa.

Quando rientrò a casa e chiuse la porta, non ce la faceva a tenere la gioia dentro. Non poteva tradirsi però.

– Mammaaaaaa! – urlarono i due figli – Mamma che bello sei tornata finalmente! – Rossella e Martino le corsero incontro.

–Amori miei, siete ancora svegli? – commentò Emma.

– La nonna ci ha messo il pigiama e stavamo per andare a letto, ma ora che sei arrivata tu, andiamo a letto con te - disse la bimba che era la più grande tra i due.

La madre li raggiunse in sala e salutò la figlia. Emma decise di mettersi una maschera addosso. Se avesse scoperto che una novità le balenava per la testa, si sarebbe aperta una guerra tra le due donne.

– Ciao, allora io vado, visto che sei arrivata prima.

Emma ricambiò il saluto della madre, la donna uscì e lei chiuse la porta.

Poi Emma appoggiò la testa sulla porta inclinandola verso destra. I figli giocavano a rincorrersi per la felicità di riavere la madre con loro.

Guardando i suoi bambini giocare sentì la magia della lezione in aula svanire. Era impellente cenare e mettere a lettere i piccoli o mettere a letto i piccoli e cenare dopo, se non fosse piombata nel sonno mentre li addormentava.

Vedova da qualche tempo, Emma sentiva in questi momenti crollarle il mondo addosso. Nessuno che in casa pensasse a lei. Il silenzio era un macigno, l'assenza di un uomo anche. Sapeva essere dolce suo marito, sapeva farla sentire donna quando trascorrevano del tempo insieme. Guardò la foto del loro matrimonio esposta nella parete della sala, fece uno sforzo per non piangere.

Il padre dei suoi figli le mancava tantissimo. Emma si era dedicata totalmente a lui quando l'aveva conosciuto e aveva trascurato gli ultimi anni dell'università, salvo per poi laurearsi a fatica dopo la nascita della prima figlia. Aveva messo da parte tutti i sogni per costruire una famiglia con lui. E lui, Fulvio, si era dedicato a lei e alla carriera. Più alla carriera che a lei, in verità. Era diventato in poco tempo un noto odontoiatra a Milano, giovane e ben remunerato, cosa si vuole di più dalla vita! Poi l'incidente e tutto era finito lì, in uno schianto in autostrada.

–Mamma! Mamma! Andiamo a letto...dai...su! – disse Rossella tirandola per la camicia.

– Certo, cuoricino mio – rispose la donna – Andiamo!

Emma si sfilò le scarpe lasciandole rimbalzare sul pavimento. – Più tardi le metterò a posto – rifletté – più tardi o domani, chissà!

E nel tepore di coperte leggere, Emma si addormentò con i suoi pargoli. 

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